Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4318 del 24/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4318 Anno 2014
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: TRICOMI IRENE

ORDINANZA
sul ricorso 15159-2012 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE 80078750587
in persona del Direttore Centrale delle Prestazioni, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,
rappresentato e difeso dagli avvocati CORE I TI ANTONIETTA, DE ROSE
EMANUELE, STUMPO VINCENZO, TRIOLO VINCENZO, giusta procura )
speciale in calce al ricorso;
– ricorrente Contro
PRIMERANO SILVANA;
– intimata avverso la sentenza n. 594/2011 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO del
26.5.2011, depositata il 17/06/2011;

Data pubblicazione: 24/02/2014

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/01/2014 dal

Consigliere Relatore Dott. IRENE TRICOMI.

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FATTO E DIRITTO
Atteso che e’ stata depositata relazione del seguente contenuto.
«La Corte d’Appello di Catanzaro, con la sentenza n. 594/2011, decidendo
sull’impugnazione proposta da Primerano Silvana nei confronti dell’INPS, avverso al
sentenza del Tribunale di Vibo Valenza del 28 marzo-28 maggio 2008, in riforma della
sentenza impugnata, dichiarava il diritto della Primerano a percepire l’indennità di
maternità di cui alla legge n. 1204 del 1971 per il periodo di astensione facoltativa dal
lavoro in relazione al parto del 26 marzo 1996 e condannava l’INPS al pagamento della
relativa prestazione oltre accessori secondo legge.
Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre l’INPS
prospettando il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 7, primo comma, della
legge n. 1204 del 30 dicembre 1971 e 8 del dPR n. 1027 del 1976.
L’intimata non si è costituita.
Assume il ricorrente che la Corte d’Appello ha applicato il citato art. 7 nel testo
risultante dalle modifiche apportate dal d.lgs. 151 del 2001 (art. 32), e non quello
storico applicabile ratione temporis atteso che il parto avveniva nel 1993.
Espone, altresì, che la lavoratrice non aveva provveduta a formulare l’istanza
prima della fruizione del periodo di congedo richiesto, così contravvenendo all’art. 8
del dPR 1027 del 1976.
In sintesi il ricorrente censura la sentenza ritenendo che in base al combinato
disposto delle due norme invocate l’indennità di maternità per astensione facoltativa
non possa essere riconosciuta per i periodi anteriori alla comunicazione della lavoratrice
di volersene avvalere.
Il ricorso appare manifestamente fondato.
L’art. 7 della legge n. 1024 dl 1971, prima delle modifiche introdotte dalla legge
n. 53 del 2000, poi confluite nel d.lgs. n. 151 del 2001, prevedeva l’astensione
facoltativa per la durata massima di 6 mesi (anche frazionabili) fino al compimento di
un anno di età da parte del bambino.
Con la novella introdotta dalla legge n. 53 del 2000, la durata dell’astensione
facoltativa è stabilita in generale in IO mesi da ripartire tra i due genitori e da fruire nei
primi 8 anni di età del bambino.
Nella specie il parto avveniva il 26 marzo 1993 e la domanda era stata presentata
il 27 novembre 1996.
Va, altresì, osservato che, come questa Corte ha avuto già modo di affermare
(Cass., n. 6453 del 2006), peraltro anche con riguardo alla nuova disciplina dettata dalla
legge n. 53 del 2010, a norma del d.P.R. n. 1026 del 1976, la lavoratrice che intende
esercitare la facoltà di astenersi dal lavoro per il periodo previsto dall’art. 7 comma
primo della legge n. 1204 del 1971 ha l’onere di darne preventiva comunicazione al
datore di lavoro e all’Istituto assicuratore interessato; pertanto, l’indennità di maternità
per l’astensione facoltativa non può essere riconosciuta per periodi anteriori alla data di
tale comunicazione.
Pertanto il ricorso va accolto in quanto il congedo, in base alla disciplina
applicabile ratione temporis, può essere riconosciuto per un periodo massimo di sei
mesi nel primo anno di vita del bambino e solo successivamente alla presentazione della
domanda relativa, che deve intervenire nel suddetto anno».
Il Collegio condivide e fa proprie le argomentazioni e le conclusioni che
precedono.
Pertanto, accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel
merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., in ragione della sufficienza degli
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accertamenti di fatto, rigetta la domanda introduttiva del giudizio. Nulla spese atteso
che l’intimata non ha svolto difese.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rigetta la domanda
introduttiva del giudizio. Nulla spese.
Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2014

Il Presidente

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