Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4343 del 23/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 23/02/2011, (ud. 16/11/2010, dep. 23/02/2011), n.4343

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.P.O.S.T. S.P.A. – ISTITUTO POSTELEGRAFONICI – GESTIONE

COMMISSARIALE FONDO BUONUSCITA POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA PASUBIO 15, presso lo studio dell’avvocato BUZZELLI DARIO, che la

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

D.N.;

– intimato –

sul ricorso 21978-2007 proposto da:

D.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TACITO 23,

presso lo studio dell’avvocato DI BACCO LORENZO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

I.P.O.S.T. S.P.A. – ISTITUTO POSTELEGRAFONICI – GESTIONE

COMMISSARIALE FONDO BUONUSCITA POSTE ITALIANE S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 489/2007 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 16/04/2007 R.G.N. 428/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/11/2010 dal Consigliere Dott. ANTONIO LAMORGESE;

udito l’Avvocato BUZZELLI DARIO;

udito l’Avvocato DI BACCO LORENZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale ed estinzione per rinuncia per l’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Torino, con sentenza depositata il 16 aprile 2007, ha confermato la decisione di primo grado che aveva condannato l’IPOST – Gestione Commissariale Fondo Buonuscita lavoratori Poste Italiane – al ricalcolo dell’indennità di buonuscita corrisposta a D.N., da computarsi al 28 febbraio 1998 in base al trattamento retributivo in godimento alla (successiva) data di cessazione del rapporto di lavoro, e al pagamento delle conseguenti differenze, determinate in Euro 13.701,30, oltre accessori e spese del grado.

La Corte ha ritenuto di condividere, perchè conforme al tenore letterale delle: disposizioni legislative in materia e rispondente a criteri di equità, il principio secondo cui l’indennità di buonuscita del dipendente postale va liquidata sulla base del trattamento economico finale percepito dal lavoratore alla data del collocamento in pensione.

Avverso questa decisione l’IPOST ricorre per cassazione con un motivo.

L’intimato resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato con un motivo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, i due ricorsi, principale e incidentale, devono essere riuniti, in quanto contro la stessa sentenza (art. 335 cod. proc. civ.).

Con l’unico motivo di ricorso, l’IPOST denuncia violazione e falsa applicazione della L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 53, comma 6, e del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, art. 3 e premessa una sintetica ricognizione degli interventi legislativi che avevano interessato l’Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni a far tempo dal 1993, sostiene che il testo della prima norma denunciata impone di ritenere che la buonuscita del dipendente postale, da calcolarsi alla data di trasformazione dell’Ente Poste Italiane in società per azioni (28 febbraio 1998), deve avere come base di computo il trattamento retributivo in godimento a tale data e non quello finale percepito al momento della cessazione del rapporto di lavoro.

Al termine del motivo è stato enunciato il quesito di diritto. Il motivo è manifestamente fondato alla stregua della recente sentenza di questa Corte 26 novembre 2008 n. 28281, nella quale, sulla scorta anche dei principi enunciati dalla Corte costituzionale nella pronuncia n. 366 del 2006, il cui contenuto è stato confermato dalla successiva ordinanza n. 444 del 2007, è stato esaminato ogni aspetto della questione, pervenendosi alla conclusione che la data alla quale occorre fare riferimento per il calcolo della buonuscita è quella del 28 febbraio 1998, momento a partire dal quale il dipendente postale matura non più detta indennità ma il trattamento di fine rapporto. In particolare, è stato ritenuto del tutto improponibile il confronto con la normativa che ha disciplinato il passaggio dei dipendenti del disciolto ONMI agli enti locali, trattandosi di situazioni non comparabili. Infatti, mentre a questi ultimi va liquidato un complessivo trattamento di fine servizio di carattere previdenziale, in relazione all’intera durata dell’unico rapporto e in base all’ultima retribuzione percepita presso l’ente di destinazione, con applicazione dei distinti elementi di calcolo previsti, riguardo ai due periodi di lavoro presso l’ONMI e presso gli enti locali, dai rispettivi ordinamenti, per i quali rileva sempre l’ultima retribuzione (Cass., sez. un,, 25 novembre 1993 n. 11647 e 8 agosto 1995 n. 8682), ai dipendenti postali spetta il trattamento di fine rapporto, avente natura retributiva, di cui l’importo della buonuscita costituisce soltanto una componente.

L’irrilevanza degli incrementi retributivi successivi al 28 febbraio 1998 deriva anche dal fatto che da tale data non sono più dovuti contributi dal datore di lavoro (art. 53, comma 6, cit.), mentre quelli a carico dei lavoratori, dovuti fino al 31 dicembre 2002 (L. 23 dicembre 2000 n. 388, art. 68, comma 4), non sono più correlati all’ammontare della indennità (Corte cost. n. 259 del 2002). Per quanto riguarda la perdita del potere di acquisto, la Corte costituzionale ha rilevato, a chiusura della sentenza n. 366 del 2006, che la violazione dell’art. 36 Cost. non deriva automaticamente dalla mancata previsione di un meccanismo di adeguamento di una componente del trattamento retributivo complessivo, allorchè la svalutazione monetaria abbia avuto un andamento normale, come accaduto negli anni successivi alla trasformazione dell’Ente Poste in s.p.a. Alle medesime conclusioni è pervenuta la ancor più recente sentenza di questa Corte 6 agosto 2009 n. 17987.

Passando all’esame del ricorso incidentale, con l’unico motivo la parte privata deduce che, qualora non sia possibile il calcolo della buonuscita maturata alla data del 28 febbraio 1998 con il computo del trattamento retributivo in atto al momento del (successivo) pensionamento, debbano essere riconosciuti interessi e rivalutazione monetaria dal 28 febbraio 1998 alla data della effettiva erogazione del trattamento, con la condanna dell’IPOST al pagamento della differenza tra l’indennità di buonuscita come innanzi determinata e quella già percepita, oltre accessori; o, in subordine, la rivalutazione dell’indennità di buonuscita di cui alla citata L. n. 449 del 1997, art. 53, comma 6, ai sensi dell’art. 2120 cod. civ. a far tempo dal 28 febbraio 1998 fino al 31 luglio 2002, data del collocamento in pensione.

Il motivo è manifestamente infondato. Infatti, la prima soluzione presupporrebbe un ritardo nel pagamento del trattamento di fine rapporto, ipotesi da escludere, in quanto esso, con la componente della buonuscita, diviene esigibile solo al momento del collocamento a riposo. Quanto alla seconda, soluzione, la risposta negativa viene dalla impossibilità di applicare analogicamente la disposizione della L. 29 maggio 1982 n. 297, art. 1, ad una norma – l’art. 53, comma 6, citato – che non presenta lacune di alcun genere. Ma, a ben vedere, sono la citata sentenza costituzionale n. 366 del 2006 e la successiva ordinanza n. 444 del 2007 – la quale ultima ha esaminato la questione di legittimità costituzionale, del menzionato art. 53, nella parte in cui non prevede che l’indennità di buonuscita dei dipendenti postali, maturata al 28 febbraio 1998 e calcolata sulla base della retribuzione in quel momento percepita, debba essere annualmente rivalutata secondo i criteri dell’art. 2120 cod. civ., come modificato dalla L. n. 297 del 1982 – ad escludere che possa farsi applicazione d’uno dei meccanismi di rivalutazione prospettati nel ricorso incidentale, in quanto la Corte costituzionale ha giudicato la suddetta norma, di cui non ha ipotizzato interpretazioni alternative, non in contrasto con i parametri costituzionali degli artt. 3, 36 e 38 Cost., sebbene non preveda alcuna forma di indicizzazione o di adeguamento monetario nel tempo dell’importo in questione, calcolato alla data del 28 febbraio 1998 in base alla retribuzione in atto a quel momento.

In conclusione, va accolto il ricorso principale, e rigettato il ricorso incidentale.

Cassata la sentenza impugnata, la causa, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, può essere decisa nel merito, con il rigetto della domanda avente ad oggetto il ricalcolo dell’indennità di buonuscita.

Quanto alle spese processuali, quelle dei giudizi di merito possono essere interamente compensate fra le parti, ricorrendo giusti motivi in considerazione della novità della questione all’epoca in cui fu instaurata la controversia, e del consolidamento della giurisprudenza di legittimità nei termini di cui innanzi solo di recente.

Quelle del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il ricorso principale e rigetta quello incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e, decidendo nel merito, rigetta la domanda del lavoratore; compensa fra le parti le spese dei giudizi di merito e condanna il D. al pagamento, in favore dell’IPOST, delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 17,00 per esborsi e in Euro 1.000,00 (mille/00) per onorari, oltre a spese generali, i.v.a.

e c.p.a..

Così deciso in Roma, il 16 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2011

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