Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4326 del 20/02/2020

Cassazione civile sez. I, 20/02/2020, (ud. 10/07/2019, dep. 20/02/2020), n.4326

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23333/2018 proposto da:

F.D., alias F.D., domiciliato in Roma, Piazza

Cavour, presso la Cancelleria Ovile della Corte di Cassazione,

rappresentato e difeso dall’avvocato Mauro Ceci, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1019/2018 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 29/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/07/2019 dal cons. Dott. LUCIA TRIA.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. la Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza n. 1019 del 29 maggio 2018, respinge l’appello proposto dal cittadino del (OMISSIS) F.D. alias F.D. avverso l’ordinanza del locale Tribunale di rigetto del ricorso del ricorrente avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale che ha, a sua volta, respinto la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);

2. la Corte d’appello, per quel che qui interessa, precisa che:

a) deve essere preliminarmente respinto il motivo d’appello relativo alla mancata traduzione del provvedimento impugnato, in quanto il ricorrente ha soltanto dedotto, in modo generico, la violazione dell’obbligo di traduzione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 10 ma non ha lamentato un’effettiva compressione del diritto di difesa, che comunque è da escludere visto che, anche senza la traduzione in lingua straniera della parte motiva del provvedimento della Commissione, il difensore del richiedente è stato in grado di articolare una compiuta e tempestiva difesa, sicchè il vizio dedotto è stato sanato dal raggiungimento dello scopo dell’atto;

b) anche la censura relativa alla notifica del provvedimento della Commissione in copia non autenticata è infondata perchè dalla relazione di notifica (scritta in più lingue) risulta che è stato notificato il provvedimento stesso recante la sottoscrizione digitale del presidente della Commissione e non una copia dell’atto;

c) quanto all’esame degli altri motivi, deve essere, in primo luogo, rilevato che il richiedente ha riferito di aver lasciato il proprio villaggio perchè la sua famiglia era stata coinvolta in una disputa per l’elezione del capo del villaggio, sfociata in una rissa;

d) pur trattandosi di una situazione comune a tutti i membri del nucleo familiare, tuttavia tutti gli altri componenti della famiglia del ricorrente sono rimasti nel villaggio, il quale peraltro si trova a soli sessanta chilometri dalla capitale (OMISSIS) e quindi in una zona in cui l’interessato avrebbe potuto chiedere ed ottenere più facilmente protezione dalla polizia contro eventuali violenze altrui;

e) ne deriva che il racconto del dichiarante presenta profili di inattendibilità, genericità e contraddittorietà;

f) inoltre, da fonti autorevoli risulta che il distretto di provenienza del ricorrente è molto lontano dalle zone del (OMISSIS) ove si registrano scontri violenti e lotte etniche, sicchè è da escludere che in caso di rimpatrio il ricorrente potrebbe trovarsi in una regione in preda alla guerra, come configurata dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c);

g) infine, lo svolgimento di un’attività lavorativa in Italia non costituisce, di per sè, un valido presupposto per la concessione della protezione umanitaria per la quale non assumono autonomo rilievo ragioni economiche come l’aver trovato lavoro;

3. il ricorso di (OMISSIS) F.D. alias F.D. domanda la cassazione della suddetta sentenza per due motivi;

4. il Ministero dell’Interno resta intimato.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Sintesi delle censure.

1. il ricorso è articolato in due motivi;

2. con il primo motivo si denunciano, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5: a) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 10, commi 4 e 5; b) nullità del provvedimento della Commissione territoriale impugnato e degli atti presupposti e conseguenti, per omessa traduzione in lingua conosciuta all’interessato; c) nullità del provvedimento stesso per violazione della L. 4 gennaio 1968, n. 15, art. 14 come modificato dal D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, art. 18 e s.m.i. e violazione dell’art. 137 c.p.c.; d) nullità del provvedimento per mancanza di sottoscrizione;

2.1. si sottolinea che la traduzione non integrale del provvedimento comporta una compromissione del diritto di difesa con violazione dell’art. 111 Cost.;

2.2. si aggiunge che la “copia” del provvedimento consegnata all’interessato era priva di attestazione di conformità all’originale e quindi inidonea allo scopo;

2.3. inoltre, la sottoscrizione in originale non si rinverrebbe nell’atto non comparendo in esso la coccarda e la stringa che devono esservi in ciascuna delle pagine firmate digitalmente in modo da garantire l’identificabilità dell’autore;

3. con il secondo motivo si denunciano, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, violazioni delle norme che disciplinano la concessione dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria;

3.1. in primo luogo si rileva che, diversamente da quanto affermato dalla Corte d’appello, il racconto del ricorrente è stato ben contestualizzato e congruente ed ha evidenziato episodi di violenza grave e di tortura nei confronti del richiedente e il fondato timore di essere ucciso al rientro in (OMISSIS);

3.2. pertanto, quanto meno avrebbero dovuto essere concesse la protezione sussidiaria o quella umanitaria;

3.3. la Corte d’appello, con motivazione incoerente, ha negato la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), valutando in modo erroneo la situazione esistente in (OMISSIS), che si caratterizza per generalizzate violenze che si riscontrano in tutto il Paese, compresa la regione di provenienza dell’interessato;

3.4. anche con riguardo alla protezione umanitaria la Corte territoriale senza fornire una reale motivazione ha respinto la domanda benchè nel verbale delle dichiarazioni rese durante l’audizione il richiedente abbia descritto la propria precaria e vulnerabile situazione personale e sociale;

Esame delle censure.

4. il ricorso va dichiarato inammissibile, per le ragioni di seguito esposte;

4.1. il primo motivo è inammissibile per l’assorbente ragione secondo cui, in base ad un consolidato e condiviso orientamento di questa Corte, l’eventuale nullità del provvedimento amministrativo di diniego della protezione internazionale, reso dalla Commissione territoriale, non ha autonoma rilevanza nel giudizio introdotto dal ricorso al tribunale avverso il predetto provvedimento poichè tale procedimento ha ad oggetto il diritto soggettivo del ricorrente alla protezione invocata, sicchè deve pervenire alla decisione sulla spettanza, o meno, del diritto stesso e non può limitarsi al mero annullamento del diniego amministrativo (vedi, per tutte: Cass. 9 dicembre 2011, n. 26480 e Cass. 3 settembre 2014, n. 18632 e successive conformi, tra cui: Cass. 6 ottobre 2017, n. 23472);

4.2. può anche aggiungersi, incidentalmente, che, peraltro, la Corte d’appello ha motivatamente escluso che la mancata traduzione della motivazione del provvedimento abbia impedito al difensore del richiedente di articolare una compiuta e tempestiva difesa e tale statuizione non è attinta dalle censure del ricorrente;

4.3. inoltre, la ribadita censura relativa al difetto di attestazione di conformità all’originale e quindi di inidoneità allo scopo della “copia” del provvedimento della Commissione territoriale consegnata all’interessato, come precisato anche dalla Corte territoriale, è basata sull’erronea premessa secondo cui quella notificata sia stata una “copia” dell’atto e non uno degli originali, come accertato nella sentenza impugnata;

4.4. altrettanto erroneo è il presupposto su cui si basa la censura di irregolarità della sottoscrizione dell’atto, nella specie avvenuta con firma digitale del presidente della Commissione, perchè il ricorrente non considera che per quanto riguarda l’atto amministrativo – assoggettato ad una disciplina diversa rispetto alla sentenza (cui si riferisce la giurisprudenza richiamata dal ricorrente) – la sottoscrizione apposta tramite firma non autografa, i.e. a stampa o digitale è, in linea generale, legittima e valida;

4.5. infatti, l’atto amministrativo esiste come tale allorchè i dati emergenti dal procedimento amministrativo e/o il contesto dell’atto stesso consentano comunque di ritenerne la sicura provenienza dall’Amministrazione e la sua attribuibilità a chi deve esserne l’autore secondo le norme positive, sicchè il difetto di sottoscrizione autografa dell’atto amministrativo non è, di per sè, motivo di invalidità dello stesso (vedi, per tutte: Cass. 10 giugno 2009, n. 13375; Cass. 6 luglio 2012, n. 11458);

4.6. ne consegue che, nella specie, diversamente da quel che sostiene il ricorrente, non era necessaria alcuna attestazione di conformità all’originale e la firma digitale dell’atto in questione – la cui effettiva provenienza dal soggetto autorizzato a formarlo non è in contestazione – non era configurabile come motivo di invalidità dello stesso;

4.7. quindi, va ribadita l’inammissibilità del primo motivo per essere priva di autonoma rilevanza la denuncia di nullità del provvedimento amministrativo di diniego della protezione internazionale, reso dalla Commissione territoriale, nel giudizio introdotto dal ricorso al tribunale avverso il predetto provvedimento, ma va anche sottolineato che i prospettati vizi dell’atto sono fondati su erronei presupposti;

5. il secondo motivo è inammissibile in quanto tutte le censure – anche se formulate come violazioni di norme di diritto – nella sostanza si risolvono nella denuncia di errata valutazione da parte del Giudice del merito del materiale probatorio acquisito ai fini dell’esame delle domande del ricorrente di protezione internazionale o umanitaria, a partire dalla credibilità e dalla valutazione della situazione esistente nella regione del (OMISSIS) di provenienza del richiedente.

5.1. si tratta, quindi, di censure che finiscono con l’esprimere un mero dissenso rispetto alle motivate valutazioni delle risultanze probatorie effettuate dalla Corte d’appello, che come tale è di per sè inammissibile;

5.2. a ciò va aggiunto che in base all’art. 360 c.p.c., n. 5 – nel testo successivo alla modifica ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile nella specie ratione temporis – la ricostruzione del fatto operata dai Giudici di merito è sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi od obiettivamente incomprensibili (Cass. SU 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. SU 20 ottobre 2015, n. 21216; Cass. 9 giugno 2014, n. 12928; Cass. 5 luglio 2016, n. 13641; Cass. 7 ottobre 2016, n. 20207). Evenienze che qui non si verificano;

5.3. in particolare, le deduzioni del ricorrente in materia di protezione umanitaria risultano del tutto generiche e non conformi al principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, visto che nel ricorso si fa esclusivo riferimento all’inadeguatezza delle condizioni di vita di F.D. alias F.D. in (OMISSIS) e alla volontà del ricorrente di lavorare in Italia;

5.4. tuttavia, come evidenziato anche dalla Corte d’appello, la riferita esistenza, nello Stato verso cui il soggetto si troverà ad essere rimpatriato, di “violazioni sistematiche e gravi dei diritti umani” e il rischio di trovarsi in una situazione di grave povertà a causa della generale situazione del Paese di destinazione sono ininfluenti ai fini della protezione umanitaria;

5.5. infatti, in questo ambito, non è ipotizzabile nè l’obbligo dello Stato italiano di garantire allo straniero “parametri di benessere”, nè quello di impedire, in caso di ritorno in patria, il sorgere di situazioni di “estrema difficoltà economica e sociale”, in assenza di qualsivoglia effettiva condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico (Cass. 7 febbraio 2019, n. 3681) e che emerga da idonee allegazioni da parte del richiedente, dirette a dimostrane il necessario collegamento con la propria vicenda personale, perchè altrimenti si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti, in contrasto col parametro normativo di cui all’art. 5, comma 6, cit.;

5.6. va aggiunto che nel ricorso non si contesta l’affermazione della Corte d’appello secondo cui per la protezione umanitaria non hanno influenza, di per sè, ragioni economiche come l’aver trovato lavoro.

Conclusioni.

6. in sintesi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, per le anzidette ragioni;

7. nulla si deve disporre per le spese del presente giudizio di cassazione, essendo il Ministero dell’Interno rimasto intimato;

8. l’ammissione della parte ricorrente al patrocinio a spese dello Stato determina l’insussistenza dei presupposti per il versamento dell’importo previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, stante la prenotazione a debito in ragione dell’ammissione al predetto beneficio (Cass. 22 marzo 2017, n. 7368; Cass. 9 gennaio 2019, n. 284; Cass. 28 febbraio 2019, n. 5973; Cass. 13 marzo 2019, n. 7204; Cass. 24 maggio 2019, n. 14292).

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Nulla per le spese del presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 10 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2020

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