Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4317 del 24/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4317 Anno 2014
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: TRICOMI IRENE

ORDINANZA
sul ricorso 14600-2012 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE 80078750587
in persona del Direttore Centrale Pensioni, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,
rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO RICCI, CLEMENTINA PULLI,
EMANUELA CAPANNOLO, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente contro
LEONE AGNESE,
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 80415740580;

– intimati avverso la sentenza n. 1281/2011 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO del
27.10.2011, depositata 11 23/12/2011;

Data pubblicazione: 24/02/2014

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/01/2014 dal
Consigliere Relatore Dott. IRENE TRICOMI;

udito per il ricorrente l’Avvocato Mauro Ricci.

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FATTO E DIRITTO
La Corte d’Appello di Catanzaro, con la sentenza n. 1281 del 2011, accoglieva
l’appello proposto da Leone Agnese nei confronti dell’INPS e del Ministero
dell’economia e delle finanze avverso la sentenza del Tribunale di Vibo Valentia 31
novembre – 10 dicembre 2007, e per l’effetto, in riforma della suddetta sentenza,
dichiarava il diritto della Leone alla pensione di inabilità (invalidità nella misura del 100
per cento) dal febbraio 2004 e condannava l’INPS a corrispondere alla Leone i ratei
della pensione di inabilità con decorrenza febbraio 2004, oltre accessori di legge.
Il Tribunale aveva ritenuto non sussistente il requisito reddituale atteso che dalla
documentazione prodotta all’esito della CTU (che accertava l’invalidità civile al 100
per cento), e riguardante il coniuge della ricorrente, emergeva che il reddito del nucleo
familiare superava largamente i limiti prescritti dalla legge.
Diversamente, la Corte d’Appello, riteneva che, in tema di pensione di inabilità
civile, il requisito reddituale deve essere riscontrato tenendo conto del solo reddito
personale del richiedente e che nella specie la ricorrente aveva comprovato che nel 2003
non aveva goduto di un reddito posto sopra il limite reddituale ai fini del beneficio
previdenziale de quo.
Per la cassazione della suddetta sentenza resa in grado di appello ricorre l’INPS
prospettando un motivo di ricorso.
Gli intimati, Leone Agnese e Ministero dell’economia e finanze, non hanno
svolto difese.
Il consigliere relatore ha esposto le seguenti osservazioni e conclusioni che si
riportano in sintesi.
Con l’unico motivo di ricorso l’INPS deduce violazione ed errata applicazione
dell’art. 12 della legge n. 118 del 1971, dell’art. 26 della legge n. 153 del 1969, come
mod. dall’art. 3 del d.l. n. 30 del 1974, conv. dalla legge n. 114 del 1974, dell’art. 14septies della legge n. 33 del 1980 che convertiva il d.l. n. 663 del 1979, in relazione
all’art. 360, n. 3, cpc.
La censura verte sulla rilevanza o meno ai fini dell’attribuzione della pensione di
inabilità agli invalidi civili assoluti di cui all’art. 12 della legge n. 118 del 1971 del
reddito eventuale del coniuge o solo del reddito personale dell’invalido. Ed infatti, la
Corte d’Appello, erroneamente ad avviso del ricorrente in ragione della normativa
richiamata, ha affermato che il reddito da considerare e solo quello personale del
richiedente e non più quello familiare.
Con una recente pronuncia che ha consolidato un precedente orientamento,
rispetto al quale vi erano state pronunce difformi, questa Corte ha affermato che, ai fini
dell’accertamento della sussistenza del requisito reddituale per l’assegnazione della
pensione di inabilità agli invalidi civili assoluti, di cui all’art. 12 della legge n. 118 del
1971, assume rilievo non solamente il reddito personale dell’invalido, ma anche quello
(eventuale) del coniuge del medesimo, onde il beneficio va negato quando l’importo di
tali redditi, complessivamente considerati, superi il limite determinato con i criteri
indicati dalla norma suindicata (Cass., n. 5003 del 2011).
Concludeva il consigliere relatore che erroneamente, quindi, la Corte d’Appello
prendeva in considerazione il solo reddito personale della ricorrente.
Il Collegio, diversamente dalle conclusioni del consigliere relatore, ritiene che il
ricorso deve essere rigettato, dovendosi fare applicazione dei principi enunciati da
questa Corte con la sentenza n. 25000 del 2013, tenuto conto dello ius superveniens
rappresentato dall’art. 10, commi 5 0 e 6° del d.l. n. 76 del 2013, convertito in legge n.
99 del 2013, in vigore dal 28 giugno 2013.
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Secondo le nuove disposizioni, infatti, “all’articolo 14 septies del d.l. 30
dicembre 1979, n, 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n.
33, dopo il sesto comma, è inserito il seguente: “il limite di reddito per il diritto alla
pensione di inabilità in favore di mutilati e degli invalidi civili, di cui all’art. 12 della
legge 30 marzo 1971, n. 118, è calcolato con riferimento al reddito agli effetti
dell’IRPEF con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo
familiare di cui il soggetto interessato fa parte” (comma 5). “La disposizione del settimo
comma dell’art. 14 septies del di 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con
modificazioni, dalla 1. 29 febbraio 1980, n. 33, introdotta dal comma 5, si applica anche
alle domande di pensione di inabilità in relazione alle quali sia intervenuto
provvedimento definitivo e ai procedimenti giurisdizionali non conclusi con sentenza
definitiva alla data di entrata in vigore della presente disposizione, limitatamente al
riconoscimento del diritto a pensione a decorrere dalla medesima data, senza il
pagamento di importi arretrati. Non si fa comunque luogo al recupero degli importi
erogati prima della data di entrata in vigore della presente disposizione, laddove
conformi con i criteri di cui al comma 5” (comma 6).
La sentenza n. 25000 del 2013 ha affermato «ai fini dell’accertamento del
requisito reddituale previsto per l’attribuzione della pensione di inabilità prevista
dall’art. 12 della legge n. 118 del 1971 deve tenersi conto anche della posizione
reddituale del coniuge dell’invalido, secondo quanto stabilito dall’art. 14 septies della
legge n. 33 del 1980, in conformità con i criteri generali del sistema di sicurezza sociale,
che riconoscono alla solidarietà familiare una funzione integrativa dell’intervento
assistenziale pubblico, non potendo invece trovare applicazione la regola – stabilita dal
successivo comma 5 dello stesso art. 14 septies solo per l’assegno mensile di cui alla
legge n. 118 del 1971 citata – della esclusione dal computo dei redditi percepiti da altri
componenti del nucleo familiare dell’interessato».
La suddetta sentenza ha, poi, precisato: «l’intervento attuato dal legislatore con
l’art. 14 septies, comma 5, è chiaramente un intervento inteso a riequilibrare le posizioni
dei mutilati e invalidi civili, a seguito dell’innalzamento del limite reddituale previsto ma esclusivamente per gli invalidi civili assoluti – dalla 1. n. 29 del 1977. Significativo
di tale intento è che per l’attribuzione dell’assegno è, bensì, preso a riferimento il solo
reddito individuale dell’assistito, ma l’importo da non superare per la pensione di
inabilità (comma 4) corrisponde a più del doppio di quello stabilito per l’assegno.
5.- La norma, inoltre, rappresenta una deroga all’orientamento generale della
legislazione in tema di pensioni di invalidità e di pensione sociale, in base la quale il
limite reddituale va determinato tenendosi conto del cumulo del reddito dei coniugi
(vedi Corte cost. n. 769 del 1988 e n. 75 del 1991; vedi anche Corte cost. n. 454 del
1992 in tema di insorgenza dello stato di invalidità dopo il compimento del 65° anno di
età) e, di conseguenza, non esprime un principio generale con il quale dovrebbero essere
coerenti disposizioni particolari. Del resto, la sua stessa formulazione letterale, che fa
menzione del solo assegno – fino a quel momento equiparato alla pensione di inabilità
quanto alla regola del cumulo con i redditi del coniuge -, non può che far concludere nel
senso che la prestazione prevista per gli invalidi civili assoluti a questa regola sia
rimasta assoggettata.
6.- E difatti, anche successivamente, nell’art. 12 della 1. 30 dicembre 1991, n.
412 (dal titolo “requisiti reddituali delle prestazioni ai minorati civili”), la distinzione tra
le due prestazioni continua ad essere mantenuta, disponendo la norma che con effetto
dal 1° gennaio 1992, ai fini dell’accertamento, da parte del Ministero dell’Interno, della
condizione reddituale per la concessione delle pensioni assistenziali agli invalidi civili,
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si applica il limite di reddito individuale stabilito per la pensione sociale, con
esclusione, tuttavia, degli invalidi totali».
Pertanto, il ricorso deve essere rigettato. Nulla spese attesa la mancanza di
attività difensiva degli intimati.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.
Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2014

Il Presidente

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