Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4345 del 22/02/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 4345 Anno 2018
Presidente: D’ANTONIO ENRICA
Relatore: BERRINO UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso 15859-2012 proposto da:
BIRINDELLI ANDREA, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA CAIO MARIO 27, presso lo studio dell’avvocato
FRANCESCO ALESSANDRO MAGNI, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato ENRICO CECCARELLI,
giusta delega in atti;
– ricorrente contro
2017
4061

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA

I.N.P.S.
SOCIALE

C.F.

80078750587

in

persona

del

suo

Presidente e legale rappresentante pro tempore, in
proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.
Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S.

Data pubblicazione: 22/02/2018

C.F. 05870001004, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli
avvocati ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, CARLA
D’ALOISIO, giusta delega in atti;

avverso la sentenza n. 116/2012 della CORTE D’APPELLO
di FIRENZE, depositata il 31/03/2012 R.G.N. 434/2010;
il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

– controricorrenti

Rilevato
che la Corte d’appello di Firenze (sentenza del 31.3.2012) ha rigettato
l’impugnazione proposta dalla società Progene s.r.l. e da Birindelli Andrea, in
proprio e quale legale rappresentante della prima, avverso la sentenza del
Tribunale di Pistoia che aveva respinto la domanda svolta dai medesimi per

ad inadempienze contributive;
che la Corte territoriale, nel rigettare l’appello, ha condiviso la conclusione del
Tribunale secondo il quale era stato accertato dall’Inps che in due alberghi
gestiti dai ricorrenti era stata svolta attività lavorativa nel periodo dicembre marzo di chiusura ordinaria, ragione per la quale era stata attivata la
procedura di recupero dei contributi relativamente a diversi lavoratori
impiegati in quel periodo;
che per la cassazione della sentenza ricorre Birindelli Andrea, in proprio e
quale legale rappresentante pro-tempore della società Progene s.r.I., con
quattro motivi;
che resiste con controricorso l’Inps;
che le parti depositano memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.;
Considerato
1. che col primo motivo, formulato per violazione o falsa applicazione degli
artt. 2697 e 2700 c.c. e per vizio di motivazione, il ricorrente lamenta che la
verbalizzazione degli ispettori non era corretta in quanto per i lavoratori
Monica Pocai e Federico Ciattini erano stati indicati dei giorni in cui l’albergo
era chiuso, mentre Bonetti Natalino era stato indicato presente al lavoro nelle
stesse date in due alberghi diversi e che tali circostanze, regolarmente
eccepite, non erano state esaminate;
che tali incongruenze erano presenti nei documenti dell’Inps che, però, non
erano stati confermati in giudizio dai verbalizzanti;
2. che col secondo motivo, dedotto per violazione o falsa applicazione degli
artt. 2697 e 2094 c.c., oltre che per vizio di motivazione, il ricorrente assume
di aver contestato la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra
Natalino Bonelli, da una parte, e la ditta Progene s.r.l. e Birindelli Andrea
(nipote dello stesso Bonelli), dall’altra, dopo aver fatto presente che si

l’annullamento della cartella esattoriale emessa per conto dell’Inps in relazione

trattava, in realtà, di una prestazione inquadrabile nel rapporto di lavoro
gratuito;
che, in ogni caso, la prova della subordinazione sarebbe spettata all’Inps,
quale ente impositore interessato al relativo recupero contributivo, mentre la
Corte di merito aveva fatto, al riguardo, mal governo degli oneri probatori,

modo errato ai fini dell’accertamento della contestata subordinazione;
che una corretta valutazione delle prove testimoniali avrebbe dovuto condurre
la Corte di merito ad escludere che vi fossero state prestazioni onerose da
parte dei lavoratori nei periodi ricadenti al di fuori della stagione di apertura;
3. che col terzo motivo, proposto per violazione o falsa applicazione degli artt.
2034 e 1322 c.c., nonché per vizio di motivazione, il ricorrente contesta la
decisione della Corte di merito di ritenere sussistente un rapporto di lavoro
subordinato del Bonelli con gli opponenti, ad onta delle contrarie affermazioni
del medesimo lavoratore e nonostante che non spettasse a questi ultimi di
provare la gratuità del rapporto lavorativo dovuta al rapporto di parentela tra il
suddetto Bonelli e parte opponente;
4. che col quarto motivo, dedotto per violazione o falsa applicazione dell’art. 1,
commi 3 e 6, del decreto del Ministero delle Finanze n. 321 del 3.9.1999, degli
artt. 24 e 3 della Costituzione e dell’art. 1418 cod. civ., il ricorrente contesta la
decisione della Corte di merito di ritenere individuato il verbale ispettivo di
riferimento laddove la cartella esattoriale recava la dicitura “verbale ispettivo
dal 7/2000 all’11/2004”, dal momento che tale formulazione non poteva
soddisfare i requisiti di corretta individuazione del verbale ispettivo secondo la
normativa richiamata, con conseguente compressione del diritto di difesa;
5. che per ragioni di connessione i primi tre motivi possono essere esaminati
congiuntamente;
che gli stessi sono infondati in quanto si traducono in un inammissibile
tentativo di rivisitazione del materiale istruttorio adeguatamente scrutinato
dalla Corte di merito, la cui motivazione al riguardo, in quanto congruamente
argomentata ed esente da vizi di ordine logico-giuridico, sfugge ai rilievi di
legittimità;

omettendo anche di esaminare le prove acquisite al giudizio o valutandole in

6. che, invero, la Corte territoriale ha posto bene in evidenza che gli appellanti
avevano sostanzialmente circoscritto la loro contestazione alle determinazioni
assunte dal giudice di primo grado in merito alla posizione di Bonelli Natalino,
affermando, a sostegno del gravame, che la prestazione di quest’ultimo
sarebbe stata fornita a titolo gratuito in ragione del suo grado di parentela col

che in ordine alla restante parte del credito contributivo vantato dall’Inps, non
toccato dai motivi d’appello, la stessa Corte di merito ha osservato che si era
formato il giudicato interno, e che, in ogni caso, l’Inps aveva assolto l’onere
della prova della fondatezza della pretesa contributiva relativa alla posizione
del Bonelli;
che in riferimento alla posizione di quest’ultimo la Corte d’appello ha osservato
che la dedotta natura gratuita della prestazione era contraddetta dal fatto che
non si versava in una ipotesi di lavoro prestato all’interno dello stretto nucleo
familiare e che in concreto si era trattato di espletamento di mansioni
ordinarie, di mero ausilio e senza specializzazione di rango;
che, infatti, la presunzione di gratuità delle prestazioni lavorative rese in
ambito familiare, che trova la sua fonte nella circostanza che tali prestazioni
vengono normalmente rese

“affectionis vel benevolentiae causae”,

non può

ritenersi così assoluta o rigorosa da escludere in modo assoluto la prova
contraria (v. in tal senso Cass. sez. lav. n. 18284 del 28.11.2003), prova,
questa, che nella fattispecie la Corte d’appello ha ritenuto essere stata fornita
dall’Inps;
7. che, inoltre, per quel che concerneva in genere l’attività lavorativa svolta
nel periodo preso in considerazione dall’accertamento vi era, secondo la Corte
di merito, la prova documentale delle fatture d’acquisto di consistenti
quantitativi di generi alimentari, senza contare che la presenza dei lavoratori
subordinati risultava dalla documentazione fiscale sottoscritta dai medesimi
dipendenti sempre con riferimento al periodo di formale chiusura degli
alberghi, situazione, questa, rispetto alla quale parte appellante nulla aveva
dedotto in entrambi i gradi del giudizio di merito;
che il difetto di motivazione, nel senso di sua insufficienza, legittimante la
prospettazione con il ricorso per cassazione del motivo previsto dall’art. 360,

3

AL,

legale rappresentante dell’impresa opponente;

comma primo, n. 5), cod. proc. civ., è configurabile soltanto quando
dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito e quale risulta dalla
sentenza stessa impugnata emerga la totale obliterazione di elementi che
potrebbero condurre ad una diversa decisione ovvero quando è evincibile
l’obiettiva deficienza, nel complesso della sentenza medesima, del

elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già, invece, quando vi sia
difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore
e sul significato attribuiti dal giudice di merito agli elementi delibati, poiché, in
quest’ultimo caso, il motivo di ricorso si risolverebbe in un’inammissibile
istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti dello stesso giudice di
merito che tenderebbe all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto,
sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione (v.
Cass. sez. lav. n. 2272 del 2/2/2007);
8. che è infondato anche l’ultimo motivo, atteso che il ricorrente non dimostra
affatto quale sarebbe stato in concreto il pregiudizio che sarebbe stato
arrecato al suo diritto di difesa per il solo fatto che l’individuazione del verbale
ispettivo di riferimento era evincibile esclusivamente dalla dicitura

“verbale

ispettivo dal 7/2000 all’11/2004” di cui alla cartella esattoriale opposta;
9. che, pertanto, il ricorso va rigettato, con conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in base al generale
principio della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese
nella misura di € 3200,00, di cui € 3000,00 per compensi professionali, oltre
spese generali al 15% ed accessori di legge.
Così deciso in Roma il 18 ottobre 2017

procedimento logico che ha indotto il predetto giudice, sulla scorta degli

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