Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4344 del 22/02/2018


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Civile Sent. Sez. L Num. 4344 Anno 2018
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: PERINU RENATO

SENTENZA

t’L

sul ricorso 13555-2016 proposto da:
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CANALE SILVANO, DALLA VALLE RANIERI ANGELO, ZORDAN
SIRO GIOVANNI, domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR,
presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’ avvocato
NICOLA ZAMPIERI, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2017

contro

4026

I.N.P.S.

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA

SOCIALE C.F. 80078750587, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato

Data pubblicazione: 22/02/2018

in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
avvocati SERGIO PREDEN, ANTONELLA PATTERI, LIDIA
CARCAVALLO, LUIGI CALIULO, giusta delega in atti;
– controricorrente

di VENEZIA, depositata il 14/05/2015 r.g.n.
1019/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/10/2017 dal Consigliere Dott. RENATO
PERINU;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato NICOLA ZAMPIERI;
udito l’Avvocato SERGIO PREDEN.

avverso la sentenza n. 42/2015 della CORTE D’APPELLO

Udienza del 17 ottobre 2017 – Aula B
n. 29 del ruolo – RG n. 13555/16
Presidente:Mammone Relatore: Perinu

1. I ricorrenti impugnano la sentenza depositata il 14.05.2015, con la quale la Corte
d’appello di Venezia aveva rigettato le domande volte ad ottenere il diritto del riconoscimento
alla riliquidazione delle pensioni in godimento sulla scorta delle retribuzioni effettivamente
percepite durante i periodi di lavoro effettuati in Svizzera, in luogo di quelle virtuali ricalcolate
dall’ INPS in rapporto alla diversa incidenza degli oneri contributivi.
2. Contro tale statuizione ricorrono Dalla Valle Ranieri Angelo, Zordan Siro Giovanni e
Canale Silvano, con sette motivi di censura. L’INPS resiste con controricorso. I ricorrenti hanno
depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE
3. Oggetto del contendere è la legittimità o meno delle modalità di liquidazione della
pensione spettante ai cittadini italiani che hanno prestato attività lavorativa in Svizzera: i
ricorrenti, infatti, si dolgono del fatto che l’INPS abbia liquidato loro la pensione assumendo
come base di calcolo non già la retribuzione effettivamente percepita in tale Paese, in virtù del
disposto dell’art. 1 I. n. 283/1973, che, nel ratificare la Convenzione stipulata tra l’Italia e la
Svizzera in materia in materia di sicurezza sociale del 4.7.1969 aveva fissato il principio
secondo cui il calcolo della loro pensione sarebbe stato effettuato come se l’assicurato avesse
lavorato in Italia, bensì una retribuzione teorica, ottenuta rapportando la retribuzione effettiva
a maggiore importo dei contributi previdenziali che sarebbero stati dovuti qualora essi
avessero effettivamente lavorato in Italia, secondo modalità poi consacrate dall’art. 1 comma
777, I. n. 296/2006, che, nel dettare l’interpretazione autentica dell’art. 5, comma 2, d.P.R. n.
488/1968, ha previsto che esso si interpreti nel senso che ” in caso di trasferimento presso
l’assicurazione generale obbligatoria italiana dei contributi versati ad enti previdenziali di Paesi
esteri in conseguenza di convenzioni ed accordi internazionali di sicurezza sociale, la
retribuzione pensionabile relativa ai periodi di lavoro volto nei Paesi esteri è determinata
moltiplicando l’importo dei contributi trasferiti per cento e dividendo il risultato per l’aliquota
contributiva per invalidità, vecchiaia e superstiti in vigore nel periodo cui i contributi si
riferiscono”, facendo salvi ” i trattamenti pensionistici più favorevoli già liquidati alla data di
entrata in vigore della presente legge”.
4. Tanto premesso come primo motivo i ricorrenti denunciano violazione degli artt. 3, n.
1, e 10 del Regolamento CE n. 1408/1971 e dei principi in materia di parità di trattamento e
divieto di discriminazione in materia previdenziale, nonché carenza assoluta di motivazione,
per avere la Corte di merito avallato una soluzione discriminatoria in loro danno, e altresì
ritenuto l’infondatezza del motivo di appello concernente la censura di violazione dell’art. 43
del Trattato CE attraverso il mero richiamo alle pronunce di questa Corte nn. 3676 e 27781 del
2009.

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FATTI DI CAUSA

5. Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano violazione dell’art. 6 CEDU e degli artt.
47 e 52 della Carta di Nizza per avere la Corte territoriale dato applicazione all’art. 1, comma
777, I. n. 296/2006, nonostante che la Corte EDU ne avesse dichiarato la contrarietà all’art. 6
CEDU per violazione dei principi dell’equo processo, della parità delle armi, della certezza del
diritto e del diritto ad un giudice indipendente, invece di disapplicarlo in quanto contrastante
con il citato art. 6 CEDU e l’art. 47 della Carta di Nizza.

7. Con il quarto motivo, si propone istanza di rimessione alla Corte di Giustizia UE
affinché chiarisca se l’art. 42 del Trattato CE e/o gli artt. 3 e 10 del Regolamento CE n.
1408/1971 consentano al legislatore di uno Stato membro di determinare il trattamento
pensionistico secondo le modalità di cui all’art. 1, comma 777, I. n. 296/2006, così
discriminando i propri cittadini che abbiano lavorato per un periodo di tempo in Svizzera,
nonché se i principi generali fissati dagli artt. 47 e 52 della Carta di Nizza debbano essere
interpretati come ostativi ad una disposizione di legge interpretativa quale quella di cui all’art.
1, comma 777, I. n. 296/2006, cit.
8. Con il quinto motivo i ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 24, 111 e 2 Cost.,
per avere dato applicazione ad una disposizione di legge quale l’art. 1, comma 777, I. n.
296/2006, adottata in contrasto con le citate disposizioni costituzionali.
9. Con il sesto motivo i ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 19, comma 1, TUE,
dell’art. 47 della Carta di Nizza e dell’art. 13 CEDU, per non avere la Corte territoriale né
disapplicato l’art. 1, comma 777, I. n. 296/2006, né disposto il rinvio pregiudiziale alla Corte di
Giustizia UE.
10. Con il settimo motivo, infine, i ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 53 e 46
CEDU e 117 Cost., per non essersi la Corte di merito conformata nella propria decisione al
dictum
rassegnato dalla Corte EDU nelle sentenze 31.5.2011 ( Maggio e c.ti /Italia) e
15.4.2014 (Stefanetti e c.ti / Italia), che avevano rispettivamente ritenuto che la disposizione
di cui all’art. 1, comma 777, I. n. 296/2006, violasse gli artt. 6 e 1 Prot. n. 1 CEDU.
11. Ciò posto, il primo motivo è infondato.
Circa la censura di carenza assoluta di motivazione è sufficiente rilevare che la Corte
territoriale ha motivato il rigetto delle censure di gravame concernenti la presunta violazione
dell’art. 42 del Trattato CE e dell’art. 29 del Regolamento CE n. 1408/1971 richiamando le
pronunce di questa Corte nn. 3676 e 27881 del 2009, nella cui motivazione si dà conto
dell’infondatezza di censure analoghe, argomentate con riferimento alle sentenze della Corte di
Giustizia UE del 21.6.2007, C- 231-233/06 e del 3.4.2008. C- 331/06. Di talché, considerato
che l’art. 118 att. c.p.c., nel testo modificato dall’art. 52, comma 5, I. n. 69/2009, prevede per
quanto qui interessa, che la motivazione della sentenza consista nella ” succinta
esposizione… .delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti
conformi”, deve escludersi che si verta in specie in ipotesi di motivazione mancante o
apparente o incomprensibile.
Circa la censura di violazione degli artt. 3, n. 1, e 10 del Regolamento CE n. 1408/1971,
risulta decisivo, invece, che essa assume a parametro di legittimità disposizioni che non hanno
alcuna capacità regolativa della fattispecie, avendo questa Corte già chiarito che la vicenda per
cui è causa, concernendo il trasferimento presso l’assicurazione generale obbligatoria italiana
dei contributi versati ad enti previdenziali di Paesi esteri, in conseguenza di convenzioni ed
2

6. Con il terzo motivo, le medesime censure di cui al secondo motivo sono argomentate
in relazione all’art. 6, n. 2, TUE, in ragione del fatto che i diritti fondamentali garantiti dalla
CEDU e dalla Carta dei diritti sarebbero stati “comunitarizzati” in virtù dell’art. 6, n. 2, cit.

accordi di sicurezza sociale e non già la totalizzazione dei contributi prevista dal Regolamento
cit. quale unica misura rilevante ai fini pensionistici, inerisce ad una disciplina normativa
peculiare ai rapporti tra Italia e Confederazione Svizzera, estranea all’ambito previsionale della
legislazione comunitaria in tema di sicurezza sociale ( Cass. nn. 11406 e 22877 del 2013).
Né contrari argomenti possono desumersi da quanto affermato dalla Corte di Giustizia
UE nella sentenza 15.1.2002 C- 55/00, Gottardo, poiché, come già rilevato da questa Corte,
nelle pronunce dianzi cit., trattasi di decisione adottata in una vicenda in cui l’oggetto del

negatole dall’INPS sul presupposto che non avesse cittadinanza italiana e dunque in fattispecie
affatto differente da quella per cui è causa, nella quale, si controverte, invece, in merito alle
modalità della ricongiunzione dei contributi e non della loro totalizzazione.
11. Il secondo, il terzo, il quarto, il sesto e il settimo motivo di ricorso possono essere
esaminati congiuntamente in ragione dell’intima connessione delle censure svolte, e sono
parimenti infondati.
Va, innanzitutto, ribadito che le disposizioni della Carta di Nizza non sono ratione
temporis applicabili a fattispecie relative a periodo anteriore alla data di entrata in vigore del
trattato di Lisbona ( 1° .1.2009) avendo in tal senso statuito la CGUE 26.3.2015, C- 316/13,
Fenoli. Conseguentemente deve escludersi la fondatezza della richiesta di rinvio pregiudiziale
alla Corte di Giustizia UE, formulata dai ricorrenti al quarto motivo, dal momento che ai sensi
dell’art. 267 TFUE, il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE presuppone che il giudice
nazionale debba decidere una controversia concernente il diritto dell’Unione e tanto, nella
specie, non può logicamente affermarsi, vuoi in ragione all’anteriorità dell’entrata in vigore
dell’art. 1, comma 777,n. 296/ 2006, rispetto al Trattato UE ( v., per un caso analogo, Cass. n.
4433 del 2016), vuoi in relazione all’estraneità della materia del contendere alle previsioni del
Regolamento CE n. 1408/1971, menzionato nella disamina del primo motivo.
Questa Corte, peraltro, ha già avuto modo di chiarire che, il rinvio alla convenzione
operato dall’art. 6, par. 3, TUE, non impone, infatti, al giudice nazionale, in caso di conflitto tra
una norma di diritto nazionale e la CEDU, di applicare direttamente le disposizioni di
quest’ultima disapplicando la norma di diritto nazionale in contrasto con essa, atteso che, in
tale evenienza, il rimedio è costituito dal giudizio di legittimità costituzionale della norma
interna per contrasto con l’art. 117 Cost. ( Cass. n. 4049 del 2013 e S.U. n. 9595 del 2012);
principi questi a cui il Collegio ritiene di dover dare nel caso di specie continuità, e ciò consente
di escludere che la Corte di merito, dando applicazione all’art. 1,comma 777, I. n. 296/2006,
possa essere incorsa in alcuna violazione delle disposizioni citate nella rubrica dei motivi in
esame.
12. Egualmente infondato, infine, s’appalesa il quinto motivo.
E’ infatti rilevante osservare al riguardo che la Corte costituzionale ha affermato che nel
rapporto di bilanciamento fra la tutela dell’interesse sotteso all’art. 6, par. 1, CEDU, e la tutela
degli altri interessi costituzionalmente protetti, complessivamente coinvolti nella disciplina
recata dall’art. 1, comma 777, I. n.296/2006, sussistevano quei preminenti interessi generali
che giustificano il ricorso alla legislazione retroattiva, trattandosi nella specie di assicurare che
il sistema previdenziale corrisponda a criteri di corrispondenza tra le risorse disponibili e le
prestazioni erogate e di impedire alterazioni della disponibilità economica a svantaggio di
alcuni contribuenti ed a vantaggio di altri, così garantendo il rispetto dei principi di eguaglianza
e solidarietà che occupano una posizione privilegiata nel bilanciamento con gli altri valori
costituzionali; ed ha, inoltre, affermato come l’art. 1, comma 777 cit., sia ispirato ai principi di
uguaglianza e di proporzionalità, ove si tenga conto della circostanza che i contributi versati in
3

contendere era rappresentato dal diritto della pensionata ad ottenere la totalizzazione dei
contributi per il lavoro svolto in Italia, in Francia e nella Confederazione Svizzera,diritto

Svizzera sono notevolmente inferiori a quelli versati in Italia, ed è in ragione di ciò, la citata
disposizione ha provveduto a riparametrare i contributi in modo da renderli proporzionati alle
prestazioni ed evitare così sperequazioni e rendere sostenibile l’equilibrio del sistema
previdenziale a garanzia di coloro che usufruiscono delle sue prestazioni ( sent. n. 264 del
2012).
In linea

con tale orientamento, di recente ( sent. n. 166/2017), la stessa Corte
costituzionale ha evidenziato come non siano ravvisabili profili di incompatibilità tra la sentenza
15.5.2014 (Stefanetti ed altri c/Italia ) della Corte EDU e l’art. 1 del Prot. addizionale alla
CEDU, rispetto al contenuto della normativa nazionale in disamina, in termini tali che ne

riparametrazione delle retribuzioni percepite in Svizzera, in applicazione della censurata norma
nazionale retroattiva, può entrare in collisione con gli evocati parametri convenzionali e,
corrispondentemente, con i precetti di cui agli artt. 3 e 38 della Costituzione”, e dato atto che
tale area non è stata delineata in termini generali nella sentenza della Corte EDU, il cui giudizio
tiene, invece conto, « quali “elementi pertinenti”, dei lunghi periodi da quei soggetti trascorsi
in Svizzera, della entità dei contributi ivi versati, della loro categoria lavorativa di appartenenza
e delle qualità dei rispettivi stili di vita», ed ha concluso nel senso che «l’indicazione di una
soglia ( fissa o proporzionale) e di un non superabile limite di riducibilità delle pensioni
svizzere….come pure l’individuazione del rimedio, congruo e sostenibile atto a salvaguardare il
nucleo essenziale del diritto leso, ….presuppongono, evidentemente, la scelta tra una pluralità
di soluzioni rimessa,come tale, alla discrezionalità del legislatore>>.
13. Sulla base di quanto precede, il ricorso va rigettato, ed in considerazione della novità
e complessità della questione trattata, sussistono giusti motivi per compensare le spese del
giudizio di legittimità. Tenuto conto del rigetto del ricorso, va dato atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Spese del giudizio compensate. Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da
parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto
per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17.10.2017

comportino per interposizione, il contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., quanto
piuttosto “l’esistenza di una più circoscritta area di situazioni in riferimento alle quali la

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