Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4322 del 24/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4322 Anno 2014
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: TRICOMI IRENE

ORDINANZA
sul ricorso 19856-2012 proposto da:
PISTOIA TERESA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FABIO MASSIMO 60,
presso lo studio dell’avvocato ROTONDO MARIO, che la rappresenta e difende, giusta
procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE 80078750587
in persona del Direttore Centrale Pensioni, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,
rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA PULLI, EMANUELA
CAPANNOLO, MAURO RICCI, giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente nonchè contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

Data pubblicazione: 24/02/2014

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– intimato avverso la sentenza n. 201/2012 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO del
23.2.2012, depositata li 1/03/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/01/2014 dal
Consigliere Relatore Dott. IRENE TRICOMI;

udito per il controricorrente l’Avvocato Mauro Ricci che si riporta agli scritti.

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FATTO E DIRITTO
La Corte d’Appello di Catanzaro, con la sentenza n. 201 del 2012,
accoglieva l’appello proposto dall’INPS nei confronti di Pistoia Teresa e del
Ministero dell’economia e finanze e rigettava la domanda proposta dalla stessa in
primo grado, in ragione della mancanza del requisito reddituale per l’anno
anteriore al 6 giugno 2008.
La Corte d’Appello, infatti, atteso che il Tribunale, con sentenza del 9
giugno 2008, aveva accolto la domanda (5 gennaio 2006) volta ad attenere
l’accertamento del diritto a conseguire l’assegno mensile di assistenza, rilevava la
mancanza del requisito della incollocazione, ma che la Pistoia, come dedotto
dall’INPS, risultava essersi iscritta alle liste speciali di collocamento dal 6 giugno
2008. Accoglieva, quindi, l’impugnazione in quanto la parte appellata, ritualmente
evocata in giudizio, ma non costituitasi, non aveva provato il requisito reddituale
nei termini anzidetti.
Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre la Pistoia,
nei confronti dell’INPS e del Ministero dell’economia e finanze, prospettando
quattro motivi di ricorso.
Resiste l’INPS con controricorso.
Il Ministero non ha svolto difese.
Con il primo è dedotta violazione e falsa applicazione di norme di diritto e
contraddittorietà della motivazione con riguardo all’art. 13 della legge n. 118 del
1971, come succ. modificata.
Ad avviso della ricorrente, in particolare, la sentenza di primo grado andava
confermata atteso che la mancata costituzione in appello non equivale a mancata
prova dei requisiti. Non vi era onere per essa ricorrente di produrre dichiarazioni
relative all’incollocabilità, desumibile anche a mezzo presunzioni.
Con il secondo motivo di impugnazione è dedotta violazione falsa
applicazione di norme di diritto e vizio di motivazione con riferimento all’art. 13
della legge n. 118 del 1971 inerente l’età per l’iscrizione nelle liste di
incollocabilità ed alla legge n. 482 del 1968, abrogata dalla legge n. 68 del 1999,
in vigore dal 18 gennaio 2000.
Essa ricorrente, essendo nata il 4 aprile 1951, a decorrere dal 5 aprile 2006
non era più tenuta ad iscriversi nelle liste di incollocabilità.
Con il terzo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione di
norme di diritto e vizio di motivazione della sentenza relativa al requisito
reddituale con riguardo alla legge n. 118 del 1971 e all’art. 12 della legge n. 412
del 1991.
La ricorrente, in primo grado, ha provato il requisito reddituale per tutti gli
anni a decorrere dal 1° agosto 2003 in poi. Affermava la ricorrente come per
l’anno 2002 detto reddito non rilevasse in quanto il riconoscimento avveniva dal
1° agosto 2003 e che per gli anni in contestazione il reddito era inferiore o
inesistente non potendosi cumulare con quello degli altri componenti il nucleo
familiare.
Con il quarto motivo di ricorso è dedotta violazione di legge e vizio di
motivazione in riferimento all’art. 149 disp. att. cpc. La Corte d’Appello non
avrebbe tenuto conto del fatto che l’incollocazione può intervenire anche in corso
di causa.
3

Il Presidente

Il consigliere relatore concludeva per la manifesta infondatezza dei motivi
del ricorso nei termini di seguito riportati.
I suddetti motivi devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro
connessione.
Gli stessi sono manifestamente infondati.
Ed infatti, la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che ai fini
dell’attribuzione dell’assegno mensile di invalidità la incollocazione al lavoro – che è
uno degli elementi costitutivi del diritto alla prestazione – assume due diversi significati
rispettivamente per gli invalidi infracinquantacinquenni e per gli invalidi che abbiano,
invece, superato i cinquantacinque anni di età (ma non ancora i sessantacinque, questo
essendo il limite preclusivo per beneficiare della prestazione in argomento).
Con riguardo ai primi, infatti, per incollocato al lavoro deve intendersi colui che,
essendo iscritto nelle liste del collocamento obbligatorio, non abbia trovato una
occupazione compatibile con le sue condizioni psico-fisiche (a nulla rilevando il fatto
che non abbia ancora ottenuto il riconoscimento della percentuale di riduzione della sua
capacità di lavoro da parte delle competenti commissioni sanitarie, ma essendo
comunque necessaria, in questo caso, la presentazione della domanda di iscrizione nelle
predette liste, non potendosi supplire alla mancanza di tale elemento con la prova dello
stato di disoccupazione). Con riferimento, invece, agli invalidi ultracinquantacinquenni
(ma infrasessantacinquenni) – che non hanno diritto all’iscrizione nelle suddette liste — l’
“incollocazione al lavoro” deve essere intesa come stato di effettiva disoccupazione o
non occupazione ricollegato ad una riduzione di capacità di lavoro che di detto stato è
causa e che non consente il reperimento di una occupazione adatta alla ridotta capacità
lavorativa dell’invalido (la cui prova può essere fornita in giudizio anche mediante
presunzioni), senza che sia necessaria alcuna iscrizione o la domanda di iscrizione nelle
liste del collocamento ordinario (Cass. n. 28852 del 2008).
Sussisteva, quindi, un onere probatorio a carico della ricorrente, dalla stessa
non assolto come ritenuto dalla sentenza della Corte d’Appello, non adeguatamente
censurata sotto tale profilo atteso che la ricorrente fa riferimento solo al dato
formale dell’iscrizione nelle liste di collocamento e a documentazione (certificato
medico) indicata genericamente senza riferimenti specifici circa la produzione.
Analogamente del tutto generica è l’impugnazione volta a contestare la ritenuta
mancanza del requisito reddituale.
Il Collegio condivide e fa proprie le argomentazioni e le conclusioni che
precedono.
Pertanto il ricorso deve essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di
giudizio che liquida in euro cento per esborsi, euro 1500 per compenso professionale,
oltre accessori, nei confronti dell’INPS. Nulla spese per l’intimato non costituito.
Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2014

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