Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4343 del 20/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 20/02/2017, (ud. 24/01/2017, dep.20/02/2017),  n. 4343

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5718-2016 proposto da:

COMUNE DI CARLOFORTE, CF. e P.I. (OMISSIS), in persona del Sindaco

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

ALESSANDRO DERIU;

– ricorrente –

contro

ASSOCIAZIONE TURISTICA PRO LOCO CALOFORTE, (OMISSIS), in persona del

Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

MASSIMI 154, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI CONTU,

rappresentata e difesa dall’avvocato MATILDE MURA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 581/2015 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 07/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. CHIARA

GRAZIOSI.

Fatto

OSSERVA

quanto segue.

Ricorrente è il Comune di Carloforte; l’intimata Associazione Turistica Pro Loco Carloforte si difende con controricorso. Il suddetto Comune ha impugnato sentenza della Corte d’appello di Cagliari del 18 settembre-7 ottobre 2015, che ha accolto l’appello della Associazione Turistica avverso sentenza n. 2682/2011 del Tribunale di Cagliari, rigettando conseguentemente la domanda del Comune di risoluzione, per inadempimento della conduttrice Associazione Turistica, di un contratto di locazione ad uso non abitativo stipulato tra il Comune quale locatore e la suddetta Associazione Turistica quale conduttrice in data 3 marzo 2012, avente ad oggetto un immobile comunale.

L’impugnazione, che si articola in due motivi, può essere trattata in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c..

Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del’art. 1362 c.c. per avere il giudice d’appello violato il principio in claris non fit interpretatio ritenendo ambigua la norma contrattuale riguardante le modalità temporali di pagamento del canone. Il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 1368 c.c. perchè il giudice d’appello, dopo aver qualificato ambigua tale norma contrattuale, non le avrebbe dato corretta interpretazione. Entrambi i motivi in realtà sono fattuali, in quanto perseguono inammissibilmente dal giudice di legittimità un’alternativa identificazione della volontà negoziale manifestata dalle parti nella clausola contrattuale di cui si tratta.

Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la presente motivazione semplificata. La difformità delle soluzioni interpretative adottate dai giudici di merito giustifica la compensazione delle spese processuali. Si dà atto che sussistono D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ex art. 13, comma 1 quater i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis cit. art..

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso, compensando le spese processuali.

Si dà atto che sussistono D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis cit. art..

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2017

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