Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4330 del 21/02/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 2 Num. 4330 Anno 2013
Presidente: FELICETTI FRANCESCO
Relatore: PARZIALE IPPOLISTO

SENTENZA
sul ricorso 19690-2006 proposto da:
VERDICCHIO GIOVANNI VRDGNN48M24F268Y, elettivamente
dorniciliato in ROMA, VIA FABIO MASSIMO 60, presso lo studio
dell’avvocato MASTROBUONO SEBASTIANO, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato NARDI ROMANO, come da procura
speciale in calce al ricorso;
– ricorrente contro
GRAMAGLIA SRL in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimata sul ricorso 25732-2006 proposto da:
GRAMAGLI A SRL in persona del legale rappresentante pro tempore
00664540424, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE
MILIZIE 48, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO

Data pubblicazione: 21/02/2013

CORVASCE, rappresentato e difeso dagli avvocati ORTINI
GUERRINO, ALFIERI ARTURO, come da procura speciale a
margine del controricorso;

-controricorrente e ricorrente incidentale –

VERDICCHIO GIOVANNI VRDGNN48M24F268Y, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA FABIO MASSIMO 60, presso lo studio
dell’avvocato MASTROBUONO SEBASTIANO, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato NARDI ROMANO, come da procura
speciale in calce al ricorso principale;

– controricorrente al ricorso incidentale avverso la sentenza n. 334/2005 della CORTE D’APPELLO di
ANCONA, depositata il 13/06/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
17/09/2012 dal Consigliere dott. IPPOLISTO PARZIALE;
udito l’Avvocato MASTROBUONO Sebastiano, difensore del
ricorrente che si riporta agli atti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
COSTANTINO FUCCI che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. – Giovanni Verdicchio, odierno ricorrente, con contratto del
settembre 1988 incaricava l’odierna intimata, GRAMAGLIA srl, di
realizzare una piscina per la sua abitazione, nonché di fornire i
necessari teli di copertura, il tutto per un importo totale di 16 milioni
di lire.
A causa di vizi e difetti riscontrati nell’opera, Giovanni
VERDICCHIO adiva il Tribunale di Macerata per chiedere la
condanna della società al risarcimento dei danni subiti, indicati per un
Ric. 2006 n. 19690 e n. 25732

sez.

52 – ud. 17-09-2012

-2-

contro

importo di 2 milioni di lire, nonché alla riduzione del prezzo per un
importo pari al costo necessario per l’eliminazione dei vizi, costo
indicato in 10 milioni di lire.
Secondo quanto riportato dalla sentenza impugnata, espletata
l’istruttoria e svolta c.t.u., il Tribunale di Macerata con sentenza del

pagamento di complessivi L. 9.599.494, oltre Iva, con l’ulteriore
rivalutazione monetaria

e gli interessi legali; b) disponendo la

compensazione di lire 1.599.000 dovute alla convenuta quale residuo
importo per la fornitura di un telo di copertura; c) rigettando nel resto
la domanda di risarcimento dell’attore. Il Tribunale liquidava tale
importo, sia a titolo di riduzione del prezzo che per risarcimento del
danno, sommando le seguenti voci: L. 7.912.747 per la sostituzione del
tela di rivestimento e di profilati di alluminio, L 1.288.747 per la
mancata fornitura di una vasca in acciaio e

398.000 per lo

svuotamento e riempimento della piscina durante le riparazioni.
2. – Entrambe le parti impugnavano la sentenza e la Corte d’appello di
Ancona, con decisione n. 334 del 2005, pubblicata il 3 giugno 2005,
accoglieva in parte l’appello principale della società riducendo a L.
3.826.000 l’importo dovuto al Verdicchio, oltre interessi e
rivalutazione, rigettando i restanti motivi e l’appello incidentale.
Per quanto ancora interessa in questa sede la Corte di appello,
qualificato come appalto il contratto intercorso tra le parti, riteneva che
il primo giudice aveva errato a sovrapporre le due azioni (riduzione del
prezzo ed eliminazione dei difetti a spese dell’appaltatore), azioni tra
loro incompatibili (pagina 8 della sentenza).
Giovanni VERDICCHIO aveva scelto di proporre l’azione di
riduzione del prezzo con la conseguenza che il giudice avrebbe dovuto
ridurre il prezzo del minor valore del bene. In particolare, secondo la

Ric. 2006 n. 19690 e n. 25732 sez. 52 – ud. 17-09-2012

-3-

2003 accoglieva in parte la domanda: a) condannando la convenuta al

Corte territoriale, doveva essere riconosciuta per intero la deduzione
relativa alla mancata fornitura della vasca di compensazione per
l’importo contrattuale previsto di L. 1.900.000, dovendosi invece
diversamente valutare l’importo della riduzione per i vizi puramente
estetici (diversità cromatiche) riscontrati nella copertura, da valutarsi

escludere gli importi dovuti per il risarcimento dei danni per le perdite
d’acqua e conseguenti rabbocchi (L. 398.000) nonché l’importo
richiesto (3 milioni di lire) per l’eliminazione dei relativi vizi non
essendo stata fornita la prova del nesso causale tra l’attività riferibile
alla appaltatrice e quanto lamentato.
In particolare, la Corte territoriale deduceva dalla somma di 16 milioni
di lire, relativa all’importo della fornitura, L. 1.900.000 per la mancata
fornitura della vasca di riempimento e, sull’importo così risultante pari
a 14.100.100, deduceva il 25% (pari a lire L. 3.525.000) quale riduzione
del prezzo per il vizio prevalentemente estetico riscontrato nel telo di
copertura, determinando così in 5.425.000 (1.900.000 + 3.525.000)
l’importo complessivo della riduzione del prezzo. Sull’importo
riconosciuto la Corte d’appello operava poi la compensazione per il
residuo debito di L. 1.599.000 dovuto dall’odierno ricorrente a saldo
per il pagamento della fornitura del telo di copertura invernale,
determinando così complessivamente l’importo del dovuto da parte la
società in L 3.826.000, disponendo la rivalutazione del credito a far
data dall’epoca della coesistenza dei rapporti di debito-credito
(novembre 1990) con gli interessi legali per il ritardo nel pagamento da
calcolarsi sull’importo originariamente dovuto e sui successivi
adeguamenti di tale importo per la svalutazione pure riconosciuta.
3. Giovanni VERDICCHIO impugna con ricorso principale la
suindicata sentenza, articolando cinque motivi di ricorso. Resiste con

Ric. 2006 n. 19690 e n. 25732

sez.

52 – ud. 17-09-2012

-4-

equitativamente nel 25% del residuo corrispettivo, dovendosi poi

controricorso e propone a sua volta ricorso incidentale condizionato,
affidato a due motivi, la società intimata. VERDICCHIO
GIOVANNI resiste con controricorso al ricorso incidentale.

MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorsi, in quanto proposti avverso la medesima sentenza, vanno

1. Il ricorso principale.
1.- Col primo motivo di ricorso si deduce: «Violazione e falsa applicazione

dell’art. 1668 c.c., degli ari?. 112. e 113 c.p.c., e delle norme ermeneutiche
nell’intopretazione della domanda, nonché omessa o comunque erronea insufficiente
e contraddittoria motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia (art.
360 commi 3 e 5 c.p.c.) in relazione al mancato riconoscimento, in favore dell’attore
della somma necessaria per l’eliminazione dei vizi e difetti riscontrati nell’opera
appaltata e dei danni cagionati.
Fin dal primo grado di giudizio, erano state avanzate due domande: la
prima per il pagamento dell’importo “dovuto per la riduzione del
prezzo sia per i vizi dell’opera, per una somma pari alle spese
necessarie per la loro eliminazione, sia per la mancata fornitura della
vasca in carbonio”, la seconda per il risarcimento del danno sofferto.
Mentre il giudice di primo grado aveva accolto le domande,
riconoscendo la somma di lire L. 9.599.494, oltre Iva (L. 7.912.847 per
la sostituzione del telo di copertura, lo svuotamento della piscina e per
la sostituzione dei profilati di alluminio affetti da corrosione e lire L.
1.288.135 quale riduzione del prezzo per la mancata fornitura della
vasca in carbonio), la Corte d’appello aveva ritenuto che la riduzione
del prezzo potesse valutarsi equitativaente nella misura del 25% del
residuo corrispettivo, in via proporzionale tra il valore del bene quale
“ritenuto concordemente dalle parti e quello dello stesso bene nelle
attuali condizioni”. La Corte di merito era giunta a tale conclusione in

Ric. 2006 n. 19690 e n. 25732 sez. 52 – ud. 17-09-2012

-5-

riuniti ai sensi dell’art. 335 cpc.

conseguenza di un’errata interpretazione delle domande attrici in
relazione articolo 1668 codice civile; di una erronea letturainterpretazione della sentenza di primo grado; di un travisamento dei
motivi di appello della controparte.
La Corte territoriale, quindi, era incorsa nei seguenti errori. Aveva

che aveva chiesto la riduzione del prezzo per un importo pari al costo
dell’eliminazione dei vizi e il risarcimento del danno dovuto alla perdita
d’acqua e alle spese per la sua eliminazione. Aveva errato nel ritenere
che il vizio cromatico (colori diversi) riscontrato sul tela di copertura
potesse quantificarsi nel 25% della fornitura, stante il valore esteticofunzionale della piscina, dovendo invece riconoscere l’importo
monetario necessario per la sostituzione del telo di copertura. Aveva
errato nell’interpretare la domanda, non avendo considerato che era
stata richiesta la riduzione del prezzo, ma con riguardo al costo
necessario per l’eliminazione dei vizi, domanda questa che, semmai,
poteva essere inquadrata nell’ambito del richiesto risarcimento dei
danni. Sotto tale profilo, secondo il ricorrente, sussiste anche
violazione dell’articolo 112 c.p.c. non essendovi corrispondenza
sostanziale tra il chiesto e il pronunciato. Quanto poi alla richiesta di
risarcimento dei danni, essi erano stati individuati nella continua
perdita dell’acqua e nei necessari rabbocchi conseguenti alla mancata
tenuta del tubo (che tali perdite aveva determinato).
Il ricorrente osserva, poi, che erroneamente la Corte territoriale aveva
escluso la non cumulabilità dell’azione di riduzione del prezzo con
quella di risarcimento del danno, posto che si può ben chiedere a titolo
di danni il riconoscimento dell’importo necessario per eliminazione dei
vizi. La Corte territoriale era poi incorsa nella violazione dell’articolo
112 c.p.c. anche sotto altro profilo, poiché l’appello proposto dalla

Ric. 2006 n. 19690 e n. 25732

sez. 52 – ud. 17-09-2012

-6-

errato nell’interpretare la domanda avanzata in primo grado dell’attore,

società riguardava l’erroneo ritenuto cumulo tra l’azione quanti minoris e
il risarcimento del danno, avendo invece la Corte territoriale ritenuto
violata la regola della non cumulabilità del adio quanti minoris con quella
della eliminazione dei vizi.
In ogni caso, secondo il ricorrente, la Corte territoriale era incorsa nel

percentuale della riduzione del prezzo, anche sotto il profilo di cui
all’articolo 113 c.p.c. Nessun criterio era stato indicato per
l’individuazione di tale percentuale, mancando anche ogni riferimento
alla c.t.u. che aveva invece ritenuto che la riduzione di valore dovesse
individuarsi nel costo necessario alla eliminazione dei vizi.
1.2 – Il motivo è infondato in tutte le sue censure. La Corte territoriale
ha interpretato le domande avanzate dal committente (valutando in
particolare le conclusioni definitive, vedi pagina 8 della sentenza),
ritenendo proposta domanda di riduzione del prezzo “sia per i vizi
dell’opera per una somma pari alle spese necessarie per la loro eliminazione, così
come quantificata dal c.t.u…., sia per mancata fornitura della vasca di carbonio”.
Aveva poi ritenuto che il giudice di primo grado, avendo accolto
entrambe le domande, era “incorso nell’errore… di sovrapporre le due azioni,
quella di riduzione del prezzo e quella di eliminazione dei difetti e delle difformità
a spese dell’appaltatore”, domande da tenere distinte, perché tra loro
incompatibili, pur avendo come presupposto comune l’inesatto
adempimento, ma essendo invece l’una rivolta a “soddisfare l’interesse del
committente, il quale intenda tenersi egualmente l’opera difettosa pur ad un prezzo
inferiore in proporzione al minor suo valore, l’altra a soddisfare l’opposto interesse
dello stesso all’esatto adempimento… ed a pretendere l’eliminazione dei difetti…”.
Trattandosi di rimedi alternativi, la scelta competeva al committenteattore, che l’aveva operata, proponendo un’azione di riduzione del
prezzo.
Ric. 2006 n. 19690 e n. 25732

sez. 52 – ud. 17-09-2012

-7-

vizio di motivazione con riguardo alla immotivata determinazione

Tale interpretazione appare corretta ed esente dalle censure avanzate,
perché fondata sulle espressioni letterali utilizzate dallo stesso attore in
sede di conclusioni, coerenti con l’attività svolta in giudizio. Patimenti
corretta è la conclusione tratta dalla Corte territoriale circa la ritenuta
incompatibilità tra azione di riduzione del prezzo e azione di

volte affermato da questa Corte e pienamente condiviso. Parimenti
correttamente la Corte di merito ha ritenuto che fosse possibile
avanzare anche l’azione di risarcimento del danno, che si cumula ad
una delle due azioni su indicate, nei limiti in cui però ne sussistano i
relativi presupposti. La Corte poi non ha accolto la domanda di
risarcimento del danno, ritenendo non provata la necessaria causalità
tra attività svolta dalla resistente e danno richiesto.
Una volta chiesta la riduzione del prezzo, non restava da fare altro che
valutare il minor valore della cosa fornita in relazione al vizio
lamentato. E ciò ha fatto la Corte territoriale, rilevando che il telo di
copertura era risultato perfettamente adeguato alle sue funzioni (di
copertura), residuando soltanto una divergenza cromatica. Dovendo
valutare tale ultimo difetto in relazione al complessivo valore
dell’opera, la Corte territoriale, in mancanza di diversi elementi, ha
concluso – con valutazione esente dalle censure prospettate in questa
sede – di dover procedere in via equitativa, individuando l’importo
nella misura del 25% del valore dell’opera. La Corte, così operando, ha
correttamente esercitato il suo potere discrezionale al riguardo,
motivando con riferimento al tipo di difetto lamentato in relazione alla
complessiva funzione svolta dal telo di copertura, di protezione
(completamente assolto) ed estetica (non completamente assolto).
La Corte territoriale, nella determinazione del danno in via equitativa,
ha fatto, quindi, riferimento ai criteri obiettivi suindicati.

Rie. 2006 n. 19690 e n. 25732

sez.

52 – ud. 17-09-2012

-8-

eliminazione dei vizi da parte dell’appaltatore, secondo un principio più

Non sussiste nemmeno la dedotta violazione dell’articolo 112 c.p.c. alla
stregua delle osservazioni formulate, perché, una volta ritenuta corretta
l’interpretazione data dalla Corte territoriale alla domanda così come
formulata, la pronuncia è stata resa nell’ambito di quanto domandato.
Parimenti corretta risulta l’interpretazione dei motivi di appello così

censura in relazione al cumulo della pronuncia operata con riguardo
alla riduzione del prezzo e all’eliminazione dei vizi e non già alla
domanda di risarcimento del danno, posto che il giudice di prime cure,
nell’accogliere la domanda, aveva riconosciuto le somme dovute
indistintamente per riduzione del prezzo e risarcimento con una
equivocità tale da consentire di ritenere pertinente il relativo motivo di
appello.
2. — Col secondo motivo di ricorso si deduce: «Violazione e falsa
applicazione degli arti. 1218 e ss c.c., e dei principi che regolano il risarcimento del
danno da inadempimento contrattuale, nonché omessa, insufficiente e comunque
contraddittoria motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia (art.
360 commi 3 e 5 c.p.c.), circa il mancato riconoscimento del risarcimento del danno
per l’IVA versata in eccesso e per le spese sostenute nel 1990 dal
VERDICCHIO per lo svuotamento ed il successivo riempimento della piscina».
Il ricorrente lamenta che nel conteggio operato dalla Corte territoriale
nel riconoscere il dovuto non sia stato considerato l’importo dell’Iva,
in quanto la riduzione del prezzo era stata conteggiata al netto dell’Iva.
Da ciò un indebito versamento pari all’importo della maggiore Iva
pagata sul totale pattuito rispetto al totale determinato dal giudice.
Inoltre, la Corte territoriale aveva errato a non riconoscere le spese di
svuotamento e di riempimento della piscina sostenute nel 1990 (pari a
L. 398.000) proprio allo scopo di consentire alla società di effettuare le

Ric. 2006 n. 19690 e n. 25732 sez. 52 – uct, 17-09-2012

-9-

come effettuata dalla Corte locale, che ha ritenuto proposta una

riparazioni pattuite, mancando sul punto qualsiasi specifica
motivazione.
2.1 — Il motivo è fondato e va accolto nei limiti di quanto di seguito si
chiarisce.
In effetti, correttamente il conteggio del dare-avere è stato operato

dovuta ad altro titolo, ex lege, rispetto al contratto). Sicché, ove
calcolata (o corrisposta) nella misura superiore rispetto al dovuto,
sussiste un diritto al rimborso per la eventuale differenza, calcolata tra
quanto già corrisposto e quanto risultato definitivamente dovuto. Sul
punto la motivazione è carente.
È invece infondata la censura che riguarda il mancato riconoscimento
del risarcimento del danno, posto che la Corte territoriale ha chiarito,
sulla base della espletata CTU, che non risultavano chiari elementi di
responsabilità a carico della odierna resistente, tenuto conto che
quest’ultima non aveva effettuato tutti i lavori, essendo intervenuta
altra ditta, che poteva essere responsabile dei danni in questione. Così
operando la Corte territoriale non ha violato i principi in materia di
onere della prova. Occorre rilevare, infatti, che la pronunzia di merito
è viziata per violazione dell’art. 2697 c.c. solo ove il giudice abbia
erroneamente applicato i principi regolatori dell’onere della prova.
Diversamente, la questione attiene alla valutazione delle risultanze
processuali e ridonda in eventuale vizio di motivazione.
3. — Col terzo motivo di ricorso si deduce: «Violazione e falsa appkcazione

dell’art. 1218 c.c, e dell’art. 2697 c.c. e dei principi che regolano l’onere della
prova, nonché omessa insufficiente o comunque contraddittoria motivazione, in
ordine ad un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 commi 3 e
3 c.p.c., circa il mancato riconoscimento della re.sponsabiktà della
GRAMAGLIA per le perdite d’acqua dell’impianto».
kic. 2006 n. 19690 e n. 25732 sei. 52 ud. 17-09-2012

-10-

dalla Corte di merito senza tener conto dell’IVA (trattandosi di somma

Secondo il ricorrente, la Corte territoriale ha fatto errata applicazione
dei principi sull’onere della prova, ritenendo che la riscontrata causa
delle perdite dell’acqua (individuata nella c.t.u. nell’inadeguata tenuta di
un tubo) non potesse addebitarsi con certezza alla società convenuta
posto che i successivi lavori di reinterro, effettuati dopo la riparazione,

provare l’esatto adempimento, essendo sufficiente per il ricorrente
provare l’inadempimento. La Corte territoriale sul punto aveva anche
erroneamente interpretato le risultanze della c.t.u. che aveva accertato
la causa della perdita (occlusione di un tubo) e che aveva correttamente
indicato il relativo rimedio, tanto che una volta seguite le indicazioni
del CTU le perdite d’acqua non si erano più verificate. L’accertamento
positivo del difetto era quantomeno sufficiente a provare il danno per
il passato. Osserva ancora il ricorrente che la Corte territoriale aveva
anche errato a richiamare le risultanze c.t.u. che riguardavano la rottura
di altri due tubi passanti, che nulla avevano a che fare con le perdite.
3.1. Tale motivo è infondato. Per quanto riguarda la violazione dei
principi in materia di onere della prova, si richiama quanto già
affermato nella trattazione in parte qua del secondo motivo.
Quanto alla violazione dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., occorre
osservare, in linea generale, che il motivo di ricorso per cassazione con
il quale viene mossa censura per vizi di motivazione ex art. 360 n. 5
cod. proc. civ. deve essere inteso a far valere, a pena d’inammissibilità
ex art. 366 n. 4 cod. proc. civ. in difetto di loro specifica indicazione,
carenze o lacune nelle argomentazioni, ovvero illogicità nell’attribuire
agli elementi di giudizio un significato fuori dal senso comune, od
ancora mancanza di coerenza tra le varie ragioni esposte per assoluta
incompatibilità razionale degli argomenti ed insanabile contrasto tra gli
stessi.
Ric. 2006 n. 19690 e n. 25732 sez. 52 – ud. 17-09-2012

-11-

erano stati eseguiti da altra impresa. Spettava alla società oggi resistente

Tale motivo non può, invece, essere inteso a far valere la non
rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito
al diverso convincimento soggettivo della parte. In particolare, non
può essere proposto un preteso migliore e più appagante
coordinamento dei molteplici dati acquisiti, in quanto tali aspetti del

giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli
elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero
convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell’iter forrnativo di
tale convincimento, rilevanti ai sensi della norma in esame, giacché,
diversamente, il motivo di ricorso per cassazione si risolverebbe in una
inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti
del giudice del merito, e cioé di nuova pronunzia sul fatto, estranea alla
natura ed alle finalità del giudizio di legittimità.
Nel caso in questione, la Corte ha adeguatamente e compiutamente
motivato su tutte le questioni indicate. Non si evidenziano carenze o
lacune nelle argomentazioni ovvero elementi di illogicità consistenti
nell’attribuire agli elementi emersi in giudizio un significato fuori dal
senso comune, o mancanza di coerenza tra le varie ragioni esposte e
quindi un’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti e un
insanabile contrasto degli stessi.
In definitiva con la censura avanzata la parte ricorrente intenderebbe
far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti al suo
convincimento, proponendo un migliore e più appagante
coordinamento dei molteplici dati acquisiti. Intende, quindi, proporre
un’inammissibile nuova valutazione dei fatti o censurare aspetti del
giudizio interni all’ambito della discrezionalità di valutazione delle
prove e dell’apprezzamento dei fatti (art. 116 cod. proc. civ.), che
attengono al libero convincimento del giudice.

kic. 2006 n. 19690 e n. 25732 sez. 52 – ud. 17-09-2012

-12-

N\i

4. Col quarto motivo di ricorso si deduce: «Violazione e falsa applicazione
degli arti. 1218, 1223, 1224 c.c. e dei principi che regolano il danno da
svalutazione monetaria, nonché omessa, insufficiente o comunque contraddittoria
motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia, in relazione all’art.
360 commi 3 e 5 c.p.c., circa il mancato riconoscimento della rivalutazione

della compresenza dei due opposti crediti compensati».
Lamenta il ricorrente che la rivalutazione sull’importo relativo alla
riduzione del prezzo (L. 5.525.000) sia stata riconosciuta a decorrere
dal 1990 (data della compresenza dei rispettivi crediti), piuttosto che
dal 1988, epoca della conclusione del contratto. Il credito per la
riduzione del prezzo deve considerarsi credito di valore e va, quindi,
rivalutato fin dal momento della produzione del danno e cioè, secondo
il ricorrente, dal settembre 1988, data della conclusione del contratto,
mentre la compensazione poteva essere operata solo dal 19 settembre
1990, epoca dell’emissione della fattura per il telo di copertura.
Conseguentemente la Corte territoriale non aveva riconosciuto la
rivalutazione dal 1988 al 1990.
4.1 — Anche tale motivo è infondato. Correttamente la Corte
territoriale ha preso in considerazione ai fini della compensazione dei
relativi crediti l’epoca dell’effettiva esecuzione delle relative
obbligazioni, nascendo il diritto alla riduzione del prezzo dal momento
dell’inesatto adempimento e non giì dal momento della conclusione
del contratto. In relazione alla contemporanea presenza dei rapporti
dare-avere la Corte territoriale ha fatto riferimento a tale epoca per la
relativa compensazione, conteggiando anche da quel momento la
rivalutazione.
5. Col quinto motivo di ricorso si deduce: «Erronea e comunque
insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un punto decisivo della

Ric. 2006 n. 19690 e n. 25732 sez. 52 – ud. 17-09-2012

-13-

monetaria dall’epoca della conclusione del contratto di appalto anziché da quella

controversia, in relazione all’art. 360 comma 5 c.p.c., in punto di compensazione,
nella misura della metà, delle .pese di giudizio».
Il ricorrente lamenta la disposta compensazione delle spese per la
metà, motivata solo con riguardo alla “sensibile riduzione delle originaria

pretesa attorear’.

secondo motivo, dovendosi valutare le spese all’esito del giudizio di
rinvio.
6. Il ricorso incidentale.
Con il ricorso incidentale vengono articolati due motivi.
Con il primo motivo si lamenta la violazione dell’art. 1224 codice civile
in conseguenza dell’avvenuto riconoscimento degli interessi legali in
mancanza di prova sul danno. L’obbligo di restituire parte del prezzo è
debito di valuta e in tal caso la rivalutazione poteva essere riconosciuta
solo in presenza di un danno provato. In ogni caso, il ritardo non
attribuisce il diritto all’automatica rivalutazione nella forma di
riconoscimento degli interessi, che spettano per l’ulteriore danno da
lucro cessante solo se questo si è determinato e risulta provato.
Sussiste carenza di motivazione sul punto.
Con il secondo motivo di ricorso incidentale, che viene formulato in
via condizionata, si lamenta la carenza di motivazione sulla
determinazione al 25% dell’importo della riduzione del prezzo, posto
che la funzione estetica poteva aver inciso al massimo per un 5%
dell’intera fornitura.
6.2 — Il primo motivo del ricorso incidentale è fondato e va accolto,
mentre il secondo resta assorbito dal rigetto del ricorso principale sul
punto.
La Corte territoriale ha correttamente affermato che il credito del
committente, derivante dal vittorioso esperimento dell’azione di

Ric, 2006 n. 19690 e n, 25732 sez. 52 – ud. 17-09-2012

-14-

5.1 — Il motivo resta assorbito per effetto dell’accoglimento del

riduzione, è di valore con conseguente necessità di liquidazione dello
stesso all’attualità (Cass. 2006 n. 24301 e successive conformi). Ha poi
riconosciuto il maggior danno per ritardo, attribuendo anche gli
interessi

“sull’importo originariamente dovuto e quindi sui progressivi

adeguamenti di esso in dipendenza della sopravvenuta inflazione”.

La Corte territoriale è incorsa, quindi, nell’errore denunciato, posto che
il ritardo nella percezione dell’equivalente monetario del danno non dà
automaticamente diritto anche agli interessi, che invece competono
dalla data della sentenza, momento nel quale si determina la
conversione del debito di valore in debito di valuta con il
riconoscimento da tale data degli interessi corrispettivi (Cass. n. 8507
del 14/04/2011, Rv. 617677). Al riguardo, questa Corte ha, infatti,
avuto occasione di affermare, con orientamento condiviso da questo
Collegio, che: «Nei debiti di valore i cosiddetti interessi compensativi costituiscono
una mera modalità liquidato ria del danno causato dal ritardato pagamento
dell’equivalente monetario attuale della somma dovuta all’epoca dell’evento lesivo.
Tale danno sussiste solo quando, dal confronto comparativo in unità di pezzi
monetari tra la somma rivalutata riconosciuta al creditore al momento della
liquidazione e quella di cui egli di.Oorrebbe se (in ipotesi tempestivamente
soddisfatto) avesse potuto utilizzare l’importo allora dovittogii secondo le forme
considerate ordinarie nella comune eaperienza ovvero in impieghi più remunerativi,
Li seconda ipotetica somma sia maggiore della prima, solo in tal caso potendosi
ravvisare un danno da ritardo, indennizzabile in vario modo, anche mediante il
meccanismo degli interessi, mentre in ogni altro caso il danno va escluso» (Sez. 3,
Sentenza n. 22347 del 24/10/2007, Rv. 599829).
Una volta riconosciuta la svalutazione, per attribuire anche gli interessi
legali era necessario verificare se vi fosse un ulteriore danno, verifica
non effettuata.

Ric. 2006 n. 19690 e n. 25732 sez. 52 – ud. 17-09-2012

-15-

)2

7. – In conclusione, vanno accolti il secondo motivo del ricorso
principale e il primo motivo del ricorso incidentale; va dichiarato
assorbito il quinto motivo del ricorso principale e il secondo del
ricorso incidentale, mentre vanno rigettati gli altri motivi del ricorso
principale. La sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi

d’appello di Ancona in diversa composizione.

P.T.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il secondo motivo del ricorso
principale e il primo motivo del ricorso incidentale nei sensi di cui in
motivazione; dichiara assorbiti il quinto motivo del ricorso principale e
il secondo motivo del ricorso incidentale, rigetta gli altri motivi del
ricorso principale; cassa e rinvia, anche per le spese, alla Corte
d’appello di Ancona in diversa composizione.
Così deciso in Roma, Camera di Consiglio del 17 settembre 2012
L’ESUNS9RE

IL PRESIDENTE

accolti e va rinviata, anche per la regolazione delle spese, alla Corte

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA