Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4329 del 18/02/2021

Cassazione civile sez. trib., 18/02/2021, (ud. 19/11/2020, dep. 18/02/2021), n.4329

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – rel. Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita Bianca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 10343/2015 vertente tra:

L.C., elettivamente domiciliato in Roma, via Sforza

Pallavicini 18, presso lo studio dell’avv. Rosario Rao,

rappresentato e difeso dagli avvocati Salvatore Catania e Francesco

Cucinotta in virtù di procura speciale a margine del ricorso

principale;

– ricorrente principale e controricorrente al ricorso incidentale –

e

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

Nonchè

A.T. e A.S. (la prima anche in proprio ed

entrambi nella qualità di coeredi di con beneficio di inventario di

A.R.), elettivamente domiciliati in Roma, via Sforza

Pallavicini 18, presso lo studio dell’avv. Rosario Rao,

rappresentati e difesi dagli avvocati Salvatore Catania e Francesco

Cucinotta in virtù di procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrenti al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 3255/02/14 della CTR della Sicilia, depositata

il 27/10/2014;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, Dott. MUCCI

ROBERTO, il quale ha chiesto, previa riunione del presente

procedimento a quello recante il n. 7429/2015 RG, l’accoglimento del

ricorso incidentale e il rigetto di quello principale;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/11/2020 dal Consigliere REGGIANI ELEONORA.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 238 del 2009 il tribunale di Patti ha definito due procedimenti riuniti, riguardanti entrambi l’adempimento degli obblighi connessi alla compravendita di azioni della società “Gioiosa s.p.a.”, pattuiti in due diverse scritture private, stipulate da B.L., in qualità di venditore, con gli acquirenti L.C., da una parte, e A.T. e A.R., dall’altra. Entrambi i giudizi erano stati promossi da S.D.M.T., vedova di B.L., con il successivo intervento dei figli O. e B.M.C., che hanno formulato le stesse conclusioni dell’attrice.

Nella menzionata sentenza, il tribunale di Patti ha statuito come segue:

“Condanna il L. per le causali di cui in motivazione al pagamento a favore di S.D.M.T., B.O., B.M.C. di Euro 1.009.853,75 per ciascuno di essi oltre interessi legali dall’11.02.1991 sull’importo di Euro 731.647,27 e dal 31.01.1992 sulla somma residua sino al soddisfo e, con le medesime decorrenze, al pagamento anno per anno sul capitale iniziale della somma pari alla differenza tra il tasso di rendimento medio annuo netto dei titoli di Stato di durata non superiore ai dodici mesi ed il saggio degli interessi legali dalla data della decisione al soddisfo.

Condanna S.D.M.T., B.O., B.M.C. – previo pagamento del superiore prezzo da parte del L. – al trasferimento delle azioni in loro possesso a favore di costui; li condanna altresì al pagamento in favore di A.R. e A.T. in Branca della somma di Euro 167.848,49 oltre interessi e di Euro 247.291,00 oltre interessi dalla domanda ossia dal 02.04.1997 al soddisfo e, con la medesima decorrenza, al pagamento anno per anno sul capitale iniziale della somma pari alla differenza tra il tasso di rendimento medio annuo netto dei titoli di Stato di durata non superiore ai dodici mesi ed il saggio degli interessi legali dalla data della decisione al soddisfo.

Rigetta le altre domande e dichiara compensate le spese del giudizio”.

In relazione a tale statuizione, l’Agenzia delle entrate ha notificato a tutte le parti dei giudizi riuniti l’avviso di liquidazione n. (OMISSIS), chiedendo a queste ultime il pagamento, in solido tra loro, della complessiva somma di Euro 194.800,10, di cui Euro 194.687,00 a titolo di imposta di registro.

L.C., come pure gli altri destinatari dell’avviso, ha impugnato tale atto, che è stato annullato dalla CTR in totale riforma della decisione di primo grado.

In particolare, la CTR ha ritenuto che i due giudizi riniti, essendo relativi a rapporti contrattuali del tutto autonomi tra loro, dovessero essere considerati separatamente ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, la quale avrebbe dovuto essere ricalcolata, per ciascun interessato, in ragione del rispettivo coinvolgimento nel processo che si era concluso con la sentenza in esame, secondo le diverse statuizioni in essa contenute, con l’applicazione dell’aliquota del 3%, prevista per le pronunce aventi ad oggetto il pagamento di somme di denaro.

Avverso tale sentenza L.C. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

L’Agenzia delle entrate si è difesa con controricorso, eccependo in via preliminare l’inammissibilità del ricorso principale, di cui ha chiesto comunque il rigetto, e formulando anche tre motivi di ricorso incidentale, che ha notificato anche a A.T. e A.S. (la prima anche in proprio ed entrambi in qualità di eredi di A.R.), i quali si sono difesi con controricorso.

Anche L.C., ricorrente principale, ha contrastato il ricorso incidentale, illustrando le proprie difese con controricorso.

Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte, a cui L.C. ha replicato con memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso principale è dedotta la nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto della L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 1, e della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per avere la CTR ritenuto infondata l’eccezione di difetto di motivazione dell’avviso di liquidazione impugnato, nonostante l’omessa indicazione dei criteri seguiti dall’Ufficio nel determinare l’imposta dovuta per la registrazione della sentenza in questione.

Con il secondo motivo di ricorso principale è dedotta la nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, Tariffa, Parte Prima, allegata, art. 8, comma 1, lett. a, b) e c), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per avere la CTR ritenuto corretta l’applicazione dell’aliquota del 3%, prevista per le statuizioni dell’autorità giudiziaria aventi ad oggetto il pagamento di somme di denaro, e non la determinazione dell’imposta in misura fissa, stabilita per trasferimento di partecipazioni societarie, o almeno quella dell’1% dovuta per l’accertamento di diritti a contenuto patrimoniale.

Con il primo motivo di ricorso incidentale è dedotta la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 54, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per avere la CTR posto a carico dell’Ufficio l’obbligo di inserire nell’avviso di liquidazione elementi non previsti e di esplicitare valutazioni non richieste dalla norma menzionata, nella parte in cui ha affermato che avrebbero dovrito essere specificate le modalità di determinazione del tributo e valutate le diverse posizioni che gli interessati avevano rispetto alla sentenza della cui registrazione si trattava.

Con il secondo motivo di ricorso incidentale è dedotta la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 57, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per avere la CTR escluso la solidarietà tra tutte le parti in causa, ritenendo di dover distinguere i diversi rapporti oggetto dei due giudizi riuniti, perchè, in entrambi i casi, i soggetti coinvolti nel processo erano parti del rapporto processuale dedotto, a nulla rilevando la circostanza che i due rapporti fossero distinti e autonomi.

Con il terzo motivo di ricorso incidentale è dedotta la nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per non avere la CTR dato conto delle ragioni per le quali ha ritenuto che i signori A. fossero parti del rapporto dedotto in giudizio, non essendo ragione sufficiente a giustificare il diverso trattamento fiscale l’autonomia dei rapporti intercorsi tra B.L. e L.C., da una parte, e tra B.L. e i signori A., dall’altra.

2. Non è opportuno disporre la richiesta riunione del presente procedimento a quello recante il n. 7429/2015 RG, non sussistendo il rischio di contrasto tra giudicati ed essendo opportuno mantenere separati i giudizi ai fini di una snella trattazione delle questioni poste.

3. Si deve preliminarmente rilevare che tutte le parti in causa hanno concordemente affermato che la sentenza della CTR della Sicilia n. 3255/02/14, in questa sede impugnata, sebbene indichi, nell’intestazione, quale parte appellante, A.T. e A.S., si riferisca, in realtà, all’appello proposto da L.C. (v. p. 5-6 del ricorso per cassazione, p. 3 del controricorso con ricorso incidentale dell’Agenzia delle entrate, p. 2-4 del controricorso dei signori A.).

Tale assunto risulta corretto, come si evince chiaramente dalla lettura della sentenza che, nella descrizione dello svolgimento del processo, richiama inequivocamente l’appello proposto da L.C. e, nell’illustrazione dei motivi della decisione, si riferisce più volte alla posizione processuale di quest’ultimo, anche distinguendola da quella dei signori A. (v. p. 2, 4-6 della sentenza impugnata).

La CTR è evidentemente incorsa in un mero errore materiale, facilmente riconoscibile ed emendabile in sede interpretativa, nell’indicare le parti in causa, confondendo i nomi dei contribuenti che, quali obbligati in solido, hanno impugnato separatamente lo stesso avviso di liquidazione e, risultati soccombenti in primo grado, hanno proposto, sempre separatamente, appello contro le decisioni della CTP ad essi contrarie (v. p. 4-6 del ricorso per cassazione, p. 3 del controricorso con ricorso incidentale dell’Agenzia delle entrate, p. 4-6 del controricorso dei signori A.).

4. Sempre in via preliminare, occorre esaminare l’eccezione di inammissibilità del ricorso principale, formulata dall’Agenzia delle entrate a p. 4 del controricorso contenente anche il ricorso incidentale, fondata sulla dedotta estraneità di L.C. al procedimento definito con sentenza in questa sede impugnata.

Tale eccezione risulta infondata, per i motivi appena evidenziati, oltre che in evidente contraddizione con le allegazioni poco prima illustrate a p. 3 dello stesso atto, ove l’Agenzia delle entrate ha concordato nel ritenere che la sentenza in questa sede impugnata abbia riguardato l’appello proposto da L.C. contro la decisione che ha statuito in primo grado sull’impugnazione dell’avviso di liquidazione sopra descritto.

5. Ancora in via preliminare, si deve statuire sull’eccezione formulata da A.T. e A.S., i quali, nell’aderire a quanto dedotto dalla stessa Agenzia delle entrate e dal ricorrente in ordine all’appena descritto errore materiale, hanno eccepito la loro estraneità al presente giudizio, in quanto riferito esclusivamente alla vertenza tra l’Agenzia delle entrate e L.C..

L’eccezione risulta fondata, tenuto conto che, in base a quanto sopra evidenziato, i diversi obbligati in solido hanno proposto separata impugnazione avverso lo stesso avviso di liquidazione.

A.T. e A.S. non sono stati, dunque, parti nel giudizio definito con la sentenza oggetto della presente impugnazione.

Questa Corte, con orientamento condiviso, ha più volte ritenuto che la qualità di parte legittimata a proporre appello o ricorso per cassazione, come pure a resistervi, spetta ai soggetti che abbiano formalmente assunto la veste di parte nel previo giudizio di merito, con la conseguenza che va dichiarata inammissibile l’impugnazione proposta contro soggetti diversi da quelli che sono stati parti nel suddetto giudizio (così Cass., Sez. 2, n. 520 del 16/01/2012 e Cass., Sez. 1, n. 13954 del 16/06/2006).

Deve pertanto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso incidentale formulato nei confronti dei signori A..

6. Infine, occorre precisare che, contrariamente a quanto dedotto da L.C. nel controricorso, il ricorso incidentale dell’Agenzia delle entrate è ammissibile nei confronti di quest’ultimo, considerato che le censure ivi contenute non sono rivolte esclusivamente ai signori A., ma incidono sulla validità dell’avviso di liquidazione anche nei confronti del L. e sulla misura del suo debito tributario, attenendo alla motivazione dell’atto impositivo (primo motivo di ricorso incidentale), alla corretta individuazione dell’ambito soggettivo ed oggettivo della solidarietà (secondo motivo di ricorso incidentale) e alla motivazione della sentenza della CTR su quest’ultimo punto (terzo motivo di ricorso incidentale).

7. Passando ad esaminare i motivi di ricorso, per ragioni di ordine logico-sistematico, occorre procedere prima di tutto all’esame del ricorso incidentale, ove sono censurati l’atto impositivo e la statuizione della CTR con riferimento alla questione dei limiti della solidarietà tributaria tra le parti in causa, la cui correttezza è, invece, è presupposta dal ricorrente principale.

Com’è noto infatti, nel giudizio di cassazione, il ricorso incidentale, con cui vengono proposte questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito la cui decisione, secondo l’ordine logico e giuridico, precede quella del merito del ricorso principale, deve essere esaminato con priorità rispetto a quest’ultimo (cfr. Cass., Sez. 1, n. 23271 del 31/10/2014).

8. Il primo motivo di ricorso incidentale è inammissibile.

Come sopra evidenziato, la censura attiene alla motivazione dell’avviso di liquidazione.

Si deve prima di tutto tenere presente che il ritenuto vizio di motivazione dell’atto è stato prospettato in primo grado dai contribuenti. La CTR era stata adita con una censura di omessa decisione sul punto. Secondo i contribuenti, l’Amministrazione avrebbe dovuto indicare i criteri di determinazione della base imponibile in ragione dell’oggetto della causa e dell’aliquota applicata. La CTR ha però ritenuto che la censura fosse in parte assorbita, per effetto dell’accoglimento del successivo motivo di appello, e in parte infondata.

Si comprende bene, pertanto, come l’Agenzia delle entrate non sia soccombente rispetto alle statuizioni appena riportate e, conseguentemente, non abbia interesse ad impugnarle (cfr. Cass., sez. 3, n. 13395 del 29/05/2018).

Peraltro, secondo le deduzioni dell’Agenzia, la CTR avrebbe ritenuto che nell’avviso di liquidazione dovessero essere specificati i criteri di determinazione del tributo (base imponibile, oggetto della causa, aliquota), ma cosi non è, come si evince chiaramente dalla lettura della decisione impugnata, ove la richiesta di tal specificazione è stata formulata dagli appellanti e in questi termini è ivi riportata (p. 2 della sentenza impugnata).

9. Il secondo motivo di ricorso incidentale è infondato.

Secondo l’Agenzia delle entrate il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 57, con riferimento all’imposta di registro dovuta per gli atti dell’autorità giudiziaria, nel precisare che essa è dovuta dalle parti in causa, in solido tra loro, impone di ritenere che siano da ritenersi tali tutti i soggetti che abbiano preso parte al giudizio e nei confronti dei quali la parte dispositiva della sentenza sia enunciata, senza che in essa siano considerati rapporti distinti e autonomi.

L’orientamento maturato dalla giurisprudenza di legittimità è tuttavia diverso.

Questa Corte, proprio con riferimento ai giudizi riuniti, ha più volte affermato che l’obbligazione solidale posta a carico delle parti in causa, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 57, per il pagamento dell’imposta di registro, dovuta in relazione ad una sentenza emessa a seguito della riunione di più cause tra loro connesse, non grava indiscriminatamente su tutti i soggetti che hanno preso parte a tali giudizi, dovendosi distinguere tra coloro che sono parti del rapporto, al quale la pronuncia oggetto dell’imposizione si riferisce, e coloro che sono stati evocati in giudizio con distinti atti di citazione, che hanno dato luogo a cause separate, poi riunite per motivi di opportunità (così Cass., Sez. 5, n. 9773 del 14/04/2008 e Cass., Sez. 5, n. 1i149 del 15/05/2006).

In effetti, l’esercizio del potere discrezionale di riunione, giustificato dall’identità delle questioni da trattare, non incide sulla posizione delle parti nè comporta il venir meno dell’autonomia dei singoli giudizi e dei rispettivi titoli, con la conseguenza che la sentenza che li definisce, pur formalmente unica, consta in realtà di tante pronunce quante sono le cause riunite (Cass., Sez. 5, n. 18649 del 13/07/2018).

Tenuto, perciò, conto del fatto che l’imposta di registro non attinge la sentenza in quanto tale, ma il rapporto in essa racchiuso, quale indice di capacità contributiva, il presupposto della solidarietà non può essere individuato nella mera situazione processuale del soggetto che, pur avendo partecipato al giudizio, sia rimasto totalmente estraneo al rapporto su cui ha statuito la decisione oggetto di imposta ed abbia formulato domande non aventi immediato fondamento in quel rapporto. In questo caso, il tributo rischierebbe di non essere proporzionato all’interesse di cui tale soggetto è portatore nel processo, in contrasto con l’art. 53 Cost., secondo il quale la solidarietà deve ricollegarsi a rapporti giuridico-economici idonei a configurare situazioni unitarie, tali da giustificare razionalmente il vincolo obbligatorio e la sua causa (così Cast., Sez. 5, n. 9773 del 14/04/2008 e Cass., Sez. 5, n. 11149 del 15/05/2006).

Alle stesse conclusioni la medesima Corte è pervenuta esaminando fattispecie in cui la statuizione contenuta nell’atto giudiziario ha riguardato giudizi in cui sono intervenuti soggetti che non hanno assunto la veste di litisconsorti necessari, ma facoltativi (Cass., Sez. 5, n. 12009 del 19/06/2020; Cass., Suez. 6-5, n. 21134 del 08/10/2014; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 16745 del 16/07/2010).

Nel caso in esame, proprio l’Agenzia delle entrate ha affermato che la decisione su cui è stata determinata l’imposta ha riguardato due autonomi rapporti giuridici, oggetto di due diverse cause, ancorchè riunite, anche se, poi, non ha attribuito rilevanza a tale circostanza.

E’ invece evidente, sulla scorta degli argomenti appena illustrati, che l’autonomia dei rapporti giuridici dedotti nei due procedimenti, decisi con la sentenza in questione, è di fondamentale rilievo ai fini della individuazione dei soggetti tenuti al pagamento in solido dell’imposta di registro e della determinazione della base imponibile.

Da una parte vi è il rapporto giuridico, regolato in sentenza, che ha avuto origine nella scrittura privata con la quale B.L. ha venduto le proprie azioni a L.C. e da un’altra parte vi è il rapporto giuridico, sempre regolato in sentenza, riferito alla scrittura privata con la quale le azioni di B.L. sono state vendute a

A.T. e a A.R..

I due rapporti sono stati oggetto di separati giudizi, poi riuniti, ma sono rimasti distinti, anche dal punto di vista processuale, riguardando cause comunque tra loro autonome.

Correttamente la CTR ha dunque distinto, dal punto di vista impositivo, i due rapporti giuridici regolati in sentenza.

10. E’ infondato anche in terzo motivo di ricorso incidentale.

L’Agenzia ha dedotto che la CTR non ha dato conto delle ragioni in forza delle quali ha ritenuto che i signori A. non fossero parti del rapporto sostanziale dedotto in giudizio, aggiungendo che non poteva costituire ragione sufficiente a giustificare il diverso trattamento fiscale l’autonomia dei rapporti giuridici oggetto della statuizione.

E’ sufficiente leggere la sentenza impugnata per rilevare come, al contrario, la statuizione adottata sia stata compiutamente motivata proprio con riferimento all’autonomia dei rapporti giuridici definiti in sentenza, riconducibili ai diversi giudizi riuniti (p. 4-7 della sentenza impugnata).

Con tale pronuncia, la CTR non ha escluso che alcuno dei soggetti dall’Amministrazione obbligata in solido dovessero essere assoggettati all’imposta di registro, ma ha affermato che tale imposta, proprio in ragione dell’autonomia dei due giudizi riuniti, deve essere diversificata, guardando, da una parta, alle statuizioni relative al contenzioso tra gli eredi di B.L. e L.C. e, dall’altra, a quelle riguardanti la vertenza tra gli eredi di B.L. e i signori A..

11. Passando ad esaminare il ricorso principale, il primo motivo risulta infondato.

Il contribuente ha censurato la sentenza impugnata, nella parte in cui ha escluso che il giudice di primo grado avesse omesso di pronunciarsi sul dedotto difetto di motivazione dell’avviso di liquidazione.

Com’è noto, la L. n. 212 del 2000, art. 7, riproducendo il contenuto della L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 1, richiede di indicare “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che determinano la decisione dell’amministrazione”ip aggiungendo che “Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama”.

La norma appena riportata prevede la necessità di indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che determinano la decisione dell’Amministrazione, al fine di consentire al contribuente il pieno esercizio del diritto di difesa, e di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa (v. da ultimo Cass., Sez. 5, n. 14987 del 2018; Cass., Sez. 5, n. 12777 del 2018; Cass. Sez. 6-5, n. 25037 del 2017).

La questione relativa alla esistenza della motivazione, quale requisito formale di validità dell’avviso di accertamento deve, pertanto, essere netta pente distinta da quella attinente alla dimostrazione della effettiva esistenza dei presupposti per far valere la pretesa tributaria, che non è richiesta quale elemento costitutivo della validità formale dell’atto, ma rimane disciplinata dalle regole proprie del giudizio di impugnazione eventualmente introdotto dal contribuente (cfr. da ultimo Cass., Sez. 5, n. 4639 del 2020). Una cosa è, infatti, la regolarità formale dell’avviso di accertamento ed altra cosa è l’effettiva sussistenza degli elementi sui quali l’amministrazione tributaria fonda la propria pretesa. L’indicazione di tali elementi (o del criterio astratto che si riferisca ad essi) può essere sufficiente a sorreggere la motivazione dell’avviso, mettendo il contribuente in condizione di conoscere i termini e le ragioni della pretesa fiscale e, al contempo, circoscrivendo i termini del futuro (ed eventuale) giudizio contenzioso, ma non esonera l’Amministrazione dal compito di fornire in tale giudizio, ove esso abbia luogo, la dimostrazione delle concrete circostanze sulle quali la medesima pretesa si sorregge.

Nel caso di specie L.C. ha riportato nel ricorso la motivazione dell’avviso di liquidazione, ove si legge: “l’imposta di registro D.P.R. n. 131 del 1986, Tariffa Parte I, art. 8, sulla sentenza avente per oggetto adempimento contrattuale tra S.D.M. + 2/ L.C. + 2 che qui si intende richiamare. Imponibile Euro 6.489.551,45” (p. 8 del ricorso per cassazione).

E’ pertanto evidente che risultano forniti tutti gli elementi necessari e sufficienti per comprendere il modo in cui è stata determinata l’imposta, essendo stata indicata la base imponibile, conteggiata considerando entrambi i giudizi riuniti, espressamente menzionati, e la tariffa applicata, che tiene a riferimento le controversie aventi ad oggetto l’adempimento contrattuale.

La correttezza o meno dell’impiego di tali parametri non attiene al requisito formale della motivazione dell’atto impositivo, ma alla correttezza dei criteri in concreto utilizzati, censurabili dalla parte mediante l’impugnazione dello stesso.

12. E’ infondato anche il secondo motivo di ricorso principale.

Secondo il contribuente, la CTR non avrebbe dovuto ritenere applicabile nei suoi confronti l’aliquota del 3%, prevista dal D.P.R. n. 131 del 1986, Tariffa, Parte Prima, allegata, art. 8, comma 1, lett. b) (“atti dell’autoritè giudiziaria… recanti condanna al pagamento di somme o valori, ad altre prestazioni o alla consegna di beni di qualsiasi natura”), perchè la sentenza prevede il trasferimento di azioni che, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. a) della menzionata Tariffa, è assoggettato alla stessa imposta stabilita per i corrispondenti atti, cosi rendendo applicabile il successivo art. 11 che determina l’imposta in misura fissa, ovvero, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. c) della stessa tariffa, richiede l’applicazione dell’aliquota dell’1%, riferita agli atti di accertamento di diritti a contenuto patrimoniale.

Come sopra evidenziato, la statuizione della sentenza del tribunale di Patti che interessa L.C. è la seguente:

“Condanna il L. per le causali di cui in motivazione al pagamento a favore di S.D.M.T., B.O., B.M.C. di Euro 1.009.853,75 per ciascuno di essi oltre interessi legali dall’11.02.1991 sull’importo di Euro 731.647,27 e dal 31.01.1992 sulla somma residua sino al soddisfo e, con le medesime decorrenze, al pagamento anno per anno sul capitale iniziale della somma pari alla differenza tra il tasso di rendimento medio annuo netto dei titoli di Stato di durata non superiore ai dodici mesi ed il saggio degli interessi legali dalla data della decisione al soddisfo.

Condanna S.D.M.T., B.O., B.M.C. – previo pagamento del superiore prezzo da parte del L. – al trasferimento delle azioni in loro possesso a favore di costui”.

E’ pertanto evidente come la statuizione contenga inequivoche pronunce di “condanna” al pagamento di somme di denaro e all’esecuzione di una determinata prestazione, una volta effettuato tale pagamento.

Deve, in particolare, escludersi che, con riferimento alle azioni negoziate, sia stata adottata una decisione ex art. 2932 c.c. – astrattamente riconducibile al D.P.R. cit., Tariffa, Parte Prima, allegata, art. 8, comma 1, lett. a) (v. Cass., Sez. 5, n. 25558 del 03/12/2014) – tenuto conto che dalla statuizione ivi contenuta risulta chiaramente che non è stata adottata una sentenza costitutiva, avente l’effetto traslativo di un contratto di cessione delle azioni, ma, appunto, una decisione di “condanna” volta a perseguire il risultato del passaggio delle azioni al loro acquirente.

D’altronde, parte ricorrente non ha allegato che la materia del contendere della causa contro di lui promossa riguardasse l’adempimento dell’obbligo di concludere il contratto di cessione di tali azioni e quanto si legge nel controricorso (contenente anche il ricorso incidentale) dell’Agenzia delle entrate, porta ad escludere tale evenienza. Nell’illustrazione del secondo motivo di ricorso incidentale, infatti, l’Agenzia delle entrate ha, infatti, richiamato una parte della decisione del tribunale di Patti, ove è riportato il contenuto dell’atto di citazione notificato al L., il qu9le risulta essere stato convenuto in giudizio per il pagamento del prezzo di azioni a lui già vendute con una scrittura privata sottoscritta il 18/08/1988 (v. p. 7).

Deve pertanto ritenersi corretta l’applicazione della menzionata Tariffa, art. 8, comma 1, lett. b).

13. In conclusione, dichiarato inammissibile il ricorso incidentale nei confronti di A.T. e A.S., deve essere rigettato il ricorso principale ed anche quello incidentale.

14. La statuizione sulle spese, liquidate in dispositivo, segue la soccombenza dell’Agenzia delle entrate nel rapporto processuale con i signori A..

Devono, invece, essere compensate le spese di lite tra l’Agenzia delle entrate e L.C., in ragione della reciproca soccombenza.

15. In applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, se dovuto.

La stessa disposizione non trova applicazione con rifgrirnento alla ricorrente incidentale, trattandosi di parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, quale Amministrazione pubblica, difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato.

P.Q.M.

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso incidentale nei confronti di A.T. e A.S.;

rigetta il ricorso principale e quello incidentale;

condanna l’Agenzia delle entrate alla rifusione delle spese di lite sostenute da A.T. e A.S., che liquida in Euro 3.000,00 per compenso, oltre rimborso spese forfettario e accessori di legge;

compensa tra le altre parti le spese del presente giudizio;

dà atto, in applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti principali di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, mediante collegamento “da remoto”, il 19 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2021

 

 

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