Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4323 del 22/02/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 4323 Anno 2018
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: BELLINI UBALDO

ORDINANZA

sul ricorso 17405-2016 proposto da:
MINOTTA CRESCENZO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DEI GRACCHI 39, presso lo studio degli Avvocati Adriano
Giuffre’ e Francesca Giuffre’, unitamente all’Avvocato
FEDERICO BERGAMO, che lo rappresenta e difende insieme al
primo;
– ricorrente contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE in persona del
Ministro pro tempore;
– intimato avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato
il 15 gennaio 2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
del 15/12/2017 dal Consigliere UBALDO BELLINI;

FATTI DI CAUSA

Data pubblicazione: 22/02/2018

1. – Con ricorso in opposizione ai sensi dell’art.

5-ter

della legge n. 89 del 2001, depositato il 12 marzo 2015,
dinanzi alla Corte d’appello di Roma, Crescenzo Minotta ha
chiesto la condanna del Ministero dell’economia e delle finanze
per l’irragionevole durata del giudizio amministrativo promosso

La Corte d’appello, con decreto depositato in data 15
gennaio 2016, ha rigettato l’opposizione «in virtù dell’art. 51
del r.d. n. 642 del 1907 (nonché del successive art. 71 D.Lvo
n. 104 del 2010)», per mancata presentazione dell’istanza di
prelievo nel giudizio presupposto, avendo la ricorrente
depositato soltanto istanza di fissazione di udienza.
2. – Per la cassazione del decreto della Corte d’appello il
Minotta ha proposto ricorso, con atto notificato il 6 luglio 2016,
sulla base di tre motivi.
L’intimato Ministero non ha svolto attività difensiva in
questa sede.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 – Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la
violazione e falsa applicazione degli art. 6-13 della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e
delle libertà fondamentali; violazione della legge 4 agosto
1955, n. 848 di ratifica della predetta convenzione; violazione
degli art. 11-117 Cost; violazione della legge di esecuzione del
trattato; violazione del giudicato costituzionale; violazione e
falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. per contrasto della norma
interna di cui all’art. 54, comma II, D.L. n. 112/2098, come
modificata dall’art. 3, comma XXIII allegato 4 al D.Lgs. n.
104/2010, con gli art. 6-13 della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e
la legge di ratifica della stessa (il tutto in relazione all’art. 360,
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nel 1999 dinanzi al TAR Campania, sezione di Napoli.

primo comma, numero 3, cod. proc. civ.). Il ricorrente censura
il decreto impugnato nella parte in cui il Collegio afferma che
«l’istanza depositata dal Crescenzo in data 30 settembre 2009
presso la segreteria del TAR Campania è stata correttamente
qualificata quale istanza di fissazione, essendosi con la stessa

1.2. – Con il secondo motivo, il ricorrente prospetta
violazione e falsa applicazione dell’art. 51 R.D. 17 agosto 1907,
n. 642, ratione temporis vigente, in relazione all’art. 360,
primo comma, numero 3, cod. proc. civ. Il ricorrente deduce
che l’istanza contemplata dall’art. 51 del regio decreto n. 642
del 1907 consiste in una richiesta attraverso cui la parte
sollecita l’organo giudicante evidenziando l’urgenza del proprio
ricorso mediante la richiesta di fissazione dell’udienza per la
discussione. Essa avrebbe identico contenuto rispetto
all’istanza di prelievo prevista dall’art. 71 del d.lgs. n. 104 del
2010.
1.3. – Con il terzo motivo il ricorrente denuncia l’error in
procedendo determinante la nullità della decisione e/o del
procedimento ex art. 360, primo comma, numero 4, cod. proc.
civ., in relazione all’art. 5, comma 5, della legge n. 89 del
2001, che impone alla Corte d’appello territorialmente
competente di pronunciare, «entro quattro mesi dal deposito
del ricorso, decreto impugnabile per cassazione».
2. – I primi due motivi vanno esaminati congiuntamente,
stante la stretta connessione.
2.1. – Essi sono fondati, per le ragioni di seguito precisate.
Risulta per tabulas dallo stesso decreto impugnato che il
ricorso per equa riparazione è stato depositato in data 12
marzo 2015 in relazione ad un processo amministrativo dinanzi
al TAR Campania – Napoli promosso nel 1999.
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richiesto la fissazione dell’udienza di discussione».

Poiché la domanda di equa riparazione è stata proposta
successivamente al 16 settembre 2010, data di entrata in
vigore del codice del processo amministrativo, nella specie
trova applicazione, per la regolamentazione di tale
procedimento, il testo dell’art. 54, del decreto legge n. 112 del

d.lgs. n. 104 del 2010 e dall’art. 1, comma 3, lettera a),
numero 6), del d.lgs. n. 195 del 2011.
Il testo dell’art. 54, comma 2, del decreto legge n. 112
del 2008, quale convertito in legge dalla legge n. 133 del 2008,
in vigore dal 22 agosto 2008, nella sua versione originaria,
applicbile al momento del deposito dell’stanza disponeva che:
«La domanda di equa riparazione non è proponibile se nel
giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume
essersi verificata la violazione dell’art. 2, comma 1, della legge
24 marzo 2001, n. 89, non è stata presentata un’istanza ai
sensi del secondo comma dell’articolo 51 del regio decreto 17
agosto 1907, n. 642».
Successivamente l’art. 54 del decreto-legge n. 112 del
2008, nel testo novellato dall’art. 3, comma 23, dell’Allegato 4
al d.lgs. n. 104 del 2010 – in vigore dal 16 settembre 2010 – e
dall’art. 1, comma 3, lettera a), numero 6), del d.lgs. n. 195
del 2011, applicabile ratione temporis, prevede quanto segue:
«La domanda di equa riparazione non è proponibile se nel
giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume
essersi verificata la violazione dell’art. 2, comma 1, della legge
24 marzo 2001, n. 89, non è stata presentata l’istanza di
prelievo di cui all’articolo 71, comma 2, del codice del processo
amministrativo, né con riguardo al periodo anteriore alla sua
presentazione».

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2008, come novellato dall’art. 3, comma 23, dell’Allegato 4, del

Ora nella specie il decreto della Corte d’appello
impugnato – pur dando atto che il Minotta, nella pendenza del
giudizio presupposto, in data 30 luglio 2009 ha presentato
istanza alla segreteria del TAR della Campania, chiedendo al
Presidente «di fissare l’udienza di discussione dell’anzidetto

ormai trascorso dalla data di deposito del medesimo» – ha
qualificato tale richiesta quale istanza di fissazione di udienza.
2.2. – Ma, il contenuto e la ratio dell’istanza risulta
inequivocamente diretto a rappresentare l’urgenza della
trattazione del giudizio presupposto, sollecitandone la
definizione.
Poiché, dunque, al di là del nomen juris, una istanza di
prelievo risulta ritualmente presentata, ha errato la Corte
d’appello a dichiarare il ricorso per equa riparazione
improponibile, rigettando l’opposizione.
Né vale in senso contrario il fatto che l’istanza di prelievo
depositata dalla ricorrente non richiami, nell’intestazione, l’art.
51, secondo comma, del regio decreto n. 642 del 1907,
abrogato a decorrere dal 16 settembre 2010, perché quel che
rileva, al fine di ritenere soddisfatta la condizione di
proponibilità della domanda di equa riparazione, di cui all’art.
54 del decreto-legge n. 112 del 2008, è che l’istanza di
prelievo sia stata effettivamente presentata, con ciò
segnalandosi l’urgenza del ricorso. In altri termini, non è di
ostacolo alla ritualità della richiesta di prelievo la circostanza
che l’istanza sollecitatoria menzioni, anziché l’art. 71 cod. proc.
amm., il non più vigente art. 51 del regolamento di procedura
del 1907, o viceversa, occorrendo guardare al contenuto della
richiesta senza fermarsi al dato formale dell’articolo di legge in
essa menzionato, e ciò trattandosi della stessa istanza prevista
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ricorso al più presto possibile, in considerazione del tempo

da due fonti diacroniche (Cass. n. 27634, n. 27921 en. 28959
del 2017).
3. – Accolti i due motivi (con assorbimento del terzo), il
decreto impugnato va cassato e la causa rinviata, per un nuovo
esame, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.

regolamentazione delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso, assorbito il
terzo; cassa il decreto impugnato in relazione alla censura
accolta e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di
cassazione, alla Corte d’appello di Roma, in diversa
composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Seconda Sezione civile della Corte di Cassazione, il 15
dicembre 2017.

Al giudice del rinvio è demandata altresì la

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