Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4354 del 10/02/2022

Cassazione civile sez. III, 10/02/2022, (ud. 27/04/2021, dep. 10/02/2022), n.4354

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FIORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30706/2019 proposto da:

S.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSTANTINO MORIN

1, presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO SCARINGELLA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FABIO LOSCERBO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA n. 4143/2019, depositata

il 14/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/04/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. S.E., proveniente dalla Tunisia, ricorre affidandosi a cinque motivi per la cassazione del decreto del Tribunale di Bologna che aveva rigettato la domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, in ragione del diniego a lei opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.

1.1. Per ciò che qui interessa, la ricorrente ha dedotto di essere fuggita per allontanarsi dal marito che era suo cugino e che era stata costretta a sposare per il volere dei genitori.

1.2. Ha narrato che era un uomo violento che la picchiava; ha aggiunto che aveva avviato le pratiche di divorzio attraverso l’aiuto della madre che era rimasta in Tunisia; e di essersi inserita nel contesto italiano dove convive con un compagno dal (OMISSIS) e lavora come estetista in un centro di bellezza.

2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, la ricorrente lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e vizio di motivazione in ordine alla mancata considerazione della credibilità delle sue dichiarazioni e l’omessa attivazione dei doveri informativi ufficiosi.

1.1. Deduce che il Tribunale aveva violato il paradigma valutativo predicato dalla norma invocata e che, inoltre, non aveva adempiuto al dovere di cooperazione istruttoria, necessario per accertare le condizioni del paese di origine in relazione ai pregiudizi denunciati ed al livello di tutela garantito.

2. Con il secondo motivo, si duole, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, della violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 11 e 17.

2.1. Denuncia la genericità delle motivazioni con le quali era stato respinto il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria.

3. Con il terzo motivo deduce l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, relativamente alla mancata indicazione del riferimento di legge.

3.1. Lamenta che il Tribunale aveva omesso di indicare la legislazione di riferimento in base alla quale era stata negata la protezione sussidiaria e lo status di rifugiato.

4. Con il quarto ed il quinto motivo, si duole dell’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, relativamente alla protezione umanitaria.

4.1. Assume, al riguardo, che il Tribunale aveva reso una motivazione contraddittoria ed apparente in quanto, in primo luogo aveva ricondotto la fattispecie alla credibilità del racconto (quarto motivo); ed, in secondo luogo, aveva reso una motivazione limitata al retorico richiamo dei principi di giurisprudenza in materia senza alcuna valutazione della vulnerabilità emersa, in assenza della quale risultava carente anche il giudizio di comparazione postulato dalla giurisprudenza di questa Corte per il riconoscimento della protezione umanitaria (quinto motivo).

5. Con il primo ed il secondo motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, in punto di credibilità, doglianza che “a cascata” ridonda sulla seconda censura, con la quale si contesta il mancato riconoscimento delle protezioni maggiori.

5.1. In relazione alle fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), per le quali la credibilità assume un rilievo centrale nella complessiva valutazione, le censure risultano inammissibili, in quanto il ricorrente non ha colto, in punto di credibilità, la ratio decidendi della pronuncia che non l’ha affatto esclusa, essendosi limitata ad affermare che i fatti narrati non potevano essere ricondotti a nessuna forma di protezione invocata; quanto al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), inoltre, egli ha omesso di considerare che il decreto impugnato, in relazione alle denunciate condizioni di instabilità del paese di origine (tali da configurare, in thesi, un conflitto armato nell’accezione Eurounitaria) hanno puntualmente richiamato C.O.I. attendibili ed aggiornate (cfr. pag. 5 del decreto impugnato) rispetto alle quali nessuna diversa fonte viene richiamata dalla ricorrente al fine di giungere ad una diversa soluzione della controversia (cfr. ex multis Cass. 22769/2020).

6. Il terzo motivo è inammissibile per assoluta mancanza di specificità: non vengono affatto indicate le norme che si assumono violate, né la censura configura in modo comprensibile la critica che ha inteso muovere alla decisione impugnata.

7. Il quarto ed il quinto motivo devono essere congiuntamente esaminati per la stretta connessione logica.

7.1. Entrambi riguardano, infatti, l’omesso riconoscimento della protezione umanitaria rispetto alla quale si lamenta che il Tribunale abbia escluso la ricorrenza dei presupposti, facendoli dipendere dalla credibilità (quarto motivo) e violando la normativa che disciplina la fattispecie (art. 5, comma 6 TUI): si deduce, infatti, che non era stata affatto valutata la vulnerabilità rispetto alle vicende trascorse né la dimostrata integrazione della ricorrente nel territorio italiano (quinto motivo)

7.2. Il quinto motivo rappresenta l’antecedente logico del quarto ed è fondato.

7.3. Il Tribunale, infatti, nella valutazione della fattispecie alla luce delle allegazioni prospettate, ha violato l’art. 5, comma 6 T.U.I. ed i principi di diritto affermati da questa Corte in materia (cfr. Cass. 4455/2008; Cass. SU 29459/2019), in quanto ha omesso di esaminare la vulnerabilità della ricorrente alla luce dei trascorsi narrati e, soprattutto, non li ha scrutinati in correlazione ad un approfondito accertamento delle condizioni del paese di origine relative alla specifica vicenda narrata, al fine di valutare se il rimpatrio le avrebbe potuto far correre il rischio, anche in relazione alle tradizioni locali ed alle usanze religiose prevalenti, di subire la violazione dei diritti fondamentali, con particolare riferimento alla libertà di matrimonio.

7.4. Ne’ la circostanza che i fatti fossero accaduti circa 10 anni prima della domanda di protezione internazionale consente di ritenere che il lasso temporale renda inutile tale indagine, in assenza di un

approfondimento effettuato sulla base di C.O.I. attendibili ed aggiornate alla data della decisione che attestino l’insussistenza della violazione prospettata, certamente ridondante sulla vulnerabilità soggettiva della richiedente asilo.

7.5. Al riguardo, questa Corte ha affermato che “in tema di concessione del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, la condizione di “vulnerabilità” del richiedente deve essere verificata caso per caso, all’esito di una valutazione individuale della sua vita privata in Italia, comparata con la situazione personale vissuta prima della partenza ed alla quale si troverebbe esposto in caso di rimpatrio, oltre che a quella vissuta nel paese di transito, non potendosi tipizzare le categorie soggettive meritevoli di tale tutela che è invece atipica e residuale, nel senso che copre tutte quelle situazioni in cui, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento dello “status” di rifugiato o della protezione sussidiaria, tuttavia non possa disporsi l’espulsione” (cfr. Cass. 13079/2019; Cass. 8571/2020; Cass. 20642/2020; Cass. 198/2021).

7.6. Ed è stato pure chiarito che:

“secondo l’interpretazione fatta propria dalla giurisprudenza di questa Corte, in tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza che, tuttavia, non deve essere isolatamente ed astrattamente considerato; peraltro, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione che il giudice di merito deve acquisire”;

“il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di violazione di legge”.

8. Il Tribunale si e’, dunque, discostato dai principi sopra richiamati, ragione per cui il decreto impugnato deve essere, in parte qua, cassato.

9. Il quarto motivo rimane logicamente assorbito.

10. In conclusione, il decreto deve essere cassato in relazione al quinto motivo di ricorso – inammissibili i primi tre ed assorbito il quarto – con rinvio al Tribunale di Bologna in diversa composizione per il riesame della controversia alla luce dei principi di diritto sopra evidenziati ed anche per la decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte;

accoglie il quinto motivo di ricorso, dichiara assorbito il quarto ed inammissibili i primi tre.

Cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Bologna, in diversa composizione, anche per la decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 27 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2022

 

 

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