Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4317 del 18/02/2021

Cassazione civile sez. trib., 18/02/2021, (ud. 04/11/2020, dep. 18/02/2021), n.4317

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7026-2015 proposto da:

C.S., elettivamente domiciliato in ROMA, Piazza Cavour

presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e

difesi dall’avvocato ANTONIO ORLANDO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente-

F.G.

– intimata –

avverso la sentenza n. 6800/2014 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 09/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/11/2020 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI;

 

Fatto

RITENUTO

che:

Con sentenza n. 4326/200 del 16/4/2008 il Tribunale di Napoli dichiarò che con la scrittura privata intercorsa il 3/3/1985, tra R.R., F.G. e D.T.G., C.S., e D.T.G., autentica nelle sottoscrizioni, era stato alienato, per il prezzo di L. 18.000.000, un immobile (cantinola) sito in (OMISSIS).

Nel procedere alla registrazione della sentenza, l’Ufficio liquidò il tributo, sulla base di un imponibile corrispondente al valore dell’immobile, a carico del C. nella somma di Euro 1.390,02, per imposta di registro, ipotecaria, catastale, bollo e sanzioni.

Il C. impugnò, unitamente a F.G., l’avviso di liquidazione, davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, sostenendo che avverso la sentenza pendeva appello, che essa non disponeva alcun trasferimento di proprietà, che la scrittura privata, neppure allegata all’atto, unico atto suscettibile di registrazione, difettava della sottoscrizione della F. e che l’immobile era privo di licenza edilizia, non condonato nè condonabile, che in ogni caso la pronuncia giudiziale aveva natura dichiarativa e non costitutiva.

Commissione tributaria adita rigettò il ricorso e la Commissione Tributaria Regionale della Campania, con sentenza n. 6800/15/14, depositata il 9/7/2014, rigetto il gravame dei contribuenti e confermò la decisione di primo grado osservando, tra l’altro, che la sentenza che ha definito il giudizio nel quale entrambi i ricorrenti, il C. e la F., erano parti, come si desume dalla copia della sentenza in atti (…) accertò l’autenticità della sottoscrizione della scrittura privata e l’avvenuto trasferimento del cespite, il cui prezzo era stato dichiarato e sul quale l’A.F. ha applicato legittimamente la tassazione”.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso il contribuente, con due motivi, cui resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso; la intimata F. non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2643 e 2666 e ss. c.c., anche in relazione all’art. 2652 c.c., poichè la CTR non ha considerato che la sentenza tassata è dichiarativa e non costitutiva, in quanto non trasferisce alcunchè, che pertanto l’unico atto che andava tassato era la scrittura privata, non potendo una sentenza disporre il trasferimento di un immobile urbanisticamente abusivo.

Con il secondo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 5 e 3, denuncia omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, poichè la CTR non ha considerato che la sentenza non operava alcun trasferimento di proprietà, il cui relativo onere è a carico della parte acquirente, che quindi doveva al più essere registrata la scrittura privata, l’atto accertato, cosa che nella specie non era possibile in quanto atto “non contenente gli estremi identificativi del catasto, nè i confini, nè le certificazioni catastali di legge”, ed in quanto avente ad oggetto un immobile costruito senza licenza edilizia, tanto che i venditori si erano fati esimere da ogni eventuale responsabilità al riguardo.

I motivi di ricorso che, in quanto strettamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.

Il ricorrente ripropone alla Corte la tesi secondo cui la sentenza del Tribunale di Napoli di cui all’avviso di liquidazione dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale non costituisce atto traslativo suscettibile di registrazione, in quanto contiene una pronuncia di mero accertamento, e che l’atto da sottoporre a tributo è semmai l’atto accertato dalla pronuncia giudiziale, me che nel caso esaminato la scrittura privata oggetto della causa civile non ha i requisiti all’uopo necessari perchè riferibile ad un immobile non descritto catastalmente e soprattutto abusivamente costruito.

Le censure non colgono nel segno atteso che, nella impugnata decisione, il giudice di appello ha evidenziato che “la sentenza (del Tribunale di Napoli) accertò l’autenticità della sottoscrizione della scrittura privata e l’avvenuto trasferimento del cespite, il cui prezzo era stato dichiarato” dalle parti contraenti, di tal che “(l’atto tassato è la scrittura riconosciuta autenticata, come gli stessi appellant(i) ammettono, in contraddizione con le critiche rivolte alla sentenza).”

Secondo un condivisibile insegnamento di questa Corte, l’indagine diretta a stabilire i presupposti ed i criteri della tassazione deve essere condotta alla luce del principio che l’imposta di registro è un’imposta “d’atto”, ed a ciò consegue che, ove l’atto da registrare sia una sentenza, occorre far riferimento al contenuto ed agli effetti che emergono dalla sentenza stessa (Cass. n. 9456/2003; n. 4057/1997; n. 11953/1993).

E’ stato affermato, inoltre, che “In tema di imposta di registro, la sentenza avente quale contenuto l’accertamento che con la scrittura privata dedotta in giudizio è stato stipulato un contratto di trasferimento oneroso della proprietà di un immobile, poichè costituisce accertamento di diritto a contenuto patrimoniale, è soggetta, ai sensi del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, artt. 37 e 43, e del medesimo D.P.R., tariffa allegata, parte prima, art. 8, lett. c), all’imposta proporzionale dell’1 per cento, da calcolare sul valore della lite determinato con riferimento alla data di proposizione della domanda giudiziale (fermo restando che la scrittura privata va assoggettata ad autonoma imposizione, ex art. 1 tariffa citata, sulla base del valore del bene alla data della scrittura stessa).” (Cass. n. 8743/2002).

La decisione impugnata, ancorchè sinteticamente motivata, appare in linea con i principi sopra esposti, in quanto l’accertamento del giudice tributario mostra di aver tenuto conto degli effetti che la suddetta sentenza del Tribunale di Napoli produce e del “titolo” negoziale su cui essa è fondata intrinsecamente, e bene ha fatto, dal momento che non avrebbe potuto basarsi su contenuti diversi da quelli rispetto ai quali si è formato il decisum del giudice civile.

Nè appare superfluo ricordare che, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37, gli atti dell’Autorità giudiziaria in materia di controversie civili che definiscono, anche parzialmente, il giudizio sono “soggetti all’imposta anche se al momento della registrazione siano stati impugnati o siano ancora impugnabili, salvo conguaglio o rimborso in base a successiva sentenza passata in giudicato”.

Ciò che rileva, infatti, ai fini dell’applicazione dell’imposta è l’esecutività dell’atto e non la sua esecuzione in concreto in quanto essa colpisce la manifestazione della capacità contributiva indipendentemente dalla volontà del contribuente di procedere all’esecuzione del titolo.

La registrazione deve essere effettuata in termine fisso.

L’Ufficio finanziario, ricevuto l’atto da sottoporre a registrazione – ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 10, lett. c), “La registrazione deve avvenire da parte dei cancellieri e/o segretari entro 5 giorni dalla pubblicazione” -, provvede a liquidare l’imposta dovuta, e per compiere la necessaria operazione aritmetica individua sia la base imponibile, cioè il valore economico dell’atto da tassare, sia l’aliquota applicabile, cioè la misura percentuale di incidenza del tributo.

Al fine di determinare la base imponibile occorre fare riferimento agli effetti prodotti dall’atto e questa Corte ha avuto modo di affermato il principio “secondo cui quella di registro è imposta “d’atto” comporta, nel caso in cui l’atto da registrare sia una sentenza, che per stabilire i presupposti e i criteri della tassazione occorra fare riferimento al contenuto ed agli effetti che emergono dalla sentenza stessa, senza possibilità di utilizzare elementi ad essa estranei nè di ricercare contenuti diversi da quelli su cui si sia formato il giudicato.” (Cass. n. 19247/2012; Corte Cost. n. 158/2020 che ha riaffermato la natura di “imposta d’atto” dell’imposta di registro).

Il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 43, comma 4, attraverso un rinvio per relationern, rende applicabili ai provvedimenti giurisdizionali gli stessi criteri di computo della base imponibile previsti per gli altri tipi di atti (pubblici e privati) che producono analoghi effetti giuridici.

Le aliquote sono invece stabilite dalla Tariffa, parte I, art. 8, in relazione a categorie omogenee di atti giudiziari ed al contenuto degli stessi.

Ciò detto, la impugnata sentenza non appare criticabile neppure quando afferma che “le censure relative alla dedotta intrasferibilità del bene (sono) riservate all’esame del giudice civile”, poichè il merito dell’atto come la sua giuridica validità sono questioni non suscettibili di esame da parte del giudice tributario attesi i ristretti limiti sopra ricordati.

In conclusione, la sentenza impugnata non merita di essere cassata.

Le spese processuali seguono la soccombenza e sono liquidate, in favore della controricorrente Agenzia delle entrate, come in dispositivo.

Il ricorrente risulta ammesso “in via anticipata e provvisoria” al patrocinio a spese dello Stato (delibera del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli datata 3/3/2015).

Orbene, questa Corte ha avuto modo di precisare che “Nel caso in cui il ricorso per cassazione venga respinto, perchè rigettato integralmente ovvero dichiarato inammissibile o improcedibile, la Corte di cassazione attesta l’obbligo del ricorrente, ancorchè ammesso in via anticipata e provvisoria al patrocinio a spese dello Stato, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato ex D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, rilevando a tal fine soltanto l’elemento oggettivo costituito dal tenore della pronuncia che ne determina il presupposto, mentre le condizioni soggettive della parte devono invece essere verificate, nella loro specifica esistenza e permanenza, da parte della cancelleria al momento dell’eventuale successiva attività di recupero del contributo.” (Cass. n. 27867/2019); n. 9660/2019; n. 4181/2020 che richiama la Circolare 8/7/015 del Ministero della Giustizia; S.U. n. 4315/2020).

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento della spese del presente giudizio che liquida in C 800,00, oltre rimborso spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 4 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2021

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