Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4336 del 21/02/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 4336 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: MIGLIUCCI EMILIO

SENTENZA

sul ricorso 10420-2007 proposto da:
DAPIAGGI IGINO DPGGLS50S11B201T, BARBARINI ELISABETTA
VANDA BRBLBT24L43C684B, BARBARINI MARIO
BJ5BM3534C30388S, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA COSSERIA 5, presso lo studio dell’avvocato
ROMANELLI GUIDO, rappresentati e difesi dall’avvocato
2012

BRUCIAMONTI LUIGI;
– ricorrenti –

2620
contro

MEZZADRA

DANIELE MZZDNL62D23F205A,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA GIOVANNI NICOTERA 29, presso

Data pubblicazione: 21/02/2013

lo studio dell’avvocato ALLOCCA GIORGIO, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato DEL
MARIO ANTONIO MARIA;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 360/2006 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/12/2012 dal Consigliere Dott. EMILIO
MIGLIUCCI;
udito l’Avvocato ALLOCCA Giorgio, difensore del
resistente che si riporta agli atti depositati e ne
chiede l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

di MILANO, depositata il 16/02/2006;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Daniele Mezzadra conveniva in giudizio Mario Barbarini, Elisabetta
Vanda Barbarini e Igino Dapiaggi, chiedendo che venisse accertato il suo
diritto di chiedere lo spostamento del luogo ove in passato veniva

sul mappale 383, foglio 11 del Comune di Cigognola, e dichiarare in
conseguenza che in futuro la servitù sarebbe dovuta esercitarsi sul nuovo
tracciato proposto o eventualmente stabilito dal CTU.
L’attore sosteneva di avere l’esigenza di recintare parzialmente la sua
proprietà e che aveva offerto ai convenuti di spostare il percorso al di
la del pozzo esistente sul mappale 383. Pur in mancanza di una
accettazione aveva preso l’iniziativa di recintare. Era stata, quindi,
esercitata l’azione di spoglio, che aveva portato a un ordine di
rimozione dell’ostacolo (poi effettivamente rimosso).
I convenuti,

costituitisi in giudizio,

contestavano la pretesa

avversaria, deducendo che non era stato provato che il tracciato
originario impedisse di effettuare i lavori e comunque mancavano le
condizioni previste dalla norma.
Con sentenza

n. 517/2002 il Tribunale di Voghera accoglieva

la

domanda di trasferimento della servitù di transito in favore degli
attuali convenuti sul tratto posto alla sinistra del pozzo, così come
meglio individuato nella planimetria redatta dal geometra Fabio Parizzi,
tecnico del Mezzadra.
Con sentenza dep. il 16 febbraio 2006 la Corte di appello di Milano
rigettava l’impugnazione proposta dai convenuti.

esercitata la servitù di passo pedonale e carraio da parte dei convenuti

#

Nel ritenere la esistenza dei requisiti previsti per il
trasferimento del luogo di esercizio della servitù, i Giudici rilevavano
che la necessità di effettuare la recinzione dedotta dall’attore
rientrava nella previsione di cui all’art. 1068 cod. civ., che

spostamento della servitù nel caso in cui lo stesso intenda effettuare
lavori, riparazioni o miglioramenti, non essendo in tal caso necessaria
l’insorgenza di nuove situazioni o circostanze come invece nell’ipotesi
della maggiore gravosità della servitù.
D’altra parte, era ritenuto che il nuovo passaggio fosse ugualmente
comodo. Dopo avere rilevato che gli appellanti non potevano trarre alcun
elemento dall’atto di costituzione della servitù che non determinava il
luogo di esercizio, il tracciato accolto dal Tribunale sostituiva con
un percorso a curva un tracciato rettilineo, che aveva una pendenza di
circa il 20% : l’inserimento di una curva, con percorso più lungo, al
posto di un tracciato rettilineo comportava la riduzione della pendenza
della strada, in tal modo rendendo più agevole il passaggio, anche con
mezzi moderni. Quanto ai rilievi del tecnico degli appellanti, il fatto
che le pendenze del nuovo tracciato fossero relativamente uniformi
riguardava la materiale esecuzione dell’opera a regola d’arte e non il
punto di diritto in ordine alla spostabilità del passaggio; le risultanze
della CTU, definite scarne e non chiarissime, non escludevano lo
spostamento del passaggio e la sua non onerosità, anzi suggerivano tale
spostamento, anche se in posizione intermedia rispetto tra quella
esistente e quella proposta. Era esclusa la dedotta contraddittorietà
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attribuisce al proprietario del fondo servente il diritto allo

della sentenza impugnata, che aveva integrato con gli apporti del tecnico
di parte il nucleo centrale dell’ elaborato del consulente d’ufficio.
2.- Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione
Mario Barbarini, Elisabetta Vanda Barbarini e Igino Depiaggi sulla base

Resiste con controricorso l’intimato.

MOTIVI DELLA DECISIONE

– Il primo motivo censura la decisione gravata che non si era
pronunciata sull’eccezione svolta dagli appellanti circa la mancanza di
dati, modalità e criteri progettuali tecnici relativi al percorso della
servitù offerto in sostituzione di quello esistente, elementi necessari
per verificare la effettiva praticabilità dello stesso.
1.2. – Il secondo motivo deduce che l’attore non aveva assolto l’onere
probatorio a lui incombente circa dati, modalità e criteri progettuali
tecnici relativi al percorso della servitù offerto in sostituzione di
quello esistente. Con l’appello era stato dedotto che il ctu non aveva
indicato i criteri attuativi del percorso, con riferimento alla
larghezza, al dislivello e alla pendenza.
1.3.- Il terzo motivo censura la sentenza laddove, nell’affermare che il
titolo costitutivo non aveva determinato il luogo di esercizio della
servitù, aveva preso in esame d’ufficio, in violazione del’art. 112 cod.
proc. civ., una questione che non aveva formato oggetto di domanda o
eccezione, tenuto che con l’azione proposta l’attore aveva riconosciuto
3

di sette motivi illustrati da memoria.

il diritto così come esercitato dai convenuti; eventualmente, ove fosse
stata ritenuta l’incertezza del luogo originario della servitù, non si
sarebbe dovuto applicare l’art. 1068 ma semmai l’art. 1065 cod. civ.
1.4.- Il quarto motivo censura la sentenza la quale, nel fare riferimento

cenno al diritto di proprietà senza alcun riferimento a fatti concreti
e specifici, che invece sarebbe stato necessario, tenuto conto che la
servitù costituisce di per sé una diminuzione della proprietà: la carenze
motivazionali non erano

superate neppure con il riferimento alla

superficie da recintare, giudicata limitata ma significativa, senza
peraltro chiarire perché fosse stata considerata tale ,non essendo stati
indicati

i dati della lunghezza del percorso né i confini di detta

superficie. D’altra parte, non ricorreva il necessario presupposto del
fatto sopravvenuto

rispetto al momento in cui fu creata la servitù,

tenuto conto che la casa di abitazione risultava già recintata ed
irrilevante doveva considerarsi

il successivo acquisto da parte

dell’attore, mentre non erano emerse mutate o rinnovate esigenze
dell’agricoltura.
La Corte non aveva motivato in ordine alla comparazione fra l’interesse a
recintare e quello relativo al mantenimento della servitù agricola.
1.5, . – Il quinto motivo censura la sentenza laddove, nel ritenere che il
nuovo percorso fosse più agevole di quello preesistente che presentava un
dislivello del 20%, aveva fatto riferimento alla presenza di una curva
sostitutiva del tracciato rettilineo, senza peraltro fare alcun cenno
alla lunghezza della curva né a quella del nuovo percorso;
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alla esigenza di effettuare i miglioramenti, aveva fatto un generico

successivamente, aveva peraltro fatto riferimento all’esistenza di due
curve anzichè di una.
La Corte, avendo quindi ritenuto uniformi i due percorsi, avrebbe dovuto
conseguentemente ritenere impraticabile anche il secondo, così come aveva

uniformi le pendenze, avendo evidenziato la impraticabilità con automezzi
del nuovo passaggio; il ctu aveva accertato la pendenza del 20% del
tracciato da abbandonare, che aveva la lunghezza di metri 10.
Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte, la pendenza è elemento
decisivo perché incide sulla praticabilità del percorso, non assumendo
alcun rilievo se l’esecuzione sia o meno a regola d’arte; ribadisce la
insufficienza della motivazione laddove non vi è alcun riferimento ai
dati della pendenza progettuali realizzativi, non avendo la Corte
sottoposto a esame l’intero contenuto della consulenza d’ufficio, quella
di parte attrice né le eccezioni degli appellanti: in entrambi gli
elaborati mancavano i dati essenziali del percorso sul quale trasferire
la ‘servitù ; la sentenza riferiva la pendenza del percorso da sostituire
ma non quello del nuovo passaggio. La minore lunghezza del nuovo
percorso, quale emergeva dalle fotografie, comportava una pendenza
maggiore di quella del passaggio da abbandonare con cOnseguente
impraticabilità.
1.6.-

Il sesto motivo censura la sentenza impugnata laddove, nel

ritenere che la decisione di primo grado si era fondata sulla consulenza
integrata dagli apporti tecnici del perito di parte,

non aveva

considerato che il Tribunale si era basato esclusivamente sulla
5

ritenuto il primo. Il tecnico degli appellanti non aveva affatto ritenuto

consulenza tecnica d’ufficio. La motivazione della sentenza di appello
era contraddittoria, perché, da un lato, aveva ritenuto
incomprensibile la consulenza e, poi, ne aveva posto il nucleo centrale a
fondamento della decisione; carente, non specificando i termini di

ufficio e di quella di parte.
1.7.- Il settimo motivo denuncia la omessa pronuncia in ordine
all’istanza di rinnovo della consulenza tecnica d’ufficio che, in via
subordinata, era stata formulata con l’atto di appello.
2.1. – Il primo, il secondo, il quinto, il sesto e il settimo motivo
vanno esaminati congiuntamente, attesa la stretta connessione.
Le censure sono infondate.
Le’doglianze criticano la decisione impugnata laddove la stessa, nell’
accogliere la domanda di spostamento della servitù, aveva ritenuto
sussistente il requisito della

uguale comodità

del nuovo tracciato

secondo quanto previsto dall’art. 1068 cod. civ. Ed invero, nel giungere
a tale conclusione, la Corte di appello, esaminando la consulenza
tecnica e quella di parte attrice, ha accertato

che :

tracciato era risultato più agevole del precedente –

il nuovo

che aveva una

pendenza del 20% – atteso che presentava una curva al posto del
percorso rettilineo ed era di lunghezza maggiore del preesistente; ha
chiarito che, per quel che riguardava le pendenze – relative al nuovo
tracciatb e ritenute relativamente uniformi si trattava di una
questione tecnica che concerneva la materiale esecuzione a regola d’arte
del tracciato ma non incideva sulla praticabilità o idoneità del nuovo
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integrazione dei due elaborati né i contenuti concreti della relazione di

passaggio e quindi sulla trasferibilità o meno del passaggio – che
evidentemente costituiva

il thema decidendum –

avendo in precedenza

affermato – come accennato – che il nuovo percorso, di lunghezza maggiore
rispetto al precedente

presentava una pendenza inferiore,tale da

Giudici abbiano compiuto un giudizio di uniformità delle pendenze fra il
primo e il secondo tracciato, come invece sostenuto dai ricorrenti.
Orbene, di fronte a tali accertamenti di fatto, che sono immuni da vizi
di motivazione, i ricorrenti avrebbero dovuto dimostrare l’acquisizione
al processo di elementi di prova, da cui fosse con certezza emersa la
circostahza che il nuovo tracciato sarebbe meno agevole del precedente o
addirittura impraticabile, denunciandone il mancato esame : il ricorso al
riguardo difetta di autosufficienza, non essendo indicati specificamente
tali risultanze probatorie, e in particolare non sono riportati i passi
salienti della consulenza tecnica di parte degli appellanti né di quella
di parte attorea, che è stata posta a base delle decisione a integrazione
della consulenza tecnica d’ufficio, avendo correttamente i Giudici nell’ambito della valutazione delle risultanze processuali – posto a base
della decisione quegli elementi di fatto che avevano loro consentito di
verificare che il nuovo tracciato era

risultato più agevole del

precedente.
Per quel che riguarda la omessa pronuncia di rinnovo della consulenza
tecnica di ufficio la decisione, che può essere anche implicita, non è
sindacabile in sede di legittimità qualora gli elementi di convincimento
per disattendere la richiesta di rinnovazione della consulenza formulata
7

consentire il passaggio anche con mezzi moderni: è da escludere che i

da una delle parti siano stati tratti dalle risultanze probatorie già
acquisite e ritenute esaurienti dal giudice con valutazione immune da
vizi logici e giuridici.
In realtà, le critiche formulate dai ricorrenti

non

sono

idonee

a

dalla sentenza, atteso che non denunciano un vizio logico della
motivazibne ma si concretano in argomentazioni volte a sostenere
l’erroneo apprezzamento delle risultanze processuali compiuto dai
giudici. Al riguardo, va sottolineato che il vizio deducibile ai sensi
dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. deve consistere in un errore
intrinseco al

ragionamento del giudice che deve essere verificato in

base al solo esame del contenuto

del provvedimento impugnato e non può

risolversi nella denuncia della difformità della valutazione delle
risultanze processuali compiuta dal giudice di merito rispetto a quella a
cui, secondo il ricorrente, si sarebbe dovuti pervenire: in sostanza,
ai sensi dell’art. 360 n. 5 citato, la ( dedotta ) erroneità della
decisione non può basarsi su una ricostruzione soggettiva del fatto che
il ricorrente formuli procedendo a una diversa lettura del materiale
probatorio, atteso che tale indagine rientra nell’ambito degli
accertamenti riservati al giudice di merito ed è sottratta al controllo
di legittimità della Cassazione che non può esaminare e valutare gli atti
processuli.
In particolare, in relazione al vizio di motivazione per omesso esame di
un documento o di una prova, va rilevato che il ricorrente ha l’onere, a
pena di inammissibilità del motivo di censura, di dimostrare la
8

scalfire la correttezza e la congruità dell’iter logico giuridico seguito

e

decisività della censura, nel senso che occorre provare la

certezza e

non la probabilità che, ove esso fosse stato preso in considerazione, la
decisione sarebbe stata diversa.
2.2.- Il terzo motivo va disatteso.

mancata indicazione nell’atto divisionale del luogo di esercizio della
servitù, trattandosi di affermazione meramente incidentale e, come tale,
priva di valore decisorio.
4.- Il quarto motivo è infondato.
Ai sensi dell’art.1068 cod.

civ., mentre la

maggiore gravosità

dell’esercizio della servitù per il fondo servente – quale ragione della
richiesta di spostamento – deve necessariamente essere determinata da
fatti sopravvenuti rispetto al momento di costituzione della

stessa

servitù, deve escludersi – come correttamente ritenuto dai Giudici di
appello – che tale requisito sia previsto anche nel caso in cui il
proprietario del fondo servente abbia la effettiva e obiettiva esigenza
di effettuare lavori, riparazioni o miglioramenti del fondo. Al riguardo,
occorre , innanzitutto

precisare

che

tali

facoltà,

rientrando

nell’esercizio del diritto del proprietario, sono consentite al titolare
del fondo servente nel quadro del contemperamento delle opposte esigenze,
secondo il principio che il bisogno del fondo dominante deve essere
soddisfatto con il minor aggravio del fondo servente, ex art. 1065 cod.
civ. Orbene, a stregua della dizione letterale dell’ art. 1068 cod. civ.,
soltanto nella prima ipotesi (” se l’originario esercizio è divenuto più
gravoso per il fondo servente….”)

il legislatore ha fatto specifico
9

Il ricorrente è carente di interesse a censurare il riferimento alla

1/
/
i

t

riferimento alla necessaria comparazione fra la situazione esistente al
momento della costituzione e quella esistente al momento in cui si chiede
lo spostamento, dovendo perciò escludersi che l’esigenza del proprietario
del fondo servente di effettuare lavori, riparazioni o miglioramenti del

Nella specie, con accertamento di fatto adeguatamente motivato, la Corte
ha ravvisato l’esigenza dei lavori e dei miglioramenti nella maggiore
sicurezza che la recinzione della proprietà avrebbe comportato e per la
cui realizzazione si sarebbe reso necessario utilizzare una superficie
significativa di mq.20.
Il ricorso va rigettato.
Le spese della presente fase vanno poste in solido a carico dei
ricorrenti, risultati soccombenti.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti in solido al pagamento in favore del resistente
delle spese relative alla presente fase che liquida in euro 2.200,00 di
cui euro 200,00 per esborsi ed euro 2.000,00 per onorari di avvocato
oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 18 dicembre 2012
Il Cons. estensore

Il Presid nte
\

fondo medesimo debba essere determinata da circostanze sopravvenute.

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