Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4352 del 22/02/2018


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile, sez. lav., 22/02/2018, (ud. 21/11/2017, dep.22/02/2018),  n. 4352

Fatto

CONSIDERATO

1. Che con la sentenza in epigrafe, la Corte d’Appello di Roma, confermava la decisione resa dal Tribunale di Roma di rigetto della domanda proposta da più lavoratori, tra cui i ricorrenti in epigrafe, nei confronti dell’ENEA – Ente per le Nuove Tecnologie, l’Energia e l’Ambiente, loro datore di lavoro avente ad oggetto la condanna dell’Ente al pagamento nei propri confronti, in ragione della posizione di assicurati ed unici beneficiari, della somma risultante dalla ricostruzione della polizza assicurativa individuale, ovvero in subordine al pagamento dei soli rendimenti, in ragione della polizza assicurativa collettiva (OMISSIS) stipulata a suo tempo dall’Ente con l’INA.

2. La decisione della Corte territoriale, che richiama Cass., S.U., n. 21533 del 2009, discende dall’avere questa ritenuto che la prestazione assicurativa attivata dall’Ente fosse finalizzata all’interesse dell’Ente medesimo a precostituirsi la provvista per far fronte alla futura liquidazione del trattamento di fine rapporto dovuta ai propri dipendenti e non a garantire ai medesimi prestazioni aggiuntive rispetto a quella dovuta per legge derivanti dal proficuo investimento delle somme versate, del resto precluse per effetto del disposto della L. n. 297 del 1982, dovendosi pertanto escludere da parte dell’Ente la stipula originaria di un contratto a favore di terzi.

3. Per la cassazione di tale decisione ricorrono S.A. e B.R. nella qualità di erede di M.L., prospettando tre motivi di impugnazione.

4. Resiste, con controricorso, l’ENEA.

5. In prossimità dell’adunanza camerale S. e B. hanno depositato memoria.

Diritto

RITENUTO

1. Che l’impugnazione proposta dai ricorrenti, che si svolge in tre motivi, nel complesso è volta a censurare l’erroneità della pronuncia della Corte d’Appello per avere quest’ultima disconosciuto la qualificazione di contratto a favore di terzo della convenzione assicurativa stipulata dall’ENEA con l’INA, mediante la quale venivano accese polizze individuali intestate a ciascun dipendente in servizio, volte alla copertura dell’onere economico gravante sull’Ente per l’erogazione del TFR che la L. n. 84 del 1982 sanciva come spettante al personale dell’ENEA in luogo del TFS fino ad allora previsto, e così negato la spettanza ai ricorrenti delle qui rivendicate somme eccedenti l’importo a quel titolo a ciascuno dovuto, maturate a seguito del proficuo investimento del valore dei premi annualmente versati dall’Ente, con provvista formata dai contributi dell’Ente e dei dipendenti odierni ricorrenti.

2. I ricorrenti, con il primo motivo, nel denunciare la violazione degli artt. 1362 c.c. e ss. in relazione agli artt. 1325 e 1411 c.c. nonchè del R.D.L. n. 5 del 1942, art. 4convertito nella L. n. 1251 del 1942, assumono che il giudice di secondo grado erroneamente avrebbe valutato il profilo causale della convenzione assicurativa, relativo alla copertura dell’onere economico connesso all’obbligo di corrispondere ai dipendenti il TFR spettante a termini di legge, così da ritenere privo di causa il preteso obbligo di devoluzione ai dipendenti beneficiari delle polizze delle maggiori somme derivanti dall’utile gestione del capitale investito. Tale obbligo, invece, assumono i ricorrenti, andava inquadrato nella causa tipica del negozio concluso, qualificabile come contratto di capitalizzazione. Censuravano la sentenza della Corte d’Appello per aver ritenuto l’assicurazione un contratto di rischio e non di capitalizzazione, i cui beneficiari dovevano considerarsi i lavoratori, a favore dei quali la polizza era stata stipulata, con conseguente maturazione dei relativi diritti quesiti, a prescindere dal TFR.

3. Con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 421 e 437 c.p.c., assumono che la Corte d’Appello non avrebbe fatto ricorso ai suoi poteri di ufficio, come le sarebbe stato imposto dall’attenuarsi nel rito del lavoro del rigido sistema delle preclusioni in funzione della ricerca della verità materiale, in relazione alle polizze individuali.

4. Con il terzo motivo prospettano il vizio di omessa, insufficiente contraddittoria motivazione. Deducono i ricorrenti che la Corte d’Appello aveva omesso ogni valutazione sul contratto assicurativo nella sua integralità, e proprio la propria prospettazione si basata su una analisi dell’intero articolato contrattuale attraverso la lettura coordinata delle diverse previsioni. Dal testo del contratto non risultava che l’ENEA avesse titolo ad introitare il trattamento assicurativo ovvero i rendimenti finanziari dei premi stessi. La lettura dei ricorrenti era confermata dalla CTU disposta dalla Corte d’Appello ma dalla stessa ignorata nella motivazione.

5. I tre motivi di ricorso devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione.

Gli stessi non sono fondati in ragione dei principi già affermati da questa Corte in analoghe controversie (ex multis, Cass., n. 10624 del 2015).

La giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto in generale che in materia di indennità di fine rapporto, la normativa di cui alla L. n. 297 del 1982 non preclude che, in generale, possano essere corrisposte, alla cessazione del rapporto, erogazioni integrative. aventi natura e funzioni diverse dal trattamento di fine rapporto, purchè esse siano ricollegate al contratto di lavoro, nel quale devono trovare una giustificazione causale idonea ad escludere una disposizione derogatoria alla disciplina legale.

Peraltro, in controversie analoghe a quella ora in esame, questa Corte ha escluso, anche a Sezioni Unite, che siano da corrispondere ai lavoratori le maggiori somme maturate per l’effetto di una polizza assicurativa stipulata dal datore di lavoro, allorchè, in ragione della struttura della provvista e dalla modalità di erogazione degli importi, risulti che essa sia stata costituita a beneficio della gestione e delle finalità proprie del datore di lavoro, al fine di assicurare la corresponsione dell’indennità di fine rapporto ai dipendenti, e non preveda in favore di questi ultimi utilità economiche ulteriori rispetto alle somme a garanzia del trattamento di fine rapporto (citata sentenza n. 10624 del 2015, Cass., S.U., ordinanza n. 6599 del 2011, sentenza n. 21553 del 2009).

Nè, infine, può configurarsi una violazione dell’art. 1411 c.c., così come ipotizza parte ricorrente, atteso che, una volta escluso che i benefici ulteriori siano effettivamente previsti nella convenzione assicurativa, non si verifica alcuna alterazione causale del contratto a favore di terzi, che mantiene la sua funzione di arrecare ai terzi tutti i vantaggi previsti dalle parti, consistenti in via esclusiva nella garanzia del trattamento di fine rapporto.

Quanto alle censure relative al secondo ed al terzo motivo, occorre rilevare che la Corte d’Appello ha fatto corretta applicazione dei principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità che ha richiamato, applicandoli in sede ermeneutica nella fattispecie sottoposta al suo esame, con accertamento di fatto rimesso al giudice di merito, svolto indagando la comune intenzione delle parti e non limitandosi al senso letterale delle parole, che si sottrae a censure, atteso che nella sentenza di appello si afferma (pag. 4), con accertamento di merito che “non si rinviene rinvenendo nel contratto, nè emerge da ulteriori diverse circostanze, che ENEA avesse voluto predisporre la provvista per un emolumento aggiuntivo da erogarsi ai propri dipendenti al momento della cessazione del rapporto”.

Inoltre, la Corte d’Appello rilevava che il contenuto dei certificati assicurativi individuali non apportava contrariamente a quanto sostenuto elementi decisivi a favore della tesi dei ricorrenti, anche considerando i contenuti degli stessi e della Convenzione.

Quanto alla censura relativa alla CTU si osserva, che la stessa è inammissibile per difetto di rilevanza atteso che la decisione della Corte d’Appello si fonda sulla qualificazione giuridica degli atti contrattuali e delle relative obbligazioni e che la consulenza tecnica d’ufficio è funzionale alla sola risoluzione di questioni di fatto che presuppongano cognizioni di ordine tecnico e non giuridico, sicchè spetta al giudice la qualificazione giuridica di fatti e la conformità al diritto di comportamenti (cfr., Cass., n. 1186 del 2016).

Il ricorso deve essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro 4500,00, per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 21 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2018

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA