Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4348 del 20/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 20/02/2017, (ud. 24/01/2017, dep.20/02/2017),  n. 4348

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1957-2015 proposto da:

LETE SPA, – Società Generale Acque Minerali Srl -, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DELLA SCROFA 57, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

RUSSO CORVACE, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

COMUNE di PRATELLA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA ENNIO Q. VISCONTI 11, presso lo studio

dell’avvocato ANGELA FIORENTINO, rappresentato e difeso

dall’avvocato FRANCESCO MARIA CAIANIELLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5455/23/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 03/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 24/01/2017 dal Consigliere Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

IN FATTO

La Lete spa propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 5455/23/2014, depositata in data 3/06/2014, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di due avvisi di accertamento, emessi dal Comune di Pratella per maggiore ICI dovuta, in relazione agli anni di imposta 2005 e 2006, su immobili industriali utilizzati dalla società contribuente quali beni strumentali della stessa, – è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso della contribuente.

In particolare, i giudici d’appello hanno dichiarato inammissibile, per mancato rispetto dei termine di cui all’art. 327 c.p.c., il gravame, proposto dalla contribuente con atto del 6/02/2013, avverso la sentenza della C.T.P. di Caserta, depositata il 10/10/2011, stante l’irrilevanza, in ogni caso, della comunicazione, ad opera della Segreteria della Commissione, del dispositivo della sentenza.

La ricorrente, nel giugno 2016, ha depositato istanza di fissazione del ricorso.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in Camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti. Si dà atto che il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

IN DIRITTO

1. La ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 37, comma 2, art. 327 c.p.c. e art. 88 c.p.c., non avendo i giudici della C.T.R. ritenuto che la mancata notifica del dispositivo della sentenza emessa dalla C.T.P. di Caserta, presso l’indirizzo del domiciliatario della parte (non essendo la comunicazione da parte della Segreteria andata a buon fine, per “asserito indirizzo inesistente”), aveva violato la buona fede della parte stessa, impedendole la proposizione dell’appello nei termini di legge.

2. La censura è infondata.

Nel processo tributario, come questa Corte ha ripetutamente affermato, “l’ammissibilità dell’impugnazione tardiva, oltre il termine “lungo” dalla pubblicazione della sentenza, previsto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 38, comma 3″, presuppone che la parte dimostri l'”ignoranza del processo”, ossia di non averne avuto alcuna conoscenza per nullità della notificazione del ricorso e della comunicazione dell’avviso di fissazione dell’udienza, situazione che non si ravvisa in capo al ricorrente costituito in giudizio, cui non può dirsi ignota la proposizione dell’azione, dovendosi ritenere tale interpretazione conforme ai principi costituzionali e all’ordinamento comunitario, in quanto diretta a realizzare un equilibrato bilanciamento tra le esigenze del diritto di difesa e principio di certezza delle situazioni giuridiche. Nè assume rilievo l’omessa comunicazione della data di trattazione, che è deducibile quale motivo di impugnazione ai sensi dell’art. 161 c.p.c., comma 1, in mancanza della quale la decisione assume valore definitivo in conseguenza del principio del giudicato” (Cass. 7675/2015; Cass. 23545/2015; Cass. 8508/2013; Cass. n. 23323 del 2013; Cass. n. 16004 dei 2009; Cass. 639/2003).

3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte ella ricorrente, dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 3.500,00, a titolo di compensi, oltre rimborso forfetario spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2017

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