Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4341 del 24/02/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 4341 Anno 2014
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: BUFFA FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 7943-2012 proposto da:
C.M.C. CANTIERI MERIDIONALI CASTELLAMARE S.P.A. C.F.
04476140639, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
GRACCHI, 151, presso lo studio dell’avvocato AUCIELLO
LINDA, rappresentata e difesa dall’avvocato FESTINO
2014

ANTONIO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

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contro

BARRETTA CATELLO C.F. BRRCLL51R10C129N, elettivamente
domiciliato in ROMA, Via ROMEO ROMEI 23, presso lo

Data pubblicazione: 24/02/2014

studio dell’avvocato INZERILLO ANTONIO, rappresentato
e difeso dall’avvocato MARICONDA ANDREA, giusta delega
in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 4730/2011 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/01/2014 dal Consigliere Dott. FRANCESCO
BUFFA;
udito l’Avvocato FESTINO ANTONIO;
udito l’Avvocato MARICONDA ANDREA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

di NAPOLI, depositata il 14/10/2011 R.G.N. 11287/2010;

1. Con sentenza del 30.5.2002, la Corte di appello di Napoli,
confermando la sentenza del 29.3.2000 del Tribunale di Torre
Annunziata, rigettava, per intervenuta decadenza ex art. 6 della legge
n. 604/1966, la domanda proposta da Barretta Catello per far
accertare l’illegittimità del licenziamento intimatogli il 30.11.1994 dalla
CMC Cantieri Meridionali Castellammare spa.
2. La sentenza veniva cassata dalla S.C. con sentenza n. 22517/2004, con
rinvio alla Corte di appello di Salerno.
3. Con sentenza del 8.9.2006, la Corte di appello di Salerno, in
applicazione del principio di diritto posto dalla S.C., dichiarava
tempestivamente impugnato il licenziamento, ma rigettava, nel merito,
la domanda, ritenendo che il licenziamento impugnato dovesse
qualificarsi come collettivo, e non individuale, e che il lavoratore non
avesse indicato gli specifici vizi dello stesso in relazione ai requisiti
stabiliti dalla disciplina dettata dalla legge n. 223/1991.
4. Anche tale pronuncia veniva cassata dalla S.C. con sentenza n.
2735/2010: in particolare, la Corte -rammentato che l’interpretazione
della domanda giudiziale costituisce attività riservata al giudice di
merito, il cui giudizio, risolvendosi in un accertamento di fatto, non è
censurabile in sede di legittimità solo allorché risulti motivato in
maniera congrua ed adeguata rispetto all’intero contesto dell’atto e al
suo senso letterale, tenendo conto, in tale operazione, della
formulazione testuale della domanda, ed in pari modo del contenuto
sostanziale della pretesa in relazione alle finalità che la parte intende
perseguire, senza che risultino condizionanti le formule, al riguardo,
adottate- affermava che nella fattispecie la corte di merito non aveva
adeguatamente interpretato le istanze delle parti, valutandone
contenuto e portata alla luce delle richieste formulate e delle
giustificazioni giuridiche offerte.
5. La Corte d’appello di Napoli, dinanzi alla quale la causa veniva
rinviata, con sentenza del 14.10.2011, riteneva che, al di là delle
formule adottate, nella sostanza il recesso, intimato nel contesto di una
riduzione di personale ex lege 223/1991, era stato impugnato per
violazione dei criteri di scelta dei dipendenti da porre in mobilità, e
che la doglianza era fondata. La corte territoriale dichiarava quindi
inefficace il licenziamento impugnato e condannava il datore di lavoro
alla reintegrazione nel posto di lavoro precedentemente occupato, con
ogni conseguenza di carattere retributivo e contributivo, ed al
risarcimento del danno in misura pari alle retribuzioni dalla data di
licenziamento alla reintegra.
Udienza dell’8 gennaio 201
Pres. Stile, Est. Buff

Rg. 7943/11 — CMC c. Barretta

Rg. 7943/11 — CMC c. Barretta

7. Deduce la ricorrente che la sentenza impugnata è viziata per omessa
insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della
controversia ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ.: si lamenta, in particolare,
che il lavoratore avrebbe sostenuto -nell’atto introduttivo e negli atti
ulteriori fino all’ultima sentenza della Cassazione- unicamente la
configurabilità di un licenziamento individuale, impugnato per
violazione dell’art. 7 1. 223/1991, e che, alla luce del principio
dispositivo del processo civile e del principio del giusto processo di cui
all’art. 111 Cost., non potrebbe farsi riferimento ad una qualificazione
del recesso diversa da quella fatta valere espressamente dalla parte che
lo impugna, restando precluso al giudice adito di ravvisare una diversa
fattispecie di licenziamento, a pena della violazione del principio di
corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato di cui all’art. 112 cod.
proc. civ.. Aggiunge la ricorrente che la sentenza, in violazione dell’art.
437 cod. proc. civ., non ha considerato la circostanza documentata
relativa alla inattività della CMC nel settore dei vagoni ferroviari, la cu;
attività era stata sospesa e non vedeva più l’impiego di dipendenti. Si
deduce infine che la sentenza ha violato la legge per non aver
rispettato il principio relativo all’onere probatorio posto a carico del
lavoratore ricorrente in giudizio.
8. Il motivo di ricorso è inammissibile sia in relazione alla sua
formulazione che al suo contenuto.
9. Sul piano formale, il motivo, pur dedotto ai sensi dell’art. 360 n. 5
cod.proc. civ., non contiene la formulazione della chiara indicazione
del fatto controverso rispetto al quale sussisterebbe il vizio
motivazionale, nella specie neppure dedotto, ma reca l’indicazione di
una eterogenea pluralità di pretese violazioni di norme di diritto. Il
motivo di censura in concreto rivolto alla sentenza, concernente
doglianze riferite alla motivazione in relazione a fatti posti a base della
decisione che la parte vuol rimettere in discussione, non è compatibile
con la deduzione contestuale di violazione di norme di diritto, che
invece suppone accertati in modo definitivo gli elementi di fatto in
relazione al quale si vuole decidere della violazione della norma, non
essendo consentito confondere i profili del vizio logico della
motivazione e dell’errore di diritto (tra le altre, Sez. 5, Sentenza n.
24253 del 18/11/2011).
10. Sul piano del contenuto, poi, il rilievo del ricorrente, secondo cui la
sentenza impugnata sarebbe affetta, ai sensi dell’art. 360, n. 5, cod.
proc. civ., da vizio di ultrapetizione a seguito di erronea qualificazione
Udienza dell’8 gennaio 201
Pres. Stile, Est. Buffa

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6. Avverso tale pronuncia propone ricorso la CMC spa, con unico
motivo. Resiste con controricorso il lavoratore.

giuridica della fattispecie, dà luogo ad una censura inammissibile,
atteso che l’ultrapetizione, quale vizio della sentenza, deve essere fatta
valere dal ricorrente per cassazione esclusivamente attraverso la
deduzione del relativo error in procedendo e della violazione dell’art. 112
cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 n. 4 cod. proc. civ., e non già
con la denunzia della violazione di differenti norme di diritto
processuale o di norme di diritto sostanziale ovvero del vizio di
motivazione ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ..; solo la deduzione di un
vizio ai sensi dell’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., invero, consentirebbe al
collegio di prendere in esame gli atti del processo di merito e verificare
la sussistenza o meno del denunciato vizio (tra le tante, Sez. 2,
Sentenza n. 19484 del 23/09/2011; Sez. 3, Sentenza n. 3190 del
14/02/2006).
11. Infine, sempre con riferimento al contenuto del motivo, va rilevato
che il motivo è inammissibile laddove sembra voler contestare il
principio di diritto —intangibile- indicato da questa Corte nella
precedente sentenza su richiamata, ove si è evidenziata l’esigenza
dell’interpretazione della domanda —da parte del giudice di merito- in
relazione alle finalità che la parte intende perseguire e senza che
risultino condizionanti le formule adottate dalla parte.
12. Le spese e competenze di lite seguono la soccombenza.
p.q.m.
dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento
delle spese di lite, che si liquidano in complessivi € 3.500,00, di cui
100,00 per spese, oltre accessori come per legge.
Roma, 8 gennaio 2014
Il Presidente
Stile

Rg. 7943/11 — CMC c. Barretta

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