Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 432 del 13/01/2021

Cassazione civile sez. II, 13/01/2021, (ud. 14/10/2020, dep. 13/01/2021), n.432

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25948-2019 proposto da:

U.M.S., rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA

LUCIA FRISENDA, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 10/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/10/2020 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

U.M.S. – cittadino del (OMISSIS) – ebbe a proporre ricorso avanti il Tribunale di Milano avverso la decisione della locale Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, che aveva rigettato la sua istanza di protezione internazionale in relazione a tutti gli istituti previsti dalla relativa normativa.

Il richiedente asilo riferiva d’essersi deciso ad espatriare poichè il padre – commerciante ed attivista politico per il partito non al Governo – aveva rifiutato di pagare il pizzo agli attivisti del partito di Governo e minacciato di render pubblico il tentativo d’estorsione venne ucciso assieme ad uno dei figli.

Egli prontamente presentò denunzia del fatto alla Polizia che rifiutò di ricevere la denunzia poichè i colpevoli erano attivisti del partito al Governo e per tale ragione iniziò anche lui ad essere perseguitato da detti attivisti ed a nulla era servito il suo allontanamento dal villaggio, in cui viveva, poichè fu minacciato anche presso la sua nuova residenza.

Il Tribunale ambrosiano ebbe a rigettare il ricorso non concorrendo fattispecie fattuale, prevista dalla normativa in materia, per il riconoscimento, in favore del ricorrente, di alcuno degli istituti di protezione internazionale ed umanitaria, perchè non credibile il suo racconto a giustificazione dei motivi addotti a supporto della scelta d’espatriare e non concorrenti condizioni di vulnerabilità. L’ U. ha proposto ricorso per cassazione avverso il provvedimento del Tribunale articolato su due motivi.

Il Ministero degli Interni, ritualmente evocato, ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso svolto da U.S. appare inammissibile ex art. 360 bis c.p.c. – siccome ricostruita la norma ex Cass. SU n. 7155/17 -.

Con la prima ragione di doglianza il ricorrente deduce violazione dell’art. 1 Convenzione di Ginevra ed omesso esame ex art. 360 c.p.c., n. 5 poichè il Tribunale lombardo non avrebbe apprezzato la situazione sociale ed economica agiata da lui goduta prima delle vicissitudini narrate a giustificazione della sua decisione d’espatriare ed il pericolo per lui rappresentato dalla ricordata azione violenta e minatoria degli adepti del partito di Governo.

L’argomentazione critica proposta appare apodittica in quanto si compendia nella postulazione di omessa valutazione di dati fattuali – sua posizione di agiatezza e di istruzione superiore – senza anche argomentare circa la rilevanza in relazione alla valutazione del suo narrato, ritenuto dal Tribunale ambrosiano motivatamente non credibile.

Difatti la credibilità circa l’uccisione del padre da parte di attivisti del partito al Governo per non aver voluto pagare loro il pizzo e le minacce alla sua vita per la volontà di denunziare il crimine, mentre madre e zio continuano a vivere in Patria indisturbati, appare questione del tutto non incisa dalla circostanza enfatizzata nel motivo afferente la vita agiata condotta dal richiedente asilo. Consegue la genericità della censura proposta per il mancato confronto con la motivazione sul punto esposta dal Tribunale.

Con il secondo mezzo d’impugnazione svolto, il ricorrente deduce violazione della norma costituzionale ex art. 10 Cost. ed omesso esame di fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5 individuato nel suo grado di integrazione sociale raggiunto in Italia ai fini della protezione umanitaria.

La svolta censura appare inammissibile poichè lo stesso ricorrente nella sua argomentazione critica rileva come il Tribunale milanese ebbe ad esaminare la questione afferente l’attività lavorativa svolta in Italia – ditta individuale di rivendita accessori per cellulari – ma la ritenne non ex se sufficiente a consentire l’accoglimento della domanda afferente la protezione umanitaria, sicchè non concorre all’evidenza alcun omesso esame del fatto in questione.

Quanto poi all’effettuazione della necessaria comparazione la stessa risulta operata dal Collegio ambrosiano proprio sulla scorta dell’insegnamento dato dall’arresto di legittimità evocato dal ricorrente a suffragio della sua critica.

Il Collegio di prime cure ha appositamente messo in evidenza e la tipologia d’attività lavorativa svolta e la non conoscenza della lingua e dei valori fondanti la società italiana e l’esistenza in Patria di famigliari ed affetti e l’assenza di specifiche condizioni di vulnerabilità, operando così proprio quella comparazione che il ricorrente lamenta non effettuata.

Dunque la critica portata s’appalesa generica poichè fondata su apodittica contestazione della motivata statuizione resa dal Collegio milanese.

Alla declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità in favore dell’Amministrazione costituita, liquidate in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Concorrono in capo al ricorrente le condizioni processuali per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità in favore dell’Amministrazione degli Interni che liquida in Euro oltre le spese 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza in camera di consiglio, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2021

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