Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4339 del 22/02/2011

Cassazione civile sez. trib., 22/02/2011, (ud. 26/01/2011, dep. 22/02/2011), n.4339

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – rel. Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Comune di Matera, in persona del legale rapp.te pro tempore, elett.te

dom.to in Roma, al Viale Mazzini n. 134, presso lo studio dell’avv.

Nino Longobardi, rapp.to e difeso dall’avv. ONORATI Enrica, giusta

procura in atti;

– ricorrente –

contro

S.C., elett.te dom.to in Roma, alla Via Ennio Quirino

Visconti, presso lo studio dell’avv. Maurizio Paganelli, rapp.to e

difeso dall’avv. PERCOCO Aldo, giusta procura in atti;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale della Basilicata n. 28/2007/03, depositata il 10/3/2008;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

giorno 26/1/2011 dal Consigliere Relatore Dott. Marcello Iacobellis;

viste le richieste del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale, Dott. SORRENTINO Federico.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia promossa da S.C. contro l’Agenzia delle Entrate è stata definita con la decisione in epigrafe, recante il rigetto dell’appello proposto dal Comune contro la sentenza della CTP di Matera n. 4/7/2006 che aveva accolto il ricorso della contribuente avverso l’avviso di accertamento ICI 1998.

La CTR riteneva giusto rapportare il valore delle aree, ai fini della tassazione ICI, a quello dell’indennizzo corrisposto alla ricorrente nella successiva procedura di esproprio.

Il ricorso proposto si articola in unico motivo. Resiste con controricorso la contribuente. Il relatore ha depositato relazione ex art. 380 bis c.p.c.. Il presidente ha fissato l’udienza del 26/1/2011 per l’adunanza della Corte in Camera di consiglio. Il P.G. ha concluso aderendo alla relazione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Assume il ricorrente la violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 16. La CTR avrebbe erroneamente ritenuto che l’imposta ICI vada adeguata all’indennità di esproprio. Formula il quesito di diritto:

“La suprema Corte di Cassazione dichiari se, secondo le disposizioni normative vigenti, l’indennità di espropriazione debba essere commisurata all’imponibile ICI o viceversa”.

La censura è inammissibile in quanto il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ., è privo della riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito, della sintetica indicazione della regola di diritto applicata da quel giudice, e della diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie. In un sistema processuale, che già prevedeva la redazione del motivo con l’indicazione della violazione denunciata, la peculiarità del disposto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6, consiste proprio nell’imposizione, al patrocinante che redige il motivo, di una sintesi originale ed auto sufficiente della violazione stessa, funzionalizzata alla formazione immediata e diretta del principio di diritto e, quindi, al miglior esercizio della funzione nomofilattica della Corte di legittimità.

La censura è comunque infondata. I metodi di calcolo della base imponibile ai fini dell’I.C.I. sono stabiliti dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5 e si differenziano in correlazione alla tipologia dell’immobile. Il disposto dell’art. 16 cit. attiene esclusivamente ai rapporti con la Amministrazione in sede di esproprio, ed istituisce una sorta di sanzione indiretta per il contribuente che abbia denunciato, ai fini ICI, un valore base per il calcolo dell’imposta, inferiore al reale (v. Cass. 4/6/2008 n. 14695; Cass. 3/1/2008, n. 19).

Consegue da quanto sopra la condanna del ricorrente alla rifusione, in favore della S., delle spese del grado che si liquidano in complessivi Euro 1.100,00, di cui Euro 100,00 per spese, oltre accessori di legge.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione, in favore della S., delle spese del grado che si liquidano in complessivi Euro 1.100,00, di cui Euro 100,00 per spese, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2011

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