Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4337 del 20/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 20/02/2017, (ud. 13/12/2016, dep.20/02/2017),  n. 4337

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5327-2016 proposto da:

P.N., P.G., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA G.TUCCIMEI 1, presso lo studio dell’avvocato CARMEN

TRIMARCHI, rappresentati e difesi dall’avvocato ANTONELLA SMIRIGLIA

FAVA, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

e contro

L’EDERA ASSICURAZIONI SPA IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA,

ASSITALIA LE ASSICURAZIONI D’ITALIA SPA, BOUKRIM MAHIOUBA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 325/2015 del 29 ottobre 2015 della CORTE

D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 05/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LINA RUBINO.

Fatto

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“Il relatore, cons. Lina Rubino esaminati gli atti, osserva:

P.G. e N. convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Reggio Calabria L’Edera Ass.ni s.p.a., Assitalia s.p.a., Boukrim Mahiouba chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’incidente stradale tra la motocicletta condotta dall’attore sulla quale viaggiava come trasportata la sorella e la vettura di proprietà del M..

La domanda veniva parzialmente accolta in primo grado nei confronti del P., mentre la pretesa della sorella veniva dichiarata prescritta, previo riconoscimento di un concorso di colpa del 60% a carico dell’attore.

L’appello di P.G. veniva in parte accolto dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria con la sentenza n. 325/2015 depositata il 5.11.2015 qui impugnata, mentre quello della sorella veniva rigettato.

P.G. e N. propongono ricorso per cassazione articolato in cinque motivi, gli intimati non hanno svolto in questa sede attività difensive.

Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c., in quanto appare destinato ad essere rigettato per manifesta infondatezza.

Con il primo motivo criticano la sentenza di appello laddove ha dichiarato estinto per prescrizione il diritto della P. Natascia al risarcimento del danno in quanto prescritto, e sostengono che, avendo la P. riportato lesioni gravissime (tali da determinare, nella stessa ricostruzione dei ricorrenti, una invalidità temporanea totale di giorni tre ed una i.t. parziale di giorni 88) il termine prescrizionale non sarebbe biennale ma il più lungo termine quinquennale. Trattasi di questione nuova, in quanto in appello il tema della prescrizione del diritto della ricorrente era stato affrontato solo in relazione alla tempestività o meno degli atti interruttivi.

Con il secondo motivo si contesta, inammissibilmente, la ricostruzione in fatto del sinistro fatta dalla corte d’appello, che l’ha portata ad affermare la sussistenza del concorso di colpa tra i conducenti dei due mezzi coinvolti.

Con il terzo motivo si contesta del tutto genericamente, anche sotto il profilo del vizio della motivazione, la decisione impugnata in relazione al rigetto della domanda volta al riconoscimento del lucro cessante in favore del P. Giacomo: in realtà la motivazione sussiste sul punto, ed è riportata dagli stessi ricorrenti a pag. 50 del ricorso: la corte d’appello ha accertato che i guadagni del P., parrucchiere, due anni dopo il sinistro e nonostante l’invalidità riportata a seguito dell’incidente, si erano riallineati ai livelli precedenti ad esso.

Infine, con il quarto motivo contestano che, benchè il giudice di appello abbia ritenuto sussistente un concorso di colpa al 50% e non al 60% in capo al P., come ritenuto in prime cure, abbia poi liquidato il danno praticando l’abbattimento percentuale del 60%, più gravoso per il danneggiato. In realtà la sentenza, a pag. 12, rifà correttamente i conteggi, abbattendo solo al 50% l’importo dovuto al ricorrente. Parimenti infondata è la contestazione genericamente mossa alla liquidazione del danno morale, assorbito nella liquidazione onnicomprensiva del danno biologico da parte della corte d’appello.

Si propone pertanto il rigetto del ricorso”.

Il Collegio, riunito in camera di consiglio, ritiene di condividere il contenuto della relazione.

Il ricorso proposto va pertanto dichiarato inammissibile.

Nulla sulle spese, non avendo l’intimata svolto attività difensiva in questa sede.

Atteso che il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, ed in ragione della soccombenza del ricorrente, la Corte, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di cassazione, il 13 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2017

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