Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4324 del 24/02/2014


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Civile Ord. Sez. U Num. 4324 Anno 2014
Presidente: ROVELLI LUIGI ANTONIO
Relatore: DI PALMA SALVATORE

ORDINANZA

sul ricorso 21855-2012 proposto da:
KLOSSOWSKY MATHIEU JEROME MARIE, anche rappresentato
dal suo curatore Krejbich Philippe, MORIN SINCLAIRE
DENISE MARIE ROBERTE, elettivamente domiciliati in
2013

ROMA, VIA CARDINAL DE LUCA l, presso lo studio

513

dell’avvocato IZZO GIOVANNI, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato ABBATESCIANNI GIROLAMO,
per procure speciali in atti;
– ricorrenti –

Data pubblicazione: 24/02/2014

contro

FONDAZIONE LA BIENNALE DI VENEZIA, in persona del
Presidente pro-tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA AURORA 39, presso lo studio degli avvocati
GANDOLFI FUSANI CRISTINA, FUSANI MARIO, che la
rappresentano e difendono, per delega in calce al
controricorso;
BENE SALOME (già SALOME ISA ISA BENE), BARACCHI
RAFFAELLA, entrambi eredi di Carmelo Bene,
elettivamente domiciliate in ROMA, VIA CARLO MIRABELLO
6, presso lo studio dell’avvocato SCANO ANTONELLA, che
le rappresenta e difende unitamente all’avvocato BELLI
ANDREA, per delega a margine del controricorso;

controricorrenti

per regolamento di giurisdizione in relazione al
giudizio pendente n. 41071/2010 del TRIBUNALE di ROMA;
uditi gli avvocati Giovanni IZZO, Andrea BELLI, Sandro
RIDOLFI per delega degli avvocati Mario Fusani e
Cristina Gandolfi Fusani;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 08/10/2013 dal Consigliere Dott.
SALVATORE DI PALMA;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore
Generale dott. Ignazio PATRONE, il quale chiede alla
Corte di dichiarare la sussistenza della giurisdizione
italiana.

Ritenuto che, con ricorso del 25 settembre 2012, Denise Marie
Roberte Morin-Sinclaire, vedova Klossowski, e Mathieu Jérome Marie
Klossowski – quest’ultimo anche rappresentato dal suo curatore, Philippe
Krejbich – (in séguito: Eredi Klossowski), hanno proposto istanza di
regolamento di giurisdizione, nei confronti di Raffaella Baracchi e di
Salomè Bene, già Salomè Isa Isa Bene (in séguito: Eredi Bene), nonché
della Fondazione “La Biennale di Venezia” (in seguito: Biennale o

ordinario di Roma dalla Fondazione nei confronti degli Eredi Bene e degli
Eredi Klossowski con citazione in riassunzione del 25 giugno 2010 e
pendente dinanzi allo stesso Tribunale ordinario di Roma (r. g. n. 41071
del 2010);
che, sulla base di tale atto di citazione in riassunzione nonché
dell’odierno ricorso, deve premettersi, in punto di fatto e per quanto in
questa sede rileva, che:
a)

insorta controversia tra la Biennale e gli Eredi Bene circa la

proprietà di una serie di disegni e di dipinti, realizzati da Pierre Klossowski
per la messa in scena teatrale della sua opera “Il Bafometto”, a cura di
Carmelo Bene, sulla base di una clausola compromissoria per arbitrato
irrituale prevista dal contratto d’opera concluso tra le parti originarie
(Biennale e Carmelo Bene), è stato promosso il relativo procedimento
arbitrale, definito con lodo 25 giugno 1994, divenuto definitivo;
b) con tale lodo è stato deciso sia che della proprietà di dette opere è
titolare la Biennale, alla quale spetta la restituzione delle opere, sia che la
stessa Biennale ha diritto al risarcimento dei danni, nella misura di £.
298.096.060, in ragione dell’illegittimo recesso di Carmelo Bene dal
predetto contratto d’opera;
c)

a séguito della dedotta, prolungata inottemperanza a tali

statuizioni da parte di Carmelo Bene e poi dei suoi eredi, la Fondazione ha
chiesto ed ottenuto dal Tribunale ordinario di Venezia, nel 2007, il
sequestro giudiziario delle predette opere;
d) con citazione del 27 luglio 2007, la Fondazione ha convenuto in
giudizio, dinanzi al Tribunale di Venezia, gli Eredi Bene, chiedendo che 3

Fondazione), in riferimento alla causa promossa dinanzi al Tribunale

accertatane la proprietà della stessa Fondazione – fosse ordinato alle
convenute di consegnare all’attrice le opere di Pierre Klossowski facenti
parte del ciclo

“Il Bafometto”,

e che le convenute stesse fossero

condannate al risarcimento dei danni per l’illegittimo recesso di Carmelo
Bene dal menzionato contratto d’opera;
e)

costituitisi, gli Eredi Bene hanno: eccepito l’incompetenza per

Roma; chiesto la revoca del concesso sequestro giudiziario e la reiezione
delle domande dell’attrice; spiegato domanda riconvenzionale di
risarcimento del danno nella misura di C 100.000,00; inoltre, debitamente
autorizzati, gli stessi Eredi Bene hanno chiamato in causa gli Eredi
Klossowski, formulando, nei confronti di tali terzi chiamati, le seguenti
conclusioni: «Per l’ipotesi di accoglimento anche della domanda formulata
dalla Biennale in relazione alle opere di Klossowski con conseguente
evizione in danno delle comparenti, condannare i terzi chiamati, eredi del
maestro francese, in solido tra loro e secondo quanto di ragione,
all’integrale risarcimento dei danni subiti e subendi […] mediante il
pagamento della somma di 2.000.000,00 euro […]»;
f) costituitisi a loro volta, gli Eredi Klossowski – sulla premessa che la
loro chiamata in causa traeva origine dalla circostanza che, con contratto
concluso a Parigi in data 28 agosto 1989, Pierre Klossowski aveva venduto
a Carmelo Bene sedici opere, componenti il predetto ciclo “Il Bafometto” hanno formulato le seguenti conclusioni:

«In via pregiudiziale a)

principalmente: accertare e dichiarare la propria incompetenza nel
decidere essendo la controversia relativa al contratto di compravendita
intercorso tra il Signor Pierre Klossowski e Carmelo Bene sottoposta alla
giurisdizione francese; b) in subordine: accertare e dichiarare il contratto
di compravendita […] regolato dal diritto francese decidendo allora
secondo i principi e le norme dettate dal richiamato diritto per la
fattispecie in esame; c) comunque: accertare e dichiarare la non
opponibilità agli Eredi Klossowski del lodo arbitrale emesso in data 25
giugno 1994 nei confronti della Fondazione e degli Eredi Bene uniche parti
del giudizio arbitrale; nel merito a) principalmente: respingere le domande
tutte formulate [dagli Eredi Bene] in quanto infondate in fatto e in diritto;
4

territorio del Tribunale adito, competente essendo il Tribunale ordinario di

b) in subordine: accertare e dichiarare il concorso colposo degli Eredi Bene
nel cagionamento del danno agli stessi (assuntamente) subito, rigettando
la domanda risarcitoria dagli stessi formulata nei confronti degli Eredi
Klossowskí»;
g) l’adito Tribunale ordinario di Venezia, con sentenza n. 355 dell’Il
febbraio 2011, ha dichiarato la propria incompetenza per territorio,

affermando:

«Le questioni di giurisdizione sollevate dai terzi chiamati

saranno affrontate dal Tribunale di Roma»;
h) con la già menzionata citazione del 25 giugno 2010, la Fondazione
ha riassunto la causa dinanzi a detto Tribunale ordinario di Roma (r. g. n.
41071 del 2010) nei confronti degli Eredi Bene e degli Eredi Klossowski,
formulando – nei confronti dei soli Eredi Bene – le medesime domande già
proposte con l’originaria citazione dinanzi al Tribunale ordinario di Venezia,
cioè chiedendo che – accertatane la proprietà della stessa Fondazione fosse ordinato alle convenute di consegnare all’attrice le opere di Pierre
Klossowski facenti parte del ciclo “Il Bafometto”, e che le stesse convenute
fossero condannate al risarcimento dei danni per l’illegittimo recesso di
Carmelo Bene dal menzionato contratto d’opera (cfr., supra, sub d);
i) costituitisi, gli Eredi Bene hanno formulato le seguenti conclusioni
nei confronti della Fondazione e degli Eredi Klossowski: «[…] A) revocare il
provvedimento autorizzativo del sequestro dell’11.5.2007 e quello
confermativo del 30.5.2007; B) nel merito, dichiarare inammissibili ovvero
rigettare le avverse domande siccome infondate in fatto e diritto e non
provate […1; C) nel contempo e anche in via riconvenzionale accertare la
proprietà delle opere di cui è causa in capo alle convenute e condannare la
Fondazione al risarcimento dei danni tutti […]; D) in via subordinata
rispetto al mancato accoglimento delle conclusioni sub lettera C) e per
l’ipotesi di accoglimento anche parziale della domanda formulata dalla
Biennale in relazione alle opere del Klossowski, con conseguente evizione
in danno delle comparenti, condannare i terzi chiamati, eredi del maestro
francese, in solido tra loro e secondo quanto di ragione, all’integrale
risarcimento dei danni subiti e subendi […] mediante il pagamento della
somma di 2.000.000,00 euro […]»;
5

indicando come competente il Tribunale ordinario di Roma, ed

I) costituitisi a loro volta, gli Eredi Klossowski hanno formulato le
medesime conclusioni già formulate dinanzi al Tribunale ordinario di
Venezia, chiedendo cioè: «In via pregiudiziale a) principalmente: accertare
e dichiarare la propria incompetenza nel decidere essendo la controversia
relativa al contratto di compravendita intercorso tra il Signor Pierre
Klossowski e Carmelo Bene sottoposta alla giurisdizione francese; b) in
subordine: accertare e dichiarare il contratto di compravendita […]

dettate dal richiamato diritto per la fattispecie in esame; c) comunque:
accertare e dichiarare la non opponibilità agli Eredi Klossowski del lodo
arbitrale emesso in data 25 giugno 1994 nei confronti della Fondazione e
degli Eredi Bene uniche parti del giudizio arbitrale; nel merito a)
principalmente: respingere le domande tutte formulate [dagli Eredi Bene]
in quanto infondate in fatto e in diritto; b) in subordine: accertare e
dichiarare il concorso colposo degli Eredi Bene nel cagionamento del danno
agli stessi (assuntamente) subito, rigettando la domanda risarcitoria dagli
stessi formulata nei confronti degli Eredi Klossowski» (cfr., supra, sub f);
che, tanto premesso, i ricorrenti Eredi Klossowski chiedono che la
Corte di cassazione, a sezioni unite ai sensi degli artt. 41 e 374 cod. proc.
civ., «dichiari il difetto di giurisdizione del Giudice italiano in relazione alle
domande svolte nei loro confronti nella causa pendente dinanzi al
Tribunale di Roma […] dalle Sig.re Raffaella Baracchi e Salomè Bene Li,
queste ultime convenute in giudizio dalla Fondazione “La Biennale di
Venezia”, per essere la competenza giurisdizionale in merito a tali
domande da attribuirsi in capo al Giudice francese […]»;
che resistono, con distinti controricorsi, Raffaella Baracchi e Salomè
Bene, nonché la Fondazione “La Biennale di Venezia”;
che le Eredi Bene chiedono che le sezioni unite della Corte di
Cassazione vogliano

«dichiarare inammissibile ovvero rigettare come

infondato il ricorso proposto dai Sigg.ri Klossowski e per l’effetto dichiarare
la sussistenza della giurisdizione italiana sulle domanda spiegate dalle
eredi Bene nei confronti degli eredi Klossowski nel giudizio Tribunale di
Roma R.G. 41071/2010»;
6

regolato dal diritto francese decidendo allora secondo i principi e le norme

che la Fondazione chiede che le sezioni unite della Corte di
Cassazione vogliano «In via principale:

dichiarare inammissibile ed

infondato e, quindi, rigettare il ricorso per regolamento di giurisdizione
proposto […]; per gli effetti, dichiarare la competenza giurisdizionale del
Giudice italiano a decidere sul procedimento de quo; condannare parte
ricorrente al risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c. da liquidarsi in
sentenza. In via subordinata: dichiarare la giurisdizione del Giudice

Venezia nei confronti degli eredi del Sig. Carmelo Bene e quella del Giudice
francese a decidere esclusivamente sulla domanda tra gli eredi del Sig.
Píerre Klossowski e gli eredi del Sig. Carmelo Bene. E per gli effetti
dichiarare la separazione delle cause».
che il Procuratore generale ha concluso, chiedendo che le sezioni
unite della Corte di cassazione dichiarino inammissibile o, in subordine,
rigettino il ricorso, dichiarando altresì la giurisdizione del Giudice italiano;
che la Fondazione e gli Eredi Klossowski hanno depositato memoria ai
sensi dell’art. 380-ter, secondo comma, cod. proc. civ.
Considerato che, con il ricorso in esame, gli Eredi Klossowski –

premesso che essi hanno «interesse a far accertare e dichiarare l’assoluto
difetto di giurisdizione del Giudice italiano a conoscere delle domande
proposte dagli Eredi Bene nei confronti degli Eredi Klossowski»
osservano che:

a)

il proposto ricorso è ammissibile sia perché

“preventivo”, sia perché non può essersi formato, con la sentenza
declinatoria della competenza per territorio del Tribunale di Venezia, alcun
giudicato implicito sulla giurisdizione, avendo lo stesso Tribunale affermato
che «Le questioni di giurisdizione sollevate dai terzi chiamati saranno
affrontate dal Tribunale di Roma», sia perché queste sezioni unite, con
l’ordinanza n. 385 del 2005, hanno enunciato il principio di diritto applicabile anche nella fattispecie in esame -, secondo cui la preclusione
alla proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione dopo che il
giudice del merito abbia emesso una sentenza, anche se limitata a
questione processuale, riguarda il caso di decisione del giudice presso il
quale la causa è in corso, non di altro giudice in precedenza adito,
ancorché nell’ambito di un processo unitario caratterizzato da translatio
7

italiano in merito alla richiesta svolta dalla Fondazione La Biennale di

iudicii per motivi di competenza, con la conseguenza che è ammissibile
l’istanza di regolamento preventivo di giurisdizione promossa in relazione
ad una controversia pendente in primo grado dinanzi ad un dato tribunale,
dinanzi al quale la causa sia stata riassunta a seguito di sentenza di
incompetenza per territorio resa da altro tribunale, precedentemente
adito; b) nella specie, sono applicabili gli artt. 2 (foro del convenuto) e 5
(foro del luogo dell’esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio) del

concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione
delle decisioni in materia civile e commerciale, mentre non è applicabile
l’art. 6, prf. 2, dello stesso Regolamento;

che, preliminarmente, il Procuratore generale ha eccepito
l’inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 366, primo comma, n.
3, cod. proc. civ., in quanto lo stesso «è composto da 129 pagine, oltre
100 delle quali costituite da copie fotostatiche e/o scannerízzate di atti
relativi al giudizio di merito»;

che, nella specie, tale eccezione non ha fondamento;

che, innanzitutto, deve essere ribadito il consolidato orientamento di
queste Sezioni Unite, secondo cui l’istanza di regolamento di giurisdizione,
essendo non un mezzo di impugnazione ma soltanto uno strumento per
risolvere in via preventiva ogni contrasto, reale o potenziale, sulla potestas
judicandi del giudice adito, può anche non contenere specifici motivi di
ricorso, e cioè l’indicazione del giudice avente giurisdizione o delle norme e
delle ragioni su cui si fonda, ma deve recare, a pena di inammissibilità,
l’esposizione sommaria dei fatti di causa, in modo da consentire alla Corte
di cassazione di conoscere dall’atto, senza attingerli aliunde, gli elementi
indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della
controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso
assunte dalle parti, sia pur in funzione della sola questione di giurisdizione
da decidere (cfr., l’ordinanza n. 11826 del 2013), e secondo cui è
inammissibile il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione nel
quale l’esposizione sommaria dei fatti sia compiuta soltanto attraverso la
8

Regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000,

integrale trascrizione degli atti del giudizio di merito, tale modalità
equivalendo, nella sostanza, ad un mero rinvio agli atti di causa e
violando, perciò, il principio di autosufficienza del ricorso (ordinanza n.
19255 del 2010);

che nella specie – avuto anche riguardo alla indubbia complessità
della controversia di merito, quale emerge dalla sintesi dianzi operata

tempo, del numero delle parti e delle varie contrapposte domande hínc
inde proposte – sono decisivi, nel senso dell’ammissibilità del ricorso, i
concorrenti rilievi per i quali le pagine da 2 a 5 del ricorso ricostruiscono
adeguatamente le vicende sostanziali e processuali, e la riproduzione
integrale di ciascuno (o della maggior parte) degli atti delle precedenti fasi
del giudizio è preceduta da una breve e chiara sintesi sui punti rilevanti
per la risoluzione della dedotta questione di giurisdizione;

che, sempre in via preliminare, gli Eredi Bene – sulla premessa che
gli Eredi Klossowski, costituendosi nel giudizio a quo, non si sono limitati
a chiedere la reiezione delle domande di garanzia proposte nei loro
confronti, ma hanno anche chiesto, in subordine, di «[…]

comunque:

accertare e dichiarare la non opponibilità agli Eredi Klossowski del lodo
arbitrale emesso in data 25 giugno 1994 nei confronti della Fondazione e
gli Eredi Bene uniche parti del giudizio arbitrale» –

eccepiscono

l’inammissibilità del ricorso perché i ricorrenti, formulando tale domanda,
hanno accettato implicitamente la giurisdizione del Giudice italiano, posto
che la domanda di restituzione delle opere proposta dalla Fondazione nei
confronti degli Eredi Bene si fonda proprio sul predetto lodo arbitrale;

che anche tale eccezione non può essere accolta;

che infatti, al riguardo, è decisivo il rilievo che l’oggetto di tale
eccezione risulta del tutto estraneo rispetto alla sollevata questione di
giurisdizione, ciò a prescindere, comunque, dagli ulteriori rilievi che il capo
di domanda degli Eredi Klossowski, richiamato dagli Eredi Bene con la
sollevata eccezione è chiaramente proposto in via subordinata rispetto alla
9

(cfr., supra, Ritenuto, lettere da a ad I), in ragione della durata nel

principale richiesta di affermazione della giurisdizione del Giudice francese,

e che gli stessi Eredi Klossowski, in conformità con l’art. 4, comma 1, della
legge 31 maggio 1995, n. 218, hanno eccepito il difetto di giurisdizione del
Giudice italiano sin dall’atto di costituzione in giudizio a seguito della loro
chiamata in causa ad opera degli Eredi Bene (cfr., supra, Ritenuto, lettere
e ed f);

del presente regolamento di giurisdizione – in ragione dell’eventuale
intervenuta formazione di giudicato, anche implicito, sulla giurisdizione del
Giudice italiano – è superata dalla decisiva circostanza che, come già
dianzi rilevato (cfr., supra, Ritenuto, lettera g), l’originariamente adito
Tribunale ordinario di Venezia, nel dichiarare, con la sentenza n. 355
dell’Il febbraio 2011, la propria incompetenza per territorio, indicando
come competente il Tribunale ordinario di Roma, ha anche esplicitamente
affermato che «Le questioni di giurisdizione sollevate dai terzi chiamati
saranno affrontate dal Tribunale di Roma»;
che, tanto osservato in via preliminare, il

thema decidendum del

regolamento in esame deve essere strettamente circoscritto alla questione
se sia attribuita alla giurisdizione del Giudice francese ovvero a quella del
Giudice italiano la cognizione della sola domanda proposta dagli Eredi
Bene nei confronti degli Eredi Klossowski;

che infatti – posto, in sintesi, che: 1) la Fondazione ha convenuto in
giudizio gli Eredi Bene chiedendo che, accertatane la proprietà della
stessa Fondazione, sia ordinato alle convenute di consegnare all’attrice le
opere di Pierre Klossowski facenti parte del ciclo “Il Bafometto”, e che le
stesse convenute siano condannate al risarcimento dei danni per
l’illegittimo recesso di Carmelo Bene dal menzionato contratto d’opera
Biennale-Bene (azione di

rei vindicatio

e di risarcimento danni da

inadempimento contrattuale); 2) gli Eredi Bene, a loro volta, nel resistere
a tali domande, hanno chiamato in causa gli Eredi Klossowski formulando,
nei confronti dei terzi chiamati, le seguenti conclusioni:

«Per l’ipotesi di

accoglimento anche della domanda formulata dalla Biennale in relazione
alle opere di Klossowski con conseguente evizione in danno delle
10

che, infine, ogni possibile ulteriore questione circa l’inammissibilità

comparenti, condannare i terzi chiamati, eredi del maestro francese, in
solido tra loro e secondo quanto di ragione, all’integrale risarcimento dei
danni subiti e subendi […] mediante il pagamento della somma di
2.000.000,00 euro […]»

(azione di garanzia, proposta ai sensi del

combinato disposto degli artt. 1476, n. 3, 1479 e 1483 cod. civ.); 3) i terzi
chiamati Eredi Klossowski, sulla premessa che la loro chiamata in causa
traeva origine dalla circostanza che, con contratto concluso a Parigi in data

opere, componenti il predetto ciclo “Il Bafometto”,

nel resistere alla

domanda di garanzia per evizione totale, hanno formulato, per quanto in
questa sede rileva, le seguenti conclusioni:

«In via pregiudiziale a)

principalmente: accertare e dichiarare la propria incompetenza nel
decidere essendo la controversia relativa al contratto di compravendita
intercorso tra il Signor Pierre Klossowski e Carmelo Bene sottoposta alla
giurisdizione francese […]» – è del tutto evidente che l’oggetto esclusivo
del proposto regolamento è costituito dalla questione se la cognizione della
causa di garanzia per evizione promossa dagli Eredi Bene nei confronti
degli Eredi Klossowski sia attribuita alla giurisdizione del Giudice italiano
ovvero a quella del Giudice francese;
che il Collegio ritiene che tale fattispecie è attribuita alla giurisdizione
del Giudice italiano, in forza dell’art. 6, numero 2, del Regolamento (CE) n.
44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza
giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia
civile e commerciale, applicabile nella specie ratione temporis, il quale
dispone: «La persona di cui all’articolo precedente [cioè: «La persona
domiciliata nel territorio di uno Stato membro»: art. 5, alinea] può inoltre
essere convenuta: […] 2) qualora si tratti di chiamata in garanzia o altra
chiamata di terzo, davanti al giudice presso il quale è stata proposta la
domanda principale, sempre che quest’ultima non sia stata proposta solo
per distogliere colui che è stato chiamato in causa dal suo giudice
naturale»;
che – giova premettere – tale disposizione riproduce sostanzialmente
il testo dell’art. 6, numero 2, della Convenzione concernente la
competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e
11

28 agosto 1989, Pierre Klossowski aveva venduto a Carmelo Bene sedici

commerciale e protocollo, firmati a Bruxelles il 27 settembre 1968, resi
esecutivi in Italia dalla legge 21 giugno 1971, n. 804, nonché l’art. 6,
numero 2, della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e
l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, con tre
protocolli, dichiarazioni e atto finale, fatta a Lugano il 16 settembre 1988,
resi esecutivi in Italia dalla legge 10 febbraio 1992, n. 198, ed è stata
inoltre sostanzialmente riprodotta dall’art. 8, numero 2, del Regolamento

dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il
riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e
commerciale, articolo che si applicherà a decorrere dal 10 gennaio 2015
(art. 81, paragrafo 2), con marginali modificazioni del testo («Una persona
domiciliata in uno Stato membro può inoltre essere convenuta: […] 2)
qualora si tratti di chiamata in garanzia o altra chiamata di terzo, davanti
all’autorità giurisdizionale presso il quale è stata proposta la domanda
principale, a meno che quest’ultima non sia stata proposta solo per
distogliere colui che è stato chiamato in causa dalla sua autorità
giurisdizionale naturale»),

le quali non incidono sulla

ratio

della

disposizione nel suo testo originario;
che l’undicesimo ed il dodicesimo «considerando» del Regolamento n.
44 del 2001 premettono, rispettivamente, che

«Le norme sulla

competenza devono presentare un alto grado di prevedibilità ed articolarsi
intorno al principio della competenza del giudice del domicilio del
convenuto, la quale deve valere in ogni ipotesi salvo in alcuni casi
rigorosamente determinati, nei quali la materia del contendere o
l’autonomia delle parti giustifichi un diverso criterio di collegamento»
(primo periodo), e che «Il criterio del foro del domicilio del convenuto deve
essere completato attraverso la previsione di fori alternativi, ammessi in
base al collegamento stretto tra l’organo giurisdizionale e la controversia,
ovvero al fine di agevolare la buona amministrazione della giustizia»;
che la Corte di giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza (tra le
altre) 13 luglio 2006 (nella causa C-103/05, Reisch Montage AG contro
Kiesel Baumaschinen Handels GmbH, nn. da 22 a 25) ha enunciato, per
quanto in questa sede rileva, i seguenti principi sull’interpretazione del
12

(UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12

menzionato Regolamento n. 44 del 2001: a) «In limine, si deve ricordare

che la competenza prevista dall’art. 2 del regolamento n. 44/2001, cioè la
competenza dei giudici dello Stato membro nel cui territorio il convenuto
ha il suo domicilio, costituisce il principio generale e che solo in deroga a
tale principio il detto regolamento prevede norme di competenza speciale
in casi limitativamente enumerati nei quali il convenuto può o deve, a
seconda dei casi, essere convenuto dinanzi ad un giudice di un altro Stato

concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in
materia civile e commerciale (GU 1972, L 299, pag. 32; in prosieguo: la
«Convenzione di Bruxelles») le cui disposizioni sono in sostanza identiche
a quelle del regolamento n. 44/2001, sentenze 27 ottobre 1998, causa
C-51/97, Réunion européenne e a., Racc. pag. 1-6511, punto 16, e 5
febbraio 2004, causa C-265/02, Frahuil, Racc. pag. I-1543, punto 23]. A
questo proposito, è costante giurisprudenza che le dette norme di
competenza speciale sono di stretta interpretazione, e non consentono
un’interpretazione che vada oltre le ipotesi prese in considerazione
esplicitamente dal regolamento n. 44/2001 (v., per quanto riguarda la
Convenzione di Bruxelles, sentenza 10 giugno 2004, causa C-168/02,
Kronhofer, Racc. pag. 1-6009, punto 14 e giurisprudenza ivi citata)»;

b)

«Spetta al giudice nazionale interpretare queste stesse norme nel rispetto
del principio della certezza del diritto, che costituisce uno degli obiettivi
del regolamento n. 44/2001 (v., per quanto riguarda la Convenzione di
Bruxelles, sentenze 28 settembre 1999, causa C-440/97, GIE Groupe
Concorde e a., Racc. pag. 1-6307, punto 23; 19 febbraio 2002, causa
C-256/00, Besix, Racc. pag. I-1699, punto 24, e 1° marzo 2005, causa
C-281/02, Owusu, Racc. pag. I-1383, punto 38). Questo principio esige, in
particolare, che le norme di competenza speciale siano interpretate in
modo da consentire ad un convenuto normalmente accorto di prevedere
ragionevolmente dinanzi a quale giudice, diverso da quello dello Stato del
proprio domicilio, potrà essere citato (v. citate sentenze GIE Groupe
Concorde e a., punto 24; Besix, punto 26, e Owusu, punto 40)»;
che la stessa Corte di giustizia UE – in particolare sull’interpretazione
del citato art. 6, numero 2, della menzionata Convenzione di Bruxelles del
1968 – con la sentenza (tra le altre) 26 maggio 2005 (in causa C-77/04,
13

membro [v., per quanto riguarda la Convenzione 27 settembre 1968

Groupement d’intérét économique (GIE) Réunion européenne e a. contro
Zurich Esparia, Société pyrénéenne de transit d’automobiles (Soptrans),
nn. da 25 a 36) ha, tra l’altro, affermato che: a) «In forza dell’art. 6,
punto 2, della Convenzione, nel caso di un’azione di garanzia o di una
chiamata di un terzo nel processo, un convenuto può essere citato davanti
al giudice presso il quale è stata proposta la domanda principale,
sempreché quest’ultima non sia stata proposta per distogliere il convenuto

come l’azione “che il convenuto della causa principale propone contro un
terzo allo scopo di restare estraneo agli effetti del giudizio”»; c) «[…]
l’applicabilità dell’art. 6, punto 2, della Convenzione deve tuttavia
rispettare la condizione che l’azione di garanzia non sia proposta al solo
scopo di distogliere il convenuto dal suo giudice naturale», sicché «Spetta
al giudice nazionale investito della domanda principale verificare
l’esistenza di un nesso […], nel senso che esso deve assicurare che
l’azione di garanzia non abbia il solo scopo di distogliere il convenuto dal
suo giudice naturale»; d) conclusivamente, «L’art. 6, punto 2, della detta
Convenzione si applica a una chiamata in garanzia […], purché sussista un
nesso tra la domanda principale e l’azione di garanzia che escluda la
violazione delle norme sul foro competente»
che anche queste Sezioni Unite sono intervenute più volte
sull’interpretazione dell’art. 6, numero 2, della menzionata Convenzione di
Bruxelles del 1968, enunciando i princípi di diritto secondo cui, in tema di
giurisdizione nei confronti dello straniero, nel caso di chiamata in giudizio,
da parte del convenuto della causa principale, di un soggetto di diritto
straniero, dal quale lo stesso convenuto pretenda di essere manlevato, al
fine di affermare o negare la giurisdizione del giudice nazionale, ai sensi
dell’art. 6, numero 2 della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968
– per il quale, in caso di azione di garanzia, il garante può, di massima,
essere citato davanti al giudice presso il quale è stata proposta la
domanda principale – è ininfluente la distinzione fra garanzia propria ed
impropria, dovendo l’indagine limitarsi al solo accertamento della non
pretestuosità della chiamata in causa, in quanto avente il solo scopo di
distogliere il convenuto in garanzia dal suo giudice naturale (cfr. le
14

dal giudice naturale del medesimo»; b) «[…] l’azione di garanzia è definita

ordinanze n. 5965 e 7991 del 2009, nonché la sentenza n. 8404 del
2012);
che inoltre queste Sezioni Unite – con riferimento all’art. 6, numero 2,
della menzionata Convenzione di Lugano del 1988 – nel ribadire tali
principi, hanno precisato che, ininfluente la distinzione fra garanzia propria
ed impropria, é invece necessario che il chiamante invochi un rapporto di

suo favore (ordinanza n. 26643 del 2009);

che il Collegio reputa che i richiamati princípi della Corte di giustizia
UE e di queste Sezioni Unite debbano essere condivisi e ribaditi anche con
riferimento al citato art. 6, numero 2, del Regolamento (CE) n. 44/2001,
applicabile alla fattispecie ratione temporis;

che dunque tale disposizione, in conformità con i principi medesimi,
deve essere interpretata nel senso che, in caso di chiamata in garanzia propria od impropria non rileva -, o di altra chiamata di terzo, di persona
domiciliata nel territorio di uno Stato membro, tale persona può essere
convenuta – in deroga al principio generale stabilito dall’art. 2, paragrafo
1, dello stesso Regolamento, secondo cui «le persone domiciliate in un
determinato Stato membro sono convenute, a prescindere dalla loro
nazionalità, davanti ai Giudici di tale Stato membro»,

deroga

esplicitamente e specificamente prevista dal successivo art. 3, paragrafo
1, per il quale «Le persone domiciliate nel territorio di uno Stato membro
possono essere convenute davanti ai giudici di un altro Stato membro solo
in base alle norme enunciate nelle sezioni da 2 a 7 del presente capo»
(l’art. 6 è appunto collocato nella Sezione 2 del Capo II) – davanti al
giudice presso il quale è stata proposta la domanda principale (foro
alternativo) – domanda da individuarsi in quella proposta dalla persona
che ha effettuato la chiamata in garanzia (chiamante), che abbia invocato
un rapporto di garanzia nei confronti del chiamato e chiesto la condanna di
quest’ultimo in suo favore -, alla condizione che tale domanda non sia
stata proposta dal chiamante allo scopo esclusivo di «distogliere colui che
è stato chiamato in causa dal suo giudice naturale», vale a dire dal giudice
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garanzia nei confronti del chiamato e chieda la condanna dello stesso in

dello Stato membro nel quale la persona chiamata (convenuta) ha il
domicilio (art. 2, paragrafo 1, cit.), condizione – deve aggiungersi – la cui
sussistenza nella specie considerata deve, ovviamente, essere dedotta e
dimostrata in modo adeguato e specifico dalla stessa persona chiamata quale titolare del diritto ad essere giudicato dal giudice naturale
individuato secondo il predetto criterio generale di cui all’art. 2, paragrafo
1 – che abbia eccepito il difetto di giurisdizione del giudice dinanzi al quale

domanda principale e l’azione di garanzia»;

che nella specie, alla luce delle considerazioni che precedono,
sussistono tutti i presupposti e le condizioni per l’affermazione della
giurisdizione del Giudice italiano a conoscere la causa di garanzia per
evizione promossa dagli Eredi Bene nei confronti degli Eredi Klossowski;

che, infatti, è del tutto evidente il nesso sussistente tra la domanda di
rivendicazione (delle opere di Pierre Klossowski facenti parte del ciclo “Il
Bafometto”) proposta dalla Fondazione nei confronti degli Eredi Bene e la
domanda di garanzia per evizione proposta da questi ultimi nei confronti
degli Eredi Klossowski (quali successori dell’assunto venditore di dette
opere a Carmelo Bene), nesso che, escludendo la sussistenza del predetto
abuso nell’applicazione dell’evocato art. 6, numero 2, del Regolamento n.
44 del 2001, fonda al contempo la giurisdizione dell’adito Tribunale
ordinario di Roma, al quale vie rimessa altresì la liquidazione delle spese
della presente fase del giudizio.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione del Giudice italiano, Tribunale
ordinario di Roma, davanti al quale rimette le parti, rimettendo altresì allo
stesso Giudice la liquidazione delle spese della presente fase del giudizio.

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è stata convenuta deducendo, ad esempio, la mancanza «un nesso tra la

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, 1’8

ottobre 2013

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