Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4344 del 20/02/2020

Cassazione civile sez. I, 20/02/2020, (ud. 06/12/2019, dep. 20/02/2020), n.4344

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FEDERICO Guido – Presidente –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso, recante il n. 22397/2018 r.g., proposto da:

PROGETTO GRANO S.P.A., (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore Dott. B.R., con sede in

(OMISSIS), rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta

in calce al ricorso, dall’Avvocato Prof. Massimo Confortini e

dall’Avvocato Giuseppe Visconti, con i quali elettivamente domicilia

presso lo studio del primo in Roma, alla via Gregoriana n. 54.

– ricorrente –

contro

CONAGRA LIMITED, (società di diritto canadese), in persona del

legale rappresentante pro tempore, con sede in (OMISSIS),

rappresentata e difesa, giusta procura notarile allegata in atti,

dall’Avvocato Prof. Paolo Giudici e dagli Avvocati Eugenio Bissocoli

ed Antonio Rizzo, con i quali elettivamente domicilia presso lo

studio di quest’ultimo in Roma, alla via Toscana n. 10;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza della CORTE DI CASSAZIONE n. 4195/2018,

depositata il 21/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 06/12/2019 dal Consigliere Dott. Eduardo Campese;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. Soldi Anna Maria, che ha concluso per

l’inammissibilità del ricorso, o comunque per il suo rigetto;

uditi, per la società ricorrente, gli Avv.ti M. Confortini e G.

Visconti, che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per la società controricorrente, l’Avv. P. Giudici, che ha

chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Progetto Grano s.p.a. ricorre per revocazione ex art. 391-bis c.p.c. e art. 395 c.p.c., n. 4, nei confronti della sola Conagra Limited, che resiste con controricorso, avverso l’ordinanza n. 4195 del 2018 con cui questa Corte ha deciso le impugnazioni, principali ed incidentali, promosse contro la sentenza n. 3510/2011 e la successiva ordinanza del 25 luglio 2012, entrambe rese dalla Corte d’appello di Napoli.

1.1. In particolare: i) la detta sentenza aveva respinto il gravame di Progetto Grano s.p.a., assuntore del concordato fallimentare della (OMISSIS) s.p.a., avverso la decisione reiettiva della domanda di revocatoria L. Fall., ex art. 67, comma 2, dei pagamenti ricevuti dalla Conagra Limited nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento della ridetta (OMISSIS) s.p.a., originariamente intrapresa dal suo curatore fallimentare e poi proseguita dall’assuntore. Contro tale pronuncia della corte partenopea avevano proposto distinti ricorsi per cassazione, iscritti al medesimo numero di registro generale (6102 del 2012), Progetto Grano s.p.a., che si era affidata a dieci mezzi, e Conagra Limited, con tre motivi, cui avevano resistito, con controricorso, Intesa San Paolo s.p.a., Banco di Napoli s.p.a. e Banca Ubae s.p.a., che avevano proposto anche ricorso incidentale, nonchè Unicredit s.p.a., già Unicredito Italiano s.p.a., anche quale incorporante della Unicredit Banca di Roma s.p.a.; ii) la successiva ordinanza della stessa corte del 25 luglio 2012, resa su ricorso di Intesa San Paolo s.p.a. e Banco di Napoli s.p.a., aveva disposto la correzione del dispositivo della menzionata sentenza n. 3510/2011 circa le spese, e, contro tale correzione, la Conagra Limited aveva promosso altro ricorso per cassazione (n. r.g. 26223 del 2012) fondato su quattro motivi, cui avevano resistito, con controricorso, Progetto Grano s.p.a., che aveva pure proposto ricorso incidentale, nonchè Intesa San Paolo s.p.a., Banco di Napoli s.p.a. e Unicredit s.p.a..

1.2. Con l’ordinanza n. 4195/2018, oggi impugnata, la Suprema Corte: i) ha rigettato i ricorsi (iscritti al n. 6102/2012 r.g.) di Progetto Grano s.p.a. e di Conagra Limited, nonchè quello incidentale di Banca Ubae s.p.a., dichiarando assorbiti i ricorsi incidentali proposti da Intesa San Paolo s.p.a.

e Banco di Napoli s.p.a.; ha respinto il ricorso principale di Conagra Limited e quello incidentale di Progetto Grano s.p.a., entrambi iscritti al n. 26223/2012.

1.2.1. Per quanto ancora di residuo e specifico interesse in questa sede, i giudici di legittimità hanno dichiarato “inammissibili”, e “comunque infondati”, i primi due motivi del ricorso principale della Progetto Grano s.p.a. iscritto al n. r.g. 6102 del 2012.

1.2.2. Progetto Grano s.p.a. e Conagra Limted hanno, infine, depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Rileva, pregiudizialmente, il Collegio che l’odierno ricorso risulta essere stato notificato esclusivamente alla Conagra Limited, e non anche alle altre parti nei confronti delle quali risulta essere stata pronunciata l’ordinanza oggi impugnata. Non vi è, però, necessità di disporre la integrazione del contraddittorio, rivelandosi quel ricorso, prima facie, inammissibile, ed avendo questa Corte già chiarito che il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice di evitare ed impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perchè non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo, in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato a produrre i suoi effetti. Ne consegue che, in caso di ricorso per revocazione di una sentenza della Corte di cassazione ai sensi art. 391-bis c.p.c. prima facie infondato, appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (cfr. Cass. n. 16141 del 2019. In senso sostanzialmente conforme, vedasi anche Cass. n. 12515 del 2018).

2. Il ricorso della Progetto Grano s.p.a. oggi in esame contiene due motivi.

2.1. Il primo, rubricato “Gli errori di fatto che hanno determinato la declaratoria di inammissibilità di I e II motivo di ricorso”, ricorda, innanzitutto, che la Corte di cassazione, quanto alle prime due doglianze (recanti, rispettivamente, violazione della L. Fall., art. 67, commi 1 e 2, dell’art. 2704 c.c., e dell’art. 12 preleggi, e vizio di motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) sollevate, a suo tempo, dalla medesima società contro la sentenza della Corte di appello di Napoli n. 3510/2011, – volte a censurare tale decisione nella parte in cui aveva confermato la insussistenza della legittimazione passiva della Conagra Limited in ordine all’azione revocatoria fallimentare originariamente promossa dal Fallimento (OMISSIS) s.p.a. e poi proseguita dalla società assuntrice del relativo concordato fallimentare – ritenne di esaminarle congiuntamente valutandole, entrambe, in primo luogo, come inammissibili “…in quanto dalla mera lettura della sentenza impugnata non emerge che la ricorrente abbia mai prospettato, nel corso del giudizio di primo grado, che Conagra Limited pure quale rappresentante del CWB possa essere chiamata a restituire i pagamenti ricevuti dalla fallita, nè emerge che la difesa del fallimento abbia contestato l’opponibilità dei contratti quadro alla curatela, trattandosi quindi di censure nuove, articolate per la prima volta nell’odierno processo con la comparsa conclusionale depositata innanzi al giudice d’appello” (cfr. pag. 8 dell’ordinanza impugnata). Si sostiene, poi (cfr. pag. 26 e ss. del ricorso), che la Suprema Corte “…ha rigettato I e II motivo di ricorso proposti da Progetto Grano s.p.a. supponendo, per errore, l’esistenza delle seguenti circostanze di fatto: 1) che “dalla mera lettura della sentenza impugnata” emergerebbe che “Conagra Limited, pure quale legale rappresentante del CWB, possa essere chiamata a restituire i pagamenti ricevuti dalla fallita”, sia fatto “mai prospettato nel corso del giudizio di primo grado”, bensì articolato, “per la prima volta nell’odierno processo con la comparsa conclusionale depositata innanzi al giudice di appello”…; 2) che, sempre “dalla mera lettura della sentenza impugnata”, emergerebbe “che la difesa del fallimento abbia contestato l’opponibilità dei contratti quadro alla curatela” sia fatto “mai prospettato nel corso del giudizio di primo grado”, bensì articolato “per la prima volta nell’odierno processo con la comparsa conclusionale depositata innanzi al giudice d’appello””. Circostanze, invece, entrambe smentite, de plano, secondo l’odierna ricorrente (cfr., amplius, pag. 26-42 del suo ricorso): a) dagli estratti della sentenza della corte di appello, riguardanti lo svolgimento del giudizio (pag. da 2 a 10) ed il passaggio motivazionale in cui la corte territoriale ha affrontato specificamente il tema della legittimazione passiva di Conagra Limited (pag. da 10 a 14). “In essi, entrambi i fatti non sono benchè minimamente presi in considerazione, enunciati, nè confutati (con ciò determinando la fondatezza, peraltro, del III motivo di ricorso in Cassazione di Progetto Grano, incentrato sul vizio di omessa pronuncia…)… Quindi è fatto smentito documentalmente dalla sentenza della Corte di appello n. 3510/2011 che dalla stessa, come erroneamente sostenuto nella pronuncia oggi impugnata, emergerebbe la tardività di tali deduzioni, argomentazioni eccezioni”; b) “dal contenuto dei plurimi atti del giudizio di primo grado (oltre che d’appello, sin dall’atto di citazione in tale grado…), dove le predette argomentazioni ed eccezioni furono tempestivamente sollevate e trattate dall’esponente”.

2.2. Il secondo motivo, rubricato “L’errore di fatto che ha determinato la declaratoria di infondatezza di I e II motivo di ricorso”, muove dal presupposto che la Corte di cassazione ha argomentato il rigetto di quegli stessi motivi assumendoli “…comunque infondati per la decisiva considerazione che, nel caso di revocatoria fallimentare di atti solutori quali sono pacificamente quelli in esame -, il soggetto chiamato alla restituzione delle somme ricevute, tenuto conto del fine che è proprio della revocatoria fallimentare, cioè di ristabilire la par condicio creditorum, non può essere evidentemente che l’accipiens, inteso come colui che, essendo creditore del fallito, risulta beneficiario diretto dell’atto solutorio, non certo il suo rappresentante che si sia limitato ad incassare il denaro per farlo poi confluire nella piena disponibilità del rappresentato” (cfr. pag. 8 dell’ordinanza impugnata). Si deduce, poi (cfr. pag. 46 e ss. del ricorso), che “l’affermazione che Conagra Limited, anche ove considerato nella pretesa veste di “rappresentante” di CWB, si “sia limitato ad incassare il danaro”, facendolo “confluire nella piena disponibilità del rappresentato… non ha riscontro in alcun atto di parte nè documento del presente giudizio, nè è stato oggetto di accertamento, anche in via meramente incidentale, da parte della pronuncia impugnata della Corte di appello… Peraltro, il fatto erroneo è stato assunto dalla Suprema Corte nei passaggi a seguire, anche per motivare il rigetto di III, IV e V motivo di ricorso (tutti atti a scardinare la pronuncia della Corte di appello nella parte in cui ha negato la legittimazione passiva in causa di Conagra Limited)… Ancora, l’errore di cui si tratta è stato posto a fondamento della declaratoria di “manifesta inammissibilità per difetto di interesse” motivo di ricorso proposto da Progetto Grano s.p.a….”.

3. Orbene, giova premettere che, come ancora recentemente ribadito da questa Corte (cfr. Cass. n. 16138 del 2019; Cass. n. 27570 del 2018; Cass. n. 442 del 2018), l’istanza di revocazione di una decisione della Corte di cassazione, proponibile ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c., implica, ai fini della sua ammissibilità, un errore di fatto riconducibile all’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4, e consistente in un errore di percezione, o in una mera svista materiale, che abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza (o l’inesistenza) di un fatto decisivo, che risulti, invece, in modo incontestabile, escluso (o accertato) in base agli atti ed ai documenti di causa, sempre che tale fatto non abbia costituito oggetto di un punto controverso su cui il giudice si sia pronunciato. L’errore in questione presuppone, quindi, il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, delle quali una emerge dalla sentenza, l’altra dagli atti e documenti processuali (cfr. Cass., SU, n. 31032 del 2019), semprechè la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di giudizio (cfr., ex plurimis, Cass. n. 13915 del 2005; Cass. n. 2425 del 2006; Cass. n. 22171 del 2010; Cass., SU, n. 9882 del 2001; Cass., SU, n. 23856 del 2008; Cass., SU, n. 4413 del 2016; Cass. n. 16138 del 2019), dovendosi considerare che il vizio revocatorio non ricorre quando la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione (cfr. Cass. n. 20635 del 2017, menzionata, in motivazione, anche dalla più recente Cass. n. 16138 del 2019). Un siffatto errore, poi, deve essere essenziale e decisivo (cfr. Cass. n. 11200 del 2018, in motivazione; Cass. n. 25871 del 2017; Cass. 24334 del 2014), nel senso che tra la percezione asseritamente erronea da parte del giudice e la statuizione da lui emessa deve esistere un nesso causale tale che, senza l’errore, la pronuncia sarebbe stata diversa (cfr., tra le ultime, Cass. n. 16138 del 2019; Cass. n. 14656 del 2017), oltre a rivestire i caratteri dell’assoluta evidenza e della rilevabilità sulla scorta del mero raffronto tra la decisione impugnata e gli atti o documenti del giudizio, senza che si debba, perciò, ricorrere all’utilizzazione di argomentazioni induttive o a particolari indagini che impongano una ricostruzione interpretativa degli atti medesimi.

4. Fermi, dunque, i principi tutti finora esposti, ad avviso di questo Collegio non è configurabile, nell’ordinanza oggi impugnata, innanzitutto, l’asserito errore di fatto, ex art. 391-bis c.p.c. e art. 395 c.p.c., n. 4, come denunciato con il già descritto primo motivo di ricorso.

4.1. Assume, invero, la Progetto Grano s.p.a. che le circostanze secondo cui “Conagra Limited pure quale rappresentante del CWB possa essere chiamata a restituire i pagamenti ricevuti dalla fallita” e che “la difesa del fallimento abbia contestato l’opponibilità dei contratti quadro alla curatela” sarebbero state tempestivamente prospettate già nel giudizio di primo grado, con conseguente erroneità delle affermazioni contenute nell’ordinanza suddetta, secondo cui, invece, tanto sarebbe avvenuto solo nella comparsa conclusionale d’appello.

4.2. In realtà, proprio la mera lettura dei brani, estratti dai precedenti atti processuali, richiamati e riprodotti dalla menzionata società nel suo ricorso rende evidente come tali predette circostanze/eccezioni non siano state tempestivamente prospettate nel giudizio di primo grado, nè in appello con atti diversi da quelli indicati dall’ordinanza di legittimità oggi in discussione, tenendosi conto, in proposito, ed a tacer d’altro, che: i) quanto alla prospettazione che “Conagra Limited… possa essere chiamata a restituire i pagamenti ricevuti dalla fallita” ed al riferimento al passo della comparsa conclusionale di primo grado di Progetto Grano s.p.a. (“l’oggetto dell’azione promossa dal Fallimento (OMISSIS) riguarda la revoca di pagamenti che, è incontestato, sono stati effettuati a favore di Conagra che è quindi tenuta alla loro restituzione… Legittimato passivo nell’azione revocatoria è, comunque, chi ha percepito il pagamento richiesto a suo nome senza spendere quello del mandante che, nel caso di specie, non risulta nemmeno se e quando abbia percepito le somme pretese ed incassate da Conagra”) successivamente riportato (cfr., amplius, pag. 42 dell’odierno ricorso), è del tutto evidente che, come condivisibilmente osservato da Conagra Limited nel suo controricorso (cfr. pag. 14-15), trattasi di assunti assolutamente generici, decontestualizzati e privi di qualsivoglia riferimento al fatto che Conagra fosse stata richiesta di restituire le somme percepite pure nella sua qualità di mandatario con rappresentanza di CWB. Anzi, il riferimento espresso alla qualifica di Conagra quale “mandatario che agisce in proprio” (senza, cioè, spendere il nome del mandante) contraddice l’odierna tesi di Progetto Grano s.p.a. secondo cui, già in primo grado, sarebbe stata richiesta la restituzione delle somme a Conagra anche nella propria qualità di “mandatario con rappresentanza” del CWB; ii) l’ulteriore brano estratto dalla comparsa conclusionale di primo grado del fallimento (“l’eventuale accoglimento dell’azione revocatoria non comporta la dichiarazione di nullità o l’annullamento del negozio traslativo o di garanzia pregiudizievole, ma semplicemente, la sua inopponibilità in appello”), in cui si fa riferimento alla presunta “inopponibilità alla massa” dei contratti quadro (cfr. pag. 43 dell’odierno ricorso), mostra chiaramente che la “inopponibilità” di tali contratti lì menzionata non derivava da un’eccezione di mancanza di “data certa” ex art. 2704 c.c., ivi discutendosi solo dell’inopponibilità alla massa dei medesimi contratti in caso di eventuale accoglimento della domanda di revocatoria (da ciò emergendo che l’eccezione di mancanza di data certa di tali contratti non era stata sollevata nel corso del giudizio di primo grado); iii) considerazioni del tutto analoghe valgono per l’ulteriore brano dell’atto introduttivo di appello di Progetto Grano s.p.a., come oggi riprodotto alle pag. 43-44 del suo ricorso, che fa riferimento ai medesimi rilievi di cui si è appena detto sub i) e ii).

4.2.1. Le odierne argomentazioni della ricorrente sul punto denotano, in realtà, ad avviso di questo Collegio, come le stesse siano inammissibilmente volte ad ottenere un nuovo giudizio su circostanze risultate essere già state oggetto di valutazione della corte di merito (a ciò esclusivamente competente) ovvero solo tardivamente prospettate innanzi ad essa, il cui esito l’ordinanza oggi impugnata ha considerato inadeguatamente censurato con i motivi primo e secondo, all’epoca formulati innanzi ad essa.

5. Inconfigurabile, poi, è anche l’asserito ulteriore errore di fatto, ex art. 391-bis c.p.c. e art. 395 c.p.c., n. 4, come denunciato con il già descritto secondo motivo di ricorso. Ciò anche a volersi sottacere che l’ordinanza di questa Corte n. 4195 del 2018, al fine di disattendere i primi due motivi del ricorso ivi proposto da Progetto Grano s.p.a., ha utilizzato due argomentazioni, ritenendo le censure dagli stessi veicolate, come si è già detto, all’esito del loro esame congiunto, “inammissibili” e “comunque infondate”, e che il mancato accoglimento del primo motivo dell’odierno ricorso ha determinato la definitività di detta declaratoria di inammissibilità di quei motivi, sicchè, il secondo errore di fatto oggi prospettato da Progetto Grano s.p.a., quand’anche, in thesi, configurabile, in ogni caso investirebbe un fatto (processuale) assolutamente non decisivo perchè la contestazione ad esso sottesa (la pretesa affermazione della legittimazione passiva di Conagra Limited relativamente all’azione revocatoria fallimentare originariamente intrapresa, ai danni di quest’ultima, dal Fallimento (OMISSIS) s.p.a e poi proseguita dalla odierna ricorrente nella qualità di assuntore del corrispondente concordato fallimentare) non potrebbe comunque superare la definitività acquisita dalla contraria affermazione (sul medesimo punto) del giudice di merito per effetto della declaratoria di inammissibilità dei primi due motivi del ricorso della Progetto Grano s.p.a. avverso la decisione della Corte di appello di Napoli n. 3510/2011 contenuta nell’ordinanza di questa Corte n. 4195 del 2018, rivelatasi scevra, in relazione a questo aspetto, dal vizio oggi contestatole dalla medesima società con il primo motivo.

5.1.1. In particolare, l’assunto dell’ordinanza oggi impugnata secondo cui i primi due motivi del ricorso ivi proposto dalla Progetto Grano s.p.a. sono “…comunque infondati per la decisiva considerazione che, nel caso di revocatoria fallimentare di atti solutori – quali sono pacificamente quelli in esame -, il soggetto chiamato alla restituzione delle somme ricevute, tenuto conto del fine che è proprio della revocatoria fallimentare, cioè di ristabilire la par condicio creditorum, non può essere evidentemente che l’accipiens, inteso come colui che, essendo creditore del fallito, risulta beneficiario diretto dell’atto solutorio, non certo il suo rappresentante che si sia limitato ad incassare il denaro per farlo poi confluire nella piena disponibilità del rappresentato” (cfr. pag. 8 dell’ordinanza impugnata), lascia chiaramente intendere che, in quella occasione, la Suprema Corte ha soltanto opinato nel senso che, in linea generale, in materia di revocatoria fallimentare di atti solutori, obbligato alla restituzione delle somme ricevute, tenuto conto del descritto fine proprio di detta azione, è l’accipiens, inteso come colui che, essendo creditore del fallito, risulta beneficiario diretto dell’atto solutorio, non certo il suo rappresentante che si sia limitato ad incassare il denaro per farlo poi confluire nella piena disponibilità del rappresentato (la condivisibilità, o non, di questa affermazione di quel Collegio esula, ovviamente, dall’ipotesi di errore di fatto revocatorio di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4).

5.1.2. La medesima Corte, dunque, non ha attribuito alcuna importanza al tema dell’avvenuta, o meno, retrocessione dei pagamenti da Conagra a CWB, oggetto del preteso motivo di revocazione in esame ed erroneamente ritenuto decisivo, – evidentemente per non essere stata chiaramente colta la effettiva ratio decidendi dell’ordinanza de qua – per dichiarare infondate le censure contenute nel ricorso per cassazione di Progetto Grano: tale fatto, invero, avrebbe potuto eventualmente rilevare nella decisione della domanda ove la stessa fosse stata introdotta contro il soggetto passivo correttamente individuato. In altri termini, la retrocessione delle somme da Conagra a CWB è inevitabilmente stata parte di una valutazione di diverse questioni di diritto ed elementi probatori che i giudici di merito, nella discrezionalità propria dell’esercizio della loro funzione, hanno valutato e posto alla base della loro decisione di accogliere l’eccezione preliminare della carenza di legittimazione passiva di Conagra (rectius: difetto, in capo a quest’ultima, di titolarità passiva del rapporto dedotto). Pertanto, anche questo presunto errore invocato dalla odierna ricorrente non è tale (meno che mai è un errore di fatto), ma il risultato dell’insindacabile apprezzamento che i giudici di merito hanno effettuato degli elementi giuridici e probatori della causa, elementi che, in un’ultima analisi, sono stati tutti sussunti in una valutazione giuridica non ritenuta meritevole di censure da parte della ordinanza oggi impugnata.

6. Il presente ricorso va, in definitiva, dichiarato inammissibile, restando le spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, regolate dal principio di soccombenza, e dandosi atto, altresì, in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017), e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 23535 del 2019 – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, e condanna la Progetto Grano s.p.a. al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore della costituita parte controricorrente, in Euro 20.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della medesima ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Prima civile della Corte Suprema di cassazione, il 6 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2020

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