Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4333 del 04/03/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 4333 Anno 2016
Presidente: BIELLI STEFANO
Relatore: OLIVIERI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso 16688-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE

ENTRATE

in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO,

che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

2015
2334

CEOLA EDOARDO, elettivamente domiciliato in ROMA
VIALE MAZZINI 11, presso lo studio dell’avvocato
GIANCARLA BRANDA, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato LIVIA SALVINI giusta delega a
margine;

f

Data pubblicazione: 04/03/2016

- controricorrente –

avverso la sentenza n. 106/2007 della COMM.TRIB.REG.
A04 g t) t A
4tI4
di_NLUNO, depositata il 27/05/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 22/06/2015 dal Consigliere Dott. STEFANO

udito per il controricorrente l’Avvocato BRANDA che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

OLIVIERI;

..

Svolgimento del processo

La Commissione tributaria della regione Lombardia con sentenza 27.5.2008 n. 106 ha

decisione di prime cure che aveva annullato l’atto di contestazione ed irrogazione
sanzioni emesso nei confronti di Ceola Edoardo, in conseguenza della violazione
dell’art. 1, nota H bis, della Tabella , Parte Prima, allegata al Dpr n. 131/1986 (TU
imposta di registro).
L’Ufficio finanziario aveva infatti accertato che l’immobile acquistato dal
contribuente, con atto pubblico del 20.6.2003, fruendo della riduzione di aliquota IVA
del 4% per l’acquisto di immobili non di lusso da destinare a “prima abitazione”, non
rispondeva ai requisiti stabiliti dal DM LL.PP. in data 2 agosto 1969 in quanto eccedeva
il limite di mq. 240 di superficie “utile”.
La CTR rilevava che, se pure il decreto predetto non escludesse espressamente dal
calcolo della superficie anche “i vani di porte e finestre”, tuttavia a tale conclusione
doveva egualmente pervenirsi in via interpretativa, in considerazione della “non
abitabilità” di tali vani, tenuto conto altresì che il DM LL.PP. in data 10 maggio 1977 recante la disciplina del costo di costruzione dei nuovi edifici- aveva stabilito che la
“superficie di pavimento degli alloggi” dovesse essere computata senza includere i vani
di porte e finestre, confermando quindi che, in entrambi i casi, il calcolo doveva tenere
conto solo della superficie abitabile.
La sentenza di appello è stata ritualmente impugnata per cassazione dalla Agenzia delle
Entrate che ha dedotto con due motivi vizi di “errores in judicando”.
Resiste con controricorso il contribuente che ha depositato anche memoria illustrativa.

Motivi della decisione

1
RG n. 16688/2009
ric. Ag.Entrate c/Ceola Edoardo

Co
Stefano 0tiveri

rigettato l’appello dell’Ufficio di Milano 6 della Agenzia delle Entrate e confermato la

1. La questione di diritto che viene all’esame della Corte può riassumersi come segue.
La Tabella A, parte seconda, n. 21), allegata al Dpr n. 633/1072 prevede
l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta al 4% per gli acquisti delle

“case di abitazione

non di lusso secondo i criteri di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 agosto
1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969, ancorche’ non
ultimate, purche’ permanga l’originaria destinazione, in presenza delle condizioni di cui

disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131. In caso di dichiarazione mendace nell’atto di
acquisto, ovvero di rivendita nel quinquennio dalla data dell’atto si applicano le
disposizioni indicate nella predetta nota;”.
L’art. 1 della Tariffa , Parte Prima, allegata al Dpr n. 131/1986 (TU imposta di
registro), nel testo vigente al tempo dell’acquisto immobiliare, prevedeva l’applicazione
dell’aliquota proporzionale al 3% per la registrazione dell’atto di compravendita “Se il
trasferimento ha per oggetto case di abitazione non di lusso secondo i criteri di cui al
decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969, ove ricorrano le condizioni di cui alla nota IIbis “.
L’art. 6 del DM LL.PP. in data 2 agosto 1969 (recante la disciplina delle
caratteristiche delle abitazioni di lusso) dispone che

“Le singole unita’ immobiliari

aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 240 (esclusi i balconi, le terrazze, le
cantine, le soffitte, le scale e posto macchine).”

2. E’ incontestato che l’immobile acquistato come “prima abitazione” dal contribuente
ha una superficie di mq. 237,26 senza calcolare anche l’area dei “vani porta e sotto
porta-finestra”, ed una superficie di mq. 243,62 ove venga a computarsi anche detta
area.

2
RG n. 16688/2009
ric. Ag.Entrate c/Ceola Edoardo

Cons st.
Stefano i ieri

alla nota II-bis) all’art. 1 della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle

3. Le tesi contrapposte delle parti vertono sulla interpretazione della disposizione del
DM del 1969, da un lato, affermando la Agenzia fiscale che le norme tributarie,
riconoscendo un beneficio agevolativo, sono di stretta interpretazione e non consentono
pertanto di ricomprendere nelle aree escluse dal calcolo della “superficie utile”, anche i
vani porta e finestra non espressamente considerati dalla norma agevolativa; dall’altro
sostenendo il contribuente, con tesi fatta propria dalla CTR, che la nozione di

caratteristiche abitative dell’immobile, con esclusione , pertanto, delle aree relative ai
“vani porta e finestra”, come risulterebbe confermato dal successivo DM LL.PP. in data
10 maggio 1977 (recante: “Determinazione del costo di costruzione di nuovi edifici”) che ,
all’ari 3 dispone “Per supefficie utile abitabile si intende la superficie di pavimento
degli alloggi misurata al netto di murature, pilastri, tramezzi, sguinci, vani di porte e
finestre, di eventuali scale interne, di logge di balconi”.

4. Tanto premesso, il primo motivo, con il quale l’Agenzia impugna la sentenza della
CTR per violazione dell’art. 1, nota II bis, Tabella, Parte Prima, allegata al Dpr n.
131/1986, nonchè dell’art. 6 del DM 2 agosto 1969, in relazione all’art. 360co 1 n. 3)
c.p.c., ed il secondo motivo con il quale si deduce il vizio di violazione dell’art. 14 disp.
prel. c.c. in combinato disposto con le predette norme, in relazione all’ari 360co 1 n. 3
c.p.c., esaminabili congiuntamente in quanto implicanti vizi attinenti ad erronea
interpretazione delle medesime nonne giuridiche, debbono ritenersi fondati.

5. Opera, in materia fiscale il principio secondo cui ogni agevolazione ed esenzione, se
non espressamente prevista, non può essere riconosciuta: le norme di agevolazione
fiscale hanno, infatti, natura eccezionale e sono, quindi, di stretta interpretazione -ai
sensi dell’art.14 disp. prel. c.c.-, non essendo consentito all’interprete il ricorso al
criterio analogico per estenderne l’applicazione oltre i casi e le condizioni dalle stesse
espressamente considerati, come costantemente ribadito da questa Corte (cfr. Corte cass.
Sez. 1, Sentenza n. 2541 del 10/10/1973; id. Sez. 1, Sentenza n. 4882 del 29/07/1980; id. Sez. 1,
Sentenza n. 711 del 21/01/1993; id. Sez. 5, Sentenza n. 15316 del 30/10/2002; id. Sez. 5, Sentenza
3
RG n. 16688/2009
ric. Ag.Entrate c/Ceola Edoardo

Ste

s. est.
Olivieri

“superficie utile” indicata nel decreto ministeriale deve intendersi riferita alle

n. 18544 del 04/12/2003; id. Sez. 5, Sentenza n. 11451 del 30/05/2005; id. Sez. 5, Sentenza n.
26106 del 30/11/2005; id. Sez. 5, Sentenza n. 6328 del 10/03/2008; id. Sez. 5, Sentenza n. 5394
del 05/03/2010; id. Sez. 5, Sentenza n. 26413 del 30/12/2010; id. Sez. 5, Sentenza n. 6925 del
25/03/2011; id. Sez. 5, Sentenza n. 17962 del 19/10/2012; id. Sez. 5, Sentenza n. 21778 del
05/12/2012; id. Sez. 5, Sentenza n. 2925 del 07/02/2013; id. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 5933 del
08/03/2013; id. Sez. 6- 5, Ordinanza n. 14583 del 26/06/2014; id. Sez. 5, Sentenza n. 12495 del

6. Ciò non comporta la sottrazione al Giudice del potere di interpretazione della
norma: altro è infatti trarre il corretto significato da una espressione normativa -in
ipotesi- oscura (ad esempio in relazione a nozioni giuridiche ed extragiuridiche utilizzate nel testo
normativo), mediante impiego dei criteri ermeneutici delle leggi di cui all’art. 12 disp.

prel. c.c. ; altro è invece ampliare la portata prescrittiva della norma a casi diversi da
quelli da essa considerati, ma che si ritiene possano essere adeguatamente disciplinati
mediante applicazione della stessa regola prescrittiva in considerazione di una esigenza
di composizione degli interessi tendenzialmente identica e dunque riconducibile alla
“ratio legis” della norma applicata “analogicamente”.

7.

Orbene non viene in rilievo, in questo caso, la dibattuta distinzione tra

interpretazione analogica (vietata) ed interpretazione estensiva (consentita), e se l’art. 14
disp. prel. c.c., come ritiene parte della dottrina, intenda precludere anche il ricorso a
quest’ultimo criterio ermeneutico: la disposizione infatti è assolutamente chiara nel suo
significato, esprimendo essa stessa la nozione di “superficie utile complessiva” in quanto
calcolata senza includere le aree corrispondenti ad alcuni servizi accessori o pertinenze
quali “i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine”.
Tale definizione giuridica preclude “ab origine” la esigenza di risolvere un dubbio
relativo al significato della proposizione prescrittiva, non venendo ad essere
contrapposta -nella struttura della norma- una preesistente nozione di “superficie utile”
ad una diversa superficie determinata in assenza degli accessori o pertinenze indicati, ma
venendo la stessa norma a delimitare ex novo il contenuto della nozione di “superficie
4
RG n. 16688/2009
ric. Ag.Entrate c/Ceola Edoardo

st.
Stefano I v ieri

04/06/2014; id. Sez. 5, Sentenza n. 695 del 16/01/2015).

utile” (in questo caso comprensiva dell’area complessiva su cui insiste l’immobile, con
esclusione delle aree degli accessori e pertinenze indicati).

8. Ne segue che il criterio di calcolo della superficie è dettato esplicitamente dalla
norma in questione, senza che renda necessario il ricorso a nozioni od elementi
interpretativi extratestuali: in sostanza , ferma la configurazione materiale dell’immobile

agosto 1969 si limita a sottrarre dal calcolo alcune “aree” riferibili all’immobile
tassativamente elencate.
La operazione ermeneutica effettuata dalla CTR va oltre la prescrizione normativa,
venendo ad integrare l’elenco tassativo con altre “aree” (per quanto qui interessa i “vani
di porte e finestre” ), individuate da altra fonte normativa, il decreto ministeriale LL.PP.
in data 10 maggio 1977, che non ha integrato, modificato o parzialmente abrogato
(neppure implicitamente, non dettando una nuova disciplina della stessa materia) il DM LL.PP. in

data 2 agosto 1969, in tal modo venendo ad innovare -illegittimamente- alla previsione
normativa concernente i limiti superficiari delle “abitazioni non di lusso”, cui
rimandano (mediante rinvio formale) la Tabella A, parte seconda, n. 21) allegata al Dpr
n. 633/1072 e l’art. 1 della Tariffa , Parte Prima, allegata al Dpr n. 131/1986.

9. Il collegamento tra “superficie utile” e “superficie abitabile”, ipotizzato dalla CTR
come presupposto legittimante la interpretazione “innovativa”, non trova affatto
riscontro nel dato normativo e sconta il tentativo semplicistico ed errato di ridurre ad
equivalenze tratte dal linguaggio comune l’impiego di nozioni funzionali a discipline
normative differenziate per oggetto e per fini.
L’aggettivo “utile” nel caso di specie è di tipo relazionale (utile “a” , utile “per”, utile “in
caso dr) e non fornisce pertanto una comprensione immediata della qualità dell’oggetto

al quale si riferisce: la superficie può infatti essere “utile” in modo diverso, in funzione
delle differenti esigenze e materie su cui il Legislatore intende provvedere (sintomatiche,
in proposito, sono le disposizioni dell’art. 23 ter del Dpr 6.6.2001 n. 380 -introdotto dall’art.17col,
lett. n) del DL 12.9.2014 n. 133 conv. in legge 11.11.2014 n. 164-, secondo cui —primo comma-

5
RG n. 16688/2009
ric. Ag.Entrate c/Ceola Edoardo

est.
Ste•livieri

e la nozione di “superficie” , desunta dalla logica geometrica, il decreto ministeriale 2

”costituisce mutamento rilevante della destinazione d’uso ogni forma di utilizzo dell’immobile o
della singola unita’ immobiliare tale da comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unita’
immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate: a)
residenziale; a-bis) turistico-ricettiva; b) produttiva e direzionale; c) commerciale; d) rurale”,
venendo specificato, al secondo comma, che “La destinazione d’uso di un fabbricato o di una unita’
immobiliare e’ quella prevalente in termini di superficie utile”,

dovendo evidentemente intendersi

primo comma ).

L’elemento dimensionale della superficie viene in considerazione, pertanto, anche al
di fuori della stretta esigenza abitativa, ed indipendentemente dal fatto che la diversa
esigenza cui è correlata la “superficie utile”, definita nello specifico caso dalla norma,
possa essere o meno connessa ad un utilizzo abitativo degli immobili (si veda il Decreto
legislativo del 04/07/2014 n. 102, recante “Attuazione della direttiva 2012/271UE sull’efficienza
energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e
2006/32/CE” che, all’art. 2co2, lett. ss), definisce la”superficie coperta utile totale :

la superficie

coperta di un immobile o di parte di un immobile in cui l’energia e’ utilizzata per il
condizionamento del clima degli ambienti interne: è ben possibile, pertanto, che uno o più vani
dell’immobile destinato ad uso abitativo, che concorrono pertanto alla determinazione della
superficie utile ai sensi del DM 2 agosto 1969, non riceva “copertura energetica”, e dunque non
debba essere computato ai fini della determinazione della “superficie utile coperta totale”
dell’immobile).

10. Tanto premesso non appare operazione ermeneutica corretta quella che traspone gli
elementi ed i criteri di calcolo della superficie estratti da una normativa dettata per la
fissazione dei limiti massimi di costo per l’edilizia agevolata ai fini dei mutui concedibili
(decreto ministeriale LL.PP. n. 822 del 21 dicembre 1978; n. 13053 del 23 novembre 1979; n. 91
del 24 marzo 1981; n. 1661 del 24 aprile 1982; n. 258 del 23 maggio 1984; n. 308 del 19 luglio
1988; n. 118 del 9 aprile 1990; n. 62 del 26 aprile 1991; decreto del 5 agosto 1994) ovvero, come

nel caso di specie, da una normativa dettata “ai fini della determinazione della quota di
contributo per la concessione di edificare”, ai sensi dell’art. 6 della legge 28 gennaio
1977, n. 10 (cfr. “preambolo” al Decreto ministeriale Lavori pubblici 10 maggio 1977, n. 801),
6
RG n. 16688/2009
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Co
Stefant ì vieti

riferita la “utilità” della superficie a ciascuna delle diverse modalità di impiego del bene elencate al

ad un’altra normativa dettata in funzione della delimitazione dell’ambito di intervento
pubblico destinato alla realizzazione della “edilizia economica e popolare”, e volta a
demarcare, esclusivamente a tale fine, le caratteristiche degli alloggi popolari (che nella
massima dimensione consentita, realizzabile con il contributo od il concorso pubblico, sono costituti
da “alloggi di quattro vani abitabili, oltre agli accessori costituiti da cucina, bagno, latrina,
ripostiglio ed ingresso, a condizione che la superficie totale utile di ciascun alloggio non sia
art. 48co3 del r.d. 28

aprile 1938, n. 1165 – Approvazione del testo unico delle disposizioni sull’edilizia popolare ed
economica- , introdotto dalla legge 25.3.1943 n. 290) dalle caratteristiche degli immobili “di

lusso” la cui edificazione non è ricompresa nell’ambito dell’intervento di sostegno delle
Amministrazioni pubbliche.
Le diverse esigenze in base alle quali viene “modulato” dal Legislatore, mediante
determinazione espressa ovvero mediante rinvio formale ad altre discipline normative, il
criterio di calcolo della dimensione della superficie immobiliare (indicativa al riguardo è la
circostanza che, nell’art. 48co3 RD n. 1165/1938 gli “accessori” sono ricornpresi nella
determinazione della “superficie utile” dell’alloggio popolare -che deve corrispondere a dimensioni
ridotte-, mentre sono -almeno in parte- esclusi dalla determinazione della “superficie utile” degli
immobili di lusso come individuata dall’art. 6 del DM n. 107211969, pur trattandosi di tipologia di
immobili destinati in entrambi i casi ad esigenze abitative), impedisce di risalire ad una

nozione giuridica unitaria di “superficie utile” (genericamente intesa come superficie
abitabile), dovendo in conseguenza essere utilizzato, laddove specificamente determinato

ex lege, il criterio di calcolo della superficie espressamente previsto dalla norma che si
renda applicabile al caso concreto.

11. La scelta -espressione di insindacabile discrezionalità politica- operata dal
Legislatore tributario, in materia di IVA e di imposta di registro, è stata quella di
adottare, ai fini fiscali, quale unico criterio di determinazione della “superficie utile”,
quello stabilito dall’art. 6 del DM LL.PP. del 2 agosto 1969 n. 1072, che fissa nel limite
massimo di mq. 240 “esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto
macchine” lo spartiacque per la fruizione delle agevolazioni fiscali (aliquote d’imposta
7
RG n. 16688/2009
ric. Ag.Entrate c/Ceola Edoardo

C
Stefa

est.
ivieri

superiore a 90 metri quadrati, in essa compresa quella degli accessori”:

ridotte), rimanendo pertanto escluso, in assenza di elementi di incertezza sulla portata
semantica della disposizione, ed in particolare sulla esatta individuazione degli accessori
o pertinenze -tassativamente elencati- esclusi dal computo dell’area della superficie utile,
il ricorso ad integrazioni “ab externo” del contenuto prescrittivo della norma, mediante
trasposizione o rinvio a differenti criteri di calcolo definiti da altre fonti normative a fini
diversi dalla imposizione tributaria (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 22279 del 26/10/2011;
secondo le quali il requisito di abitabilità non assume alcuna rilevanza nella norma che intende
invece riferirsi all’espletamento all’interno dell’immobile di tutte le funzioni proprie della vita del
“padrone”. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 861 del 17/01/2014; id. Sez. 5, Sentenza n. 7068 del
26/03/2014 che escludono espressamente la possibilità di integrazione del criterio di cui all’art. 6
DM n. 1072/1969 con quello, più ampio, previsto dal DM n. 801/1977).

11. In conclusione il ricorso deve essere accolto, la sentenza impugnata va cassata e
non occorrendo procedere ad ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa
nel merito, ai sensi dell’art. 384co2 c.p.c., con il rigetto del ricorso introduttivo. La parte
resistente deve essere condannata alla rifusione dlele spese del giudzio di legittimità,
comeliquidate in dipositivo, dovendo essere dichiarate interamente compensate le spese
dei gradi di merito, essendosi consolidata la giurisprudenza della Corte nelle more del
giudzio.

P.Q.M.
La Corte :
– accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il
ricorso introduttivo;
– condanna la parte resistente alla rifusione delle spese del giudzio di legittimità,
liquidate in € 5.000,00 oltre le spese prenotate a debito, dichiarando interamente
compensate tra le parti le spese relative ai gradi di merito.

Così deciso nella camera di consiglio 22.6.2015

id. Sez. 5, Sentenza n. 10807 del 28/06/2012; id. Sez. 5, Sentenza n. 23591 del 20/12/2012,

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