Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4345 del 04/03/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 4345 Anno 2016
Presidente: BIELLI STEFANO
Relatore: MARULLI MARCO

SENTENZA

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sul ricorso 10789-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro
IMAP EXPORT SPA in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA
CAVOUR 17, presso lo studio dell’avvocato FERDINANDO
BARUCCO, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIO
CIANCIO giusta delega a margine;

Data pubblicazione: 04/03/2016

- controrlcorrente avverso la sentenza n. 129/2010 della COMM.TRIB.REG.
AOAA CARrMhVA
dir~r7rr, depositata il 29/03/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 22/06/2015 dal Consigliere Dott. MARCO

udito per il ricorrente l’Avvocato MADDALO che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

MARULLI;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
I. Il 27.12.2006 l’ufficio di Napoli 2 dell’Agenzia delle Entrate, preso atto
delle risultanze emerse nel corso di una verifica a carattere generale disposta
dalla locale Direzione Regionale, notificava alla IMAP Export s.p.a. un avviso
impresa dichiarato dalla parte per l’anno 2002 il costo non documentato
rappresentato da una nota di credito di curo 135.911,29 emessa in favore di un
proprio affiliato a totale sconto di pregresse forniture di merci.
Impugnata dall’ufficio avanti alla CTR della Campania, la sentenza di primo
grado era confermata dal giudice d’appello nella convinzione che,
contrariamente a quanto assunto dall’appellante, l’operazione compiuta nella
specie dalla contribuente, apparentemente priva di ragionevolezza economica,
in quanto intesa a sostenere un operatore in difficoltà, non lo era tuttavia “da
un punto di vista imprenditoriale”. Premesso che le strategie aziendali
attengono esclusivamente alla sfera dell’amministrazione dell’impresa,
l’operazione andava invero ritenuta inerente “per il solo fatto che il costo si
pone come una scelta di convenienza per l’imprenditore, il cui fine è pur
sempre quello di pervenire al maggior risultato economico”. Nella specie
l’imprenditore ne aveva evidentemente riconosciuto la convenienza sicché la
contestata emissione della nota di credito rappresentava un costo pienamente
deducibile.
Per la cassazione di detta sentenza l’Agenzia ricorrente si affida ad un unico
motivo.
Resiste con controricorso la parte privata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
2.1. Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia si duole per gli effetti dell’art.
360, primo comma, n. 5, c.p.c. del vizio di omessa motivazione che
affetterebbe l’impugnato pronunciamento in quanto manca in esso sia “la
valutazione complessiva del rapporto giuridico di imposta sottostante, ia del

RG 10789/11 Ag. Entrate-1MAP

Con

Marulli I

di accertamento con cui procedeva a recuperare a tassazione sul reddito di

comportamento fiscale della contribuente che andava più accuratamente
scandagliato, specie sotto il profilo dell ‘antieconomicità” eccepita
dall’impugnante; e questo non senza considerare “la mancanza di una qualche
documentazione che provasse la realtà degli sconti” e la circostanza che
completamente assorbito dalla nota di credito” in contestazione.
2.2. Il motivo, ancorato a due doglianze, è infondato tanto con riguardo alla
prima di esse quanto con riferimento alla seconda.
2.3. E’ noto che secondo un consolidato insegnamento di diritto vivente in
sede di determinazione del reddito di impresa l’accertamento dell’esistenza di
attività non dichiarate ovvero dell’inesistenza di passività dichiarate possa
essere effettuato dall’ufficio, nel quadro previsionale delineato dall’art. 39,
primo comma, lett. d), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, anche in presenza
di una contabilità formalmente regolare qualora si possa dubitare della sua
attendibilità in quanto confliggente con i criteri della ragionevolezza, anche
sotto il profilo della antieconomicità del comportamento del contribuente
(14491113; 7871/12; 14428/05). Attenendosi a questo criterio l’ufficio aveva
ritenuto di poter censurare l’operazione posta in essere dalla parte nei
confronti di un proprio affiliato sotto il profilo della sua ragionevolezza
economica, poiché essendo scopo dell’attività di impresa il perseguimento di
un lucro, nella specie il carattere profittevole dell’operazione era messa in
discussione dallo stato di disagio finanziario evidenziato dal beneficiario. E
sulla base di questo criterio censura ora il deliberato del giudice d’appello, che
confermando la decisione di primo grado, ha espresso il diverso avviso che il
prelievo non fosse giustificato in quanto, sebbene la rinuncia ad un credito non
rappresenti di regola un onere inerente e quindi deducibile, nondimeno tale
condizione è riconoscibile nella specie “per il solo fatto che il costo si pone
come una scelta di convenienza economica per l’imprenditore”.
Ragionando tuttavia in tali termini la CTR non ha consumato alcuna

RG 10789111 Ag. Entrate-IMAP

Co s. s Marulli 2

nell’anno di verifica il volume di acquisti operato dall’affiliato “era stato

omissione motivazionale, ma adottando esplicitamente il metro di giudizio che
aveva orientato l’azione accertatrice ovvero soppesando l’operazione sotto il
profilo della sua convenienza commerciale per la contribuente, ha ritenuto che,
di contro al dato costituito dalla sua opinabilità sul piano economico,
momento che “le strategie aziendali attengono esclusivamente alla sfera
dell’amministrazione dell’impresa che valuta la convenienza di effettuare o
meno sconti, abbuoni su crediti vantati”. In tal modo la CTR è venuta a
formulare un giudizio di fatto, che dissente dal dedotto presupposto
dell’ antieconomicità dell’operazione, appartenendo invero alla sfera
insindacabile delle strategie imprenditoriali, condensata nella regola della
business judgement rule, stabilire se un debitore debba essere o meno
agevolato mediante la concessione di sconti o abbuoni. Con la prima parte del
motivo, in cui si limita ad eccepire un vizio di omessa motivazione in
relazione al profilo dell’antieconomicità della motivazione, l’Agenzia formula
perciò una critica non solo infondata, in quanto il detto profilo è stato
considerato dalla CTR ed è stato da essa motivatamente disatteso, ma pure
inammissibile in quanto mira a conseguire un nuovo e diverso apprezzamento
delle risultanze fattuali già negativamente valutate dal giudice di appello.
2.4. Infondata, come detto, è pure la seconda doglianza che l’Agenzia solleva
con l’unico motivo di ricorso, lamentando che la CTR sarebbe pervenuta alla
impugnata conclusione ignorando che l’agevolazione era stata accordata in
difetto di ogni documentazione e per un ammontare corrispondente all’intero
volume degli ordinativi effettuato dal beneficiario. Benché l’allegazione non
sia sprovvista di verità, essa tuttavia non evidenzia alcun vulnus motivazionale
nell’ iter logico-argomentativo seguito dal giudice territoriale per negare la

legittimità della ripresa. Invero, come visto, il ragionamento che fa sfondo alla
decisione ruota intorno alla rilevata insindacabilità delle strategie operative
adottate dall’imprenditore, affermando la quale la CTR ha potuto af rancarsi

RG 10789/11 Ag. Entrate-IMAP

C

Marulli 3

l’operazione non fosse per questo imprenditorialmente inappropriata, dal

dalla critica che l’ufficio ha mosso alla legittimità dell’operazione sotto il
profilo della sua ragionevolezza. Orbene se la libertà di cui l’imprenditore
gode nella conduzione dell’impresa può talora giustificare il compimento di
scelte imprenditoriali apparentemente opinabili e se ciò, come visto, non
solo profilo motivazionale, perché l’autonomia dell’impresa non incontra
fiscalmente altro limite che quello dell’abuso di diritto, i rilievi che l’ufficio
solleva in ordine alla certezza del rapporto con la doglianza in disamina,
allorché si sostanziano come qui nel confutare la logicità della decisione
piuttosto che la sua legalità, rientrano a buon diritto nell’area della
riconosciuta insindacabilità delle strategie imprenditoriali, rispetto alle quali la
sollecitazione ad un diverso apprezzamento concreta unicamente una censura
di fatto, già per questo non scrutinabile in questa sede e già per questo
destinata ad essere riassorbita nel rigetto della prima doglianza.
3. Il ricorso va dunque conclusivamente respinto e le spese seguono la
soccombenza.
PQM
La Corte Suprema di Cassazione
Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di
giudizio che liquida in curo 4000,00— di cui euro 300,00 per esborsi, oltre
accessori.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della V sezione civile il giorno
22.6.2015
111.
D

.est.

Il Presidente

rco

Dott. Stef. o Bielli

determina alcun vizio della decisione ove se ne contesti la legittimità sotto il

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