Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4356 del 23/02/2010

Cassazione civile sez. lav., 23/02/2010, (ud. 18/11/2009, dep. 23/02/2010), n.4356

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

P.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALBENGA

45, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO COLINI, rappresentato e

difeso dall’avvocato CELLINI TONINO, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

PIERGIACOMI SUD SRL in persona del Presidente del consiglio di

amministrazione e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA BRITANNIA 36, presso lo studio dell’avvocato

TREZZA GAETANO, rappresentata e difesa dall’avvocato VALLESI

GIUSEPPE, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 278/2 008 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, del

16/5/08, depositata il 21/08/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/11/2009 dal Consigliere Relatore Dott. LAMORGESE Antonio;

udito per il ricorrente l’Avvocato Cellini Tonino che si riporta ai

motivi del ricorso, insistendo per l’accoglimento dello stesso;

e’ presente il P.G. in persona del Dott. PATRONE Ignazio che ha

concluso per l’inammissibilita’ del ricorso; in subordine chiede la

trattazione dello stesso in Pubblica Udienza.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.F. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, pubblicata in data 21 agosto 2008, con la quale la Corte di appello di Ancona aveva confermato la decisione del Tribunale di Ascoli, di rigetto dell’impugnativa del licenziamento intimato ad esso ricorrente dalla Piergiacomi sud s.r.l..

Il ricorso, notificato l’11 novembre 2008, e’ stata depositato in fotocopia presso la Cancelleria di questa Corte in data 5 dicembre 2008, unitamente all’istanza a firma del difensore, il quale ha richiesto la rimessione in termine per provvedere alla rinnovazione della notificazione del ricorso alla controparte ed al deposito dell’atto.

La societa’ intimata ha resistito con controricorso.

Essendosi ravvisate le condizioni per la decisione del ricorso in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., e’ stata redatta la relazione a norma dell’art. 380 bis c.p.c., poi ritualmente notificata alle parti e comunicata al Procuratore Generale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Come si e’ evidenziato nella relazione del consigliere designato, il difensore del ricorrente, nel presentare istanza di rimessione in termine per provvedere al deposito, nella Cancelleria di questa Corte, del ricorso per Cassazione notificato alla societa’ intimata, ha dedotto che il mancato tempestivo adempimento di tale onere era dovuto alla sottrazione del plico contenente l’atto notificato: il plico, inviato a mezzo corriere al collega domiciliatario in Roma, incaricato per l’incombenza, non era mai pervenuto a costui, perche’ oggetto di furto, come da dichiarazione del vettore TNT GLOBAL EXPRESS s.p.a..

Dalla nota di deposito della Cancelleria, in effetti, risulta che il ricorso in fotocopia e’ stato depositato oltre il termine stabilito dall’art. 369 c.p.c., e la sua inosservanza comporta l’improcedibilita’ del ricorso, dovendosi escludere l’applicabilita’ dell’istituto della rimessione in termini nel giudizio di cassazione, secondo quanto affermato dalla costante giurisprudenza di questa Corte, proprio con riferimento alla scadenza del periodo di tempo dalla notificazione per il deposito del ricorso per cassazione (v.

fra le tante Cass. 21 novembre 2007 n. 24249, Cass. 18 gennaio 2006 n. 888, Cass. 21 aprile 2004 n. 7612).

Il Collegio condivide questi principi e le considerazioni che li supportano, considerazioni le quali non possono essere infirmate dalle deduzioni svolte dal ricorrente nella memoria presentata.

Invero, la circostanza della sottrazione del plico dopo la consegna al vettore, incaricato per il trasporto dal luogo di residenza del difensore, e quindi del recapito al collega del difensore in Roma, che avrebbe dovuto poi provvedere al deposito in Cassazione, non puo’ valere a integrare un’ipotesi di impossibilita’ di adempimento dell’onere previsto dall’art. 369 c.p.c., dipendendo dalla scelta del mezzo utilizzato per l’invio dell’atto di impugnazione. Come e’ noto, l’art. 134 disp. att. c.p.c. in alternativa al deposito diretto del ricorso (o del controricorso) da parte dell’avvocato, che lo ha sottoscritto, unitamente agli atti indicati negli artt. 369 c.p.c. (o art. 370 c.p.c.) consente al difensore di provvedervi mediante invio per posta, in plico raccomandato, al cancelliere della Corte di Cassazione, ed in tal caso, a norma del comma 5 del medesimo articolo, il deposito e le eventuali integrazioni di cui al comma 4 si hanno per avvenuti, a tutti gli effetti, alla data di spedizione del plico.

Ne’ sono conferenti le ipotesi richiamate di riammissione in termini in caso di mancata ricezione dell’atto notificato al destinatario (il ricorrente cita espressamente l’art. 294 c.p.c., commi 1 e 2, art. 668c.p.c., comma 1, e art. 650 c.p.c.), in quanto in esse il vizio che preclude al destinatario la conoscenza dell’atto notificato non e’ a lui addebitale, ma al notificante.

E lo stesso deve dirsi con riferimento alla pronuncia n. 89 del 1972 del Giudice delle leggi, circa l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 668 c.p.c., comma 1, (opposizione dopo la convalida), limitatamente alla parte in cui non consentiva la tardiva opposizione all’intimato che, pur avendo avuto conoscenza della citazione, non fosse potuto comparire all’udienza per caso fortuito o forza maggiore, in quanto il principio del comportamento volontario del conduttore, posto a fondamento ed a giustificazione della convalida, richiede che, anche l’intimato il quale si trovi nelle sopraindicate condizioni per circostanze non dipendenti dalla sua volonta’, possa esercitare il diritto di difesa mediante la tardiva opposizione alla convalida. Qui infatti non si tratta di preclusione del diritto di difesa, ma di scelta del mezzo usato per provvedere al deposito del ricorso richiesto dalla legge.

Ed al riguardo questa Corte (cfr. sentenza 24 gennaio 2003 n. 1132) ha avuto occasione di dichiarare la manifesta infondatezza della questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 134 disp. att. c.p.c., comma 1, cosi’ come modificato dalla L. 7 febbraio 1979, n. 39, art. 3 nella parte in cui la norma considera tempestivo il deposito del ricorso per Cassazione eseguito mediante spedizione per posta, se la spedizione del plico e’ avvenuta nel termine di venti giorni stabilito dall’art. 369 c.p.c., comma 1, e non considera ugualmente tempestivo il deposito se nello stesso termine il plico sia stato spedito al domiciliatario, incaricato di eseguire il deposito diretto in cancelleria. Si tratta, si sottolinea nella citata pronuncia, “di due ipotesi dotate di ratio differenti, che rendono ragionevole l’adozione di una diversa disciplina, in quanto nel primo caso si tutela l’esigenza della parte, che sceglie di effettuare il deposito del ricorso a mezzo del servizio postale, (ove la prova della spedizione nei termini risultera’ dalla ricevuta attestante la data di consegna del plico all’amministrazione postale) di non essere pregiudicata da eventuali disservizi delle Poste qualora abbia assolto tempestivamente all’onere di spedizione, mentre nel secondo caso la parte sceglie la strada del deposito diretto in cancelleria, e rimangono pertanto a suo rischio gli eventuali ritardi subiti a causa di intermediari nella consegna, in quanto solo il cancelliere potra’ certificare l’avvenuta ricezione del ricorso”.

Ne’ per le medesime ragioni puo’ valere ad escludere le conseguenze del mancato deposito la asserita diligenza del difensore nel contattare il proprio collega in Roma affinche’ il ricorso fosse tempestivamente depositato nella Cancelleria di questa Corte.

Inammissibile e’ la questione, sollevata in memoria dal ricorrente, di illegittimita’ costituzionale dell’art. 396 c.p.c. per violazione degli artt. 3 e 24 Cost., “nel caso di forza maggiore o caso fortuito”, essendo essa irrilevante, dato che qui non si tratta di impugnazione per revocazione.

Va quindi dichiarata l’improcedibilita’ del ricorso.

In considerazione dell’evento dedotto dal ricorrente e che gli avrebbe precluso il tempestivo adempimento dell’onere prescritto dall’art. 369 c.p.c, ricorrono giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE Dichiara improcedibile il ricorso e compensa interamente fra le parti le spese del presente giudizio.

Cosi’ deciso in Roma, il 18 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2010

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