Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4335 del 20/02/2020

Cassazione civile sez. I, 20/02/2020, (ud. 12/11/2019, dep. 20/02/2020), n.4335

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17261/2015 proposto da:

F.I., in proprio e in qualità di liquidatore della cessata

Soc. (OMISSIS) Srl, elettivamente domiciliato in Roma, Via Di

Ripetta 70, presso lo studio dell’avvocato Lotti Massimo, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Albertini Mauro,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Rcs Mediagroup Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, P.le Don Giovanni Minzoni 9,

presso lo studio dell’avvocato Galletti Antonino, rappresentato e

difeso dall’avvocato Stendardi Luca, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e

Fallimento (OMISSIS) S.r.l.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1175/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 07/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/11/2019 dal Consigliere Dott. MAURO DI MARZIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – F.I., in proprio e quale ultimo liquidatore di (OMISSIS) S.r.l., ricorre per quattro mezzi, nei confronti del Fallimento (OMISSIS) S.r.l. nonchè di RCS Mediagroup S.p.A., contro la sentenza del 7 maggio 2015 con cui la Corte d’appello di Venezia ha respinto il reclamo avverso la sentenza dichiarativa del fallimento.

2. – Resiste con controricorso RCS Mediagroup S.p.A. mentre il Fallimento (OMISSIS) S.r.l. non spiega difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo denuncia violazione e/o falsa ed erronea applicazione dell’art. 156 c.p.c., con riferimento all’art. 2495 c.c. e alla L. Fall., art. 10, soffermandosi sulle conseguenze della cessazione della società e della perdurante legittimazione passiva del liquidatore quale unico soggetto legittimato ad agire e contraddire il nome della società cessata.

Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 145 c.p.c., con riferimento all’art. 2485 c.c., nullità della notifica dell’avviso di convocazione L. Fall., ex art. 15, eseguita presso l’indirizzo ove la società aveva sede prima della cancellazione dal registro delle imprese.

Il terzo motivo denuncia violazione di legge con riferimento alla L. Fall., art. 15, ed all’art. 145 c.p.c., ove interpretati nel senso di ritenere legittima la notifica ad una società cessata presso l’indirizzo di posta elettronica certificata di cui disponeva la società prima della cancellazione dal registro delle imprese.

Il quarto motivo denuncia l’illegittimità costituzionale dell’art. 145 c.p.c., letto in relazione alla L. Fall., art. 15, qualora interpretato nel senso di consentire una valida notifica a società presso un indirizzo ove non si trovi o non si trovi più la sede sociale, per essere cessata, trasferita o chiusa in conseguenza della cancellazione della società dal registro delle imprese, violazione del diritto di difesa in relazione all’art. 24 Cost..

2. – Il ricorso è inammissibile sotto un duplice profilo.

2.1. – L’inammissibilità discende anzitutto dalla sua tardività, eccepita dalla controricorrente.

Risulta dalla sentenza impugnata, pagina 5, che il cancelliere ha dato di essa avviso telematico in data 7 maggio 2015, ossia nella stessa data in cui la sentenza è stata depositata in cancelleria: naturalmente, nulla risultando in contrario, è da ritenere che il provvedimento sia stato notificato per esteso come prescritto dal combinato disposto dell’art. 136 c.p.c. e art. 45 disp. att. c.p.c..

Il ricorso per cassazione è stato passato alla notifica il 23 giugno 2015, dopo lo spirare del termine di cui alla L. Fall., art. 18, comma 14.

Trova dunque applicazione il principio secondo cui la comunicazione del testo integrale della sentenza di rigetto del reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, effettuata dal cancelliere mediante posta elettronica certificata (PEC), è idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione in cassazione L. Fall., ex art. 18, comma 14: il meccanismo previsto dall’art. 18 cit. ha infatti a fondamento, in ragione delle esigenze di celerità che caratterizzano il procedimento fallimentare, la mera conoscenza legale del provvedimento suscettibile di impugnazione, conoscenza che la comunicazione in forma integrale assicura al pari della notificazione (Cass. 9 ottobre 2017, n. 23575; Cass. 23 ottobre 2018, n. 26872; Cass. 30 ottobre 2018, n. 27685).

2.2. – I motivi sono inoltre inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, avendo questa Corte già chiarito che una società cancellata dal registro delle imprese può essere dichiarata fallita entro l’anno dalla cancellazione, la qual cosa implica che il procedimento prefallimentare e le eventuali successive fasi impugnatorie continuano a svolgersi, per fictio iuris, nei confronti della società estinta, non perdendo quest’ultima, in ambito concorsuale, la propria capacità processuale, con la conseguenza che pure il ricorso per la dichiarazione di fallimento può essere validamente notificato presso la sede della società cancellata, ai sensi dell’art. 145 c.p.c., comma 1 (Cass. 1 marzo 2017, n. 5253; Cass. 6 novembre 2013, n. 24968), nulla rilevando, contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, che la notificazione in questione sia stata nel caso di specie eseguita a mezzo Pec, in piena conformità, anzi, con la previsione della L. Fall., art. 15, comma 3, pacifico essendo del resto che la notificazione si sia perfezionata con la generazione della ricevuta di accettazione e di consegna del messaggio, atteso che l’indirizzo (OMISSIS) era al momento attivo e funzionante.

Quanto alla questione di costituzionalità, a parte il fatto che la Corte costituzionale (Corte Cost. 16 giugno 2016, n. 146) ha già dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., L. Fall., art. 15, comma 3, è del tutto evidente che, una volta che, dopo la cancellazione della società, il suo indirizzo Pec, come nel caso in esame, sia rimasto attivo e funzionante, nessun ostacolo vi è da parte dell’interessato alla lettura della posta ricevuta, e dunque nessun pregiudizio al diritto di difesa può essere predicato.

3. – Il ricorso è dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente RCS Mediagroup S.p.A., delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 12 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2020

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