Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4343 del 10/02/2022

Cassazione civile sez. I, 10/02/2022, (ud. 02/12/2021, dep. 10/02/2022), n.4343

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 26365/2017 R.G. proposto da:

Immobilcasa Gi & Gi S.r.l., in persona del legale rappresentante

pro tempore, e N.G. in proprio, domiciliati in Roma,

Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di

Cassazione, rappresentati e difesi dall’Avvocato Fabio Luzi, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Fallimento (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, in persona dei curatori

Dott.ri F.A., e M.G., elettivamente

domiciliato in Roma, Via Tacito n. 90, presso lo studio

dell’Avvocato Alessandra Piana, rappresentato e difeso dall’Avvocato

Luca Troiani, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto del Tribunale di Ascoli Piceno depositato il

28/9/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

2/12/2021 dal Cons. Dott. Alberto Pazzi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Il Giudice delegato al fallimento di (OMISSIS) s.r.l. non ammetteva al passivo della procedura il credito vantato da Immobilcasa Gi&Gi s.r.l., in persona del legale rappresentante N.G., e dallo stesso N. in proprio poiché gli atti e la documentazione prodotta in uno con la domanda di insinuazione non erano riferibili alla persona di N.G. ma alla società Immobilcasa Gi&Gi s.r.l., di cui però il N. non era il legale rappresentante.

2. Il Tribunale di Ascoli Piceno, a seguito dell’opposizione proposta da Immobilcasa Gi&Gi s.r.l. e N.G., rilevava innanzitutto l’inammissibilità dell’opposizione proposta dalla società per difetto di rappresentanza dell’ente, che aveva dichiarato di costituirsi in giudizio a mezzo del legale rappresentante N.G. benché questi non rivestisse tale ruolo.

Quanto alla posizione del N. in proprio il Tribunale, una volta ritenuta non fondata la domanda di simulazione proposta dall’opponente, oggetto di diverso e separato giudizio (ove era stato dedotto che l’atto costitutivo di Immobilcasa Gi&Gi s.r.l. era affetto da simulazione relativa con riguardo tanto alla sottoscrizione delle quote sociali, quanto ai poteri di gestione e rappresentanza dell’ente) ma esaminabile incidenter tantum in sede di opposizione, rilevava che non vi era alcuna prova che le somme riportate in bonifici, assegni e cambiali allegati dall’opponente fossero effettivamente riferibili alle causali di cui all’atto di opposizione e dovessero essere restituite a titolo contrattuale o per arricchimento senza causa.

Infatti, gran parte dei titoli indicavano quali creditori soggetti diversi dalla compagine fallita; non erano neppure presenti girate in favore di (OMISSIS) s.r.l. ad opera del N. (ma in alcuni casi di Immobilcasa Gi&Gi s.r.l.) e nessuno dei titoli conteneva alcun riferimento alla causale dei pagamenti stessi.

3. Per la cassazione di tale decreto, pubblicato in data 28 settembre 2017, hanno proposto ricorso Immobilcasa Gi&Gi s.r.l., in persona del legale rappresentante N.G., e N.G. prospettando due motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso il fallimento di (OMISSIS) s.r.l.. Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c., per mancato accoglimento della richiesta di sospensione del giudizio, e dell’art. 1414 c.c.: il Tribunale – in tesi di parte ricorrente – ha erroneamente rigettato la richiesta di sospensione del procedimento di opposizione allo stato passivo in pendenza di un giudizio volto all’accertamento della simulazione relativa dell’atto costitutivo della società Immobilcasa Gi&Gi s.r.l. promosso nei confronti di Z.D., giudizio ove era stato richiesto di accertare che la sottoscrizione delle quote, avvenuta formalmente al 95% ad opera di Z. e al 5% da parte di N., in realtà era stata voluta dalle parti in proporzioni opposte, così come risultava dalla controdichiarazione contestualmente redatta, e che il reale ed effettivo legale rappresentante ed amministratore unico doveva essere individuato, secondo la reale volontà dei soci, nel N. piuttosto che nello Z..

Questa statuizione non ha tenuto conto del rapporto di pregiudizialità esistente fra le due differenti liti, di cui non era possibile la riunione, e del rischio di un conflitto di giudicati che la sospensione della causa pregiudicata avrebbe evitato.

Peraltro, quand’anche si volesse ammettere che il Tribunale poteva esaminare la questione incidenter tantum, il suo vaglio – prosegue il ricorrente – sarebbe dovuto avvenire applicando la disciplina della simulazione, a prescindere dai principi e dalle prescrizioni dettate in materia fallimentare; la controdichiarazione prodotta – che, seppur priva di data certa, era opponibile allo Z. in sede ordinaria doveva perciò essere esaminata, così come doveva essere ammessa la prova testimoniale volta a dimostrare che il documento era coevo all’atto costitutivo di Immobilcasa Gi&Gi s.r.l..

5. Il motivo non è fondato.

E’ incontroversa fra le parti la pendenza avanti al Tribunale di Ascoli Piceno, in contemporanea con il giudizio di opposizione, di una differente lite avente ad oggetto l’accertamento di una simulazione relativa nell’intestazione delle quote.

Il giudizio pendente interessava, però, i soci N.G. e Z.D., che erano soggetti differenti dalle parti coinvolte nel procedimento di opposizione a stato passivo.

Ne discende l’infondatezza della censura, dato che l’art. 295 c.p.c., nel prevedere la sospensione necessaria del giudizio civile quando la decisione “dipenda” dalla definizione di altra causa, allude a un vincolo di stretta ed effettiva consequenzialità fra due emanande statuizioni e quindi, coerentemente con l’obiettivo di evitare un conflitto di giudicati, non ad un mero collegamento fra diverse statuizioni per l’esistenza di una coincidenza o analogia di riscontri fattuali o di quesiti di diritto da risolvere per la loro adozione, ma ad un collegamento per cui l’altro giudizio, oltre ad investire una questione di carattere pregiudiziale, cioè un indispensabile antecedente logico-giuridico la soluzione del quale pregiudichi in tutto o in parte l’esito della causa da sospendere, dev’essere pendente in concreto e coinvolgere le stesse parti (Cass. 17235/2014).

Non è quindi configurabile un rapporto di pregiudizialità necessaria tra cause pendenti fra soggetti diversi, seppur legate fra loro da pregiudizialità logica, giacché la parte rimasta estranea ad uno di essi può sempre eccepire l’inopponibilità, nei propri confronti, della relativa decisione (Cass. 12996/2018, Cass. 20072/2017).

Ne’ sarebbe possibile sostenere, volendo dar seguito a qualche voce dottrinale, che fosse possibile procedere alla sospensione in ragione del fatto che la sentenza emananda (e poi effettivamente emanata e divenuta definitiva) nella causa pregiudiziale fosse destinata a fare stato anche nella causa dipendente nei confronti di chi non aveva partecipato al processo pregiudiziale, dato che ai sensi dell’art. 2193 c.c., i fatti dei quali la legge prescrive l’iscrizione (come la costituzione della società a responsabilità limitata, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2463 e 2330 c.c.), se non sono iscritti nel registro delle imprese, non possono essere opposti ai terzi (qual è il fallimento) da chi è obbligato a richiederne l’iscrizione, a meno che questi non provi che i terzi ne abbiano avuto conoscenza. D’altra parte, una volta appurata la legittimità del diniego della sospensione richiesta, non rimane che constatare come l’accertamento incidentale sollecitato dall’opponente non potesse che avvenire secondo le regole del rito e tenendo conto della natura concorsuale della controparte processuale, da cui discendeva che soltanto l’accertamento della data certa anteriore al fallimento della controdichiarazione, ai sensi dell’art. 2704 c.c., avrebbe consentito di rendere opponibile alla massa dei creditori il contenuto del documento, la cui rilevanza probatoria in ogni caso doveva soggiacere ai limiti derivanti dalla già ricordata preclusione posta dall’art. 2193 c.c..

6. Il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2033 e 2041 c.c., perché il Tribunale, dopo aver escluso che le somme riportate nella documentazione prodotta dovessero essere restituite a titolo contrattuale, doveva quanto meno constatare che i pagamenti del N. erano stati effettuati senza titolo, con il conseguente indebito arricchimento della società fallita.

7. Il motivo si fonda su un presupposto, costituito dal fatto che il N. avesse effettuato pagamenti in favore della società fallita, che non corrisponde affatto al contenuto degli accertamenti svolti dal collegio di merito.

Il provvedimento impugnato spiega a chiare lettere che gran parte di bonifici, assegni e cambiali prodotti dall’opponente indicavano quali creditori soggetti diversi da (OMISSIS) s.r.l., né risultavano girate in suo favore; in altri casi, invece, i titoli erano stati girati a (OMISSIS) s.r.l. da Immobilcasa s.r.l..

Dalla congerie istruttoria non emergeva perciò, a giudizio del collegio di merito, la dimostrazione di alcun pagamento diretto fatto da N.G. in favore della compagine fallita, ma solo la girata di alcuni titoli da parte di Immobilcasa s.r.l. nei confronti di (OMISSIS) s.r.l. (sicché neppure questi ultimi pagamenti erano imputabili al N., in virtù del principio di autonomia del diritto cartolare).

In ogni caso nessuno degli strumenti di pagamento prodotti conteneva, secondo i giudici di merito, alcun riferimento alla causale dei pagamenti stessi ed era quindi riferibile alle ragioni di credito descritte nell’atto di opposizione (ove era stata chiesta, fra l’altro, la restituzione di somme versate a titolo di prezzo di immobili promessi in vendita per i quali la (OMISSIS) si era rifiutata di stipulare il contratto definitivo).

La censura in esame non si confronta in alcun modo con il contenuto dell’accertamento compiuto dal giudice di merito e con gli argomenti offerti all’interno della statuizione impugnata.

Ne discende l’inammissibilità, nel suo complesso, della doglianza in esame.

In vero, il ricorso per cassazione deve necessariamente fondarsi su motivi con carattere di specificità e riferibilità alla decisione impugnata (Cass. 6587/2017, Cass. 13066/2007); sicché la proposizione di censure prive di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), con la conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio (Cass. 20910/2017, Cass. 13735/2020).

Il mezzo, peraltro, deduce apparentemente una violazione di norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. 8758/2017).

Ne’ appare conferente il riferimento al mancato disconoscimento dell’avvenuto versamento di tali somme in favore di (OMISSIS) s.r.l. da parte della curatela, non solo perché quest’ultima non era chiamata a contestare circostanze che non rientravano nel suo patrimonio di conoscenza, ma anche perché il motivo di ricorso per cassazione con il quale si intenda denunciare l’omessa considerazione, nella decisione impugnata, della prova derivante dall’assenza di contestazioni della controparte su una determinata circostanza deve indicare specificamente il contenuto dell’atto avversario, evidenziando in modo puntuale la genericità o l’eventuale totale assenza di contestazioni sul punto (Cass. 12840/2017).

8. In virtù delle ragioni sopra illustrate il ricorso deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 10.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2022

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