Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4316 del 24/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4316 Anno 2014
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: TRICOMI IRENE

ORDINANZA
sul ricorso 12488-2011 proposto da:
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI 97439910585 in
persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente contro
DE SANTIS LUISA DSNLSU56B47B5191, IANNANTUONO CARMELA
NNNCML48P551910X, MANZO ANTONIO MNZNTN76R21F839T, PRESUTTI
MARILENA

PRSMLS63S55B519P,

COLALILLO

CLORINDA

CLLCRN49H58A930X, IANNACCONE DOMENICO, PIGNOTTA GIOVANNA
PGNGNN50H64C346L, RUBINO FRANCESCA RBNFNC49P64F537A,
MAMMARELLA DANIELA MMMDNL58R65E259J, CARLOZZI ROCCO
CRLLCC42C20B544S, MAGLIETTA DANIELA NGLDNL51P42E456R, MENOTTI

Data pubblicazione: 24/02/2014

ADOLFO CELESTE MNTDFC52E29M501A, CERTO GIOVANNI
CREGNN54D01F0550, RANALLI CARLA RNLCRL66S44C096P, GIZZI
VALENTINO GZZVNT53E27E799K, CENCI MARIA LUCREZIA
CNCMLC54E71G497L, PIANTADOSI FERDINANDO PNTFDN55H3OH382R,
SANTONE GIUSEPPINA SNTGPP56T41H920D, VERDERAME ENRICO
MARIA, AMBROSIO FRANCESCO MBRFNC65S22G190F, elettivamente domiciliati

VITALE, che li rappresenta e difende, giusti mandati in calce al controricorso;

controricorrenti

avverso la sentenza n. 56/2011 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO
dell’11.3.2011, depositata il 06/04/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/01/2014 dal
Consigliere Relatore Dott. IRENE TRICOMI.

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in ROMA, VIA BARBERINI 11, presso lo studio dell’avvocato STEFANELLI

FATTO E DIRITTO
La Corte d’Appello di Campobasso, con la sentenza n. 56 del 2011, accoglieva
l’appello proposto da De Santis Luisa e altri, nei confronti del Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti, avverso la sentenza del Tribunale di Campobasso n. 18/09.
I ricorrenti, tutti dipendenti del Ministero delle infrastrutture e trasporti,
riferivano che a seguito del d.lgs. n. 300 del 1999 negli organici del Ministero resistente
erano confluiti i dipendenti ex Ministero trasporti e navigazione ed ex Ministero lavori
pubblici. Precisavano che con il DPR 26 marzo 2001 n. 177 ed il DM 28 dicembre
2001 n. 1751 era stato approvato il regolamento di attuazione della suddetta normativa,
recante la omogeneizzazione delle indennità di amministrazione corrisposte al personale
confluito nel Ministero dai Ministeri soppressi. Detta previsione si rendeva necessaria
in quanto i dipendenti transitati nella medesima amministrazione percepivano una
differente indennità ed in particolare quella corrisposta al personale dell’ex
Dipartimento della Motorizzazione civile era notevolmente più alta rispetto alle altre.
Sebbene il legislatore avesse demandato alla contrattazione collettiva il compito di
provvedere alla omogeneizzazione, i contratti succedutisi nel tempo non avevano
realizzato tale obiettivo, perpetuando una disparità di trattamento. Ad avviso dei
ricorrenti le clausole contrattuale dovevano ritenersi nulle per contrasto con norme
imperative di legge e sostituite di diritto, sulla base della parità contrattuale, mediante
l’introduzione di una clausola che imponesse l’applicazione a tutti i dipendenti del
Ministero delle infrastrutture e trasporti dell’indennità di amministrazione fruita dai
dipendenti del personale proveniente dalla motorizzazione civile.
Il Tribunale di Campobasso aveva rigettato la domanda.
Il giudice di appello riteneva sussistente disparità di trattamento ai sensi dell’art.
45 del d.lgs. n. 165 del 2001 e dichiarava la nullità degli artt. 22 e 33 del CCNL 20022003 con sostituzione delle clausole nulle mediante estensione del trattamento
retributivo previsto per i dipendenti provenienti dal Ministero dei trasporti ai dipendenti
provenienti dal Ministero dei lavori pubblici, ciò con decorrenza dal 26 marzo 2001,
data di entrata in vigore del dPR n. 117/01 e sino al 31.12. 2007, in quanto a decorrere
dal 1.1.2008 veniva attuata la piena equiparazione tra le indennità corrisposte alle due
categorie di dipendenti.
Per la cassazione della suddetta sentenza d’appello ricorre il Ministero delle
infrastrutture e trasporti, prospettando due motivi di ricorso
Resistono con controricorso i lavoratori.
Con il primo motivo di ricorso è prospettata violazione e falsa applicazione
degli artt. 9, comma 5, del dPR n. 177/01 e 45 del d.lgs. n. 165 del 2001, anche in
combinato con l’art. 4 del d.lgs. n. 300 del 1999 e con gli artt. 33 CCNL 1998-2001 e 22
CCNL 2002-2005, in relazione all’artt. 360, n. 3, cpc.
Ad avviso del ricorrente, erroneamente la Corte d’Appello avrebbe ritenuto che
le disposizioni di cui agli artt. 22 e 33 CCNL contrastassero con e le suddette
disposizioni in quanto non avevano realizzato nell’immediato una assoluta parità di
trattamento per i lavoratori con medesimo inquadramento provenienti da
amministrazioni diverse.
Con il secondo, è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art.2 del d.lgs. n.
165 del 2001, nonché degli artt. 1418 e 1419 cc, in combinato con gli artt. 9, comma 5,
del dPR n. 177/01 e 45 del d.lgs. n. 165 del 2001, in relazione all’art. 360, n. 1, cpc.
Deduce l’amministrazione, che ove fosse stata ritenuta sussistente disparità di
trattamento non avrebbe, comunque, potuto essere riconosciuta l’indennità nella stessa
misura di quella goduta da altri dipendenti.
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Il consigliere relatore, nel trattare congiuntamente i suddetti motivi di ricorso,
concludeva per la manifesta fondatezza degli stessi, ritenendo che vi era stato un
esercizio della discrezionalità che loro compete da parte degli agenti contrattuali
nell’affrontare il problema della misura dell’indennità di amministrazione nell’ambito
dei nuovi Ministeri, rispetto alla quale non sono ravvisabili profili di illegittimità, in
particolare con riferimento alle posizioni dei lavoratori in considerazione nella presente
causa. Infatti, se potrebbe convenirsi che, ai fini di una più ordinata e razionale
disciplina dei rapporti di lavoro, sarebbe stata opportuna la individuazione di una misura
dell’indennità di amministrazione specifica per i nuovi ministeri (anche allo scopo di
offrire un parametro utilizzabile con riferimento agli eventuali lavoratori di nuova
assunzione o fruenti di mobilità a titolo individuale), deve anche rilevarsi che le parti
non avrebbero dovuto necessariamente fare riferimento alla misura più favorevole di
quelle in godimento dai vari gruppi di lavoratori confluiti in detti ministeri: per esempio
avrebbe potuto essere prescelta la misura meno favorevole, salva l’eventuale
introduzione di misure di tutela delle condizioni più favorevoli in atto con trattamenti ad
personam. Pertanto la scelta di rimandare la definitiva soluzione del problema può
essere stata consigliata anche dall’aspirazione di aspettare momenti più favorevoli per
portare tutti i lavoratori al livello più elevato, come poi effettivamente è avvenuto.
Rimane solo da rilevare che la previsione regolamentare sull’ “avvio” della
omogeneizzazione delle indennità di amministrazione lasciava alla contrattazione
collettiva, del resto espressamente delegata a tal fine, ampia possibilità di
apprezzamento circa i tempi e i modi di tale operazione. Tale direttiva non può quindi
ritenersi violata dalla susseguente contrattazione, che con il contratto collettivo per il
quadriennio 2002-2005 non ha effettuato alcuna scelta in senso contrario alla
omogeneizzazione e invece ha compiuto un passo, sia pur minimo, in tale direzione,
visto che la concessione dello stesso aumento in cifra ai lavoratori ora in causa e ai
lavoratori provenienti dal settore più favorito ha comportato una piccola riduzione della
differenza in termini percentuali.
La sentenza impugnata ha errato quindi nel ritenere la ricorrenza nella specie di
una disparità di trattamento integrante una illegittima discriminazione.
Il Collegio condivide e fa proprie le argomentazioni e le conclusioni del
consigliere relatore, tenuto conto, come ricordato dal consigliere relatore stesso, in
particolare, che questa Corte, con la sentenza n. 4962 del 2012, ha affermato il seguente
principio, al quale si intende dare continuità: “in relazione alla confluenza di dipendenti
provenienti da varie amministrazioni nel Ministero, di nuova istituzione (legge n. 537
del 1993, ex art. 1), dei trasporti e della navigazione e successivamente nel Ministero,
analogamente di nuova istituzione (d.lgs. n. 300 del 1999, ex art. 41), delle infrastrutture
e dei trasporti, non sono identificabili misure dell’indennità di amministrazione riferibili
al personale in genere di detti Ministeri, e la perdurante previsione, da parte del CCNL
del comparto ministeri 12 giugno 2003 per il quadriennio normativo 2002- 2005 e il
biennio economico 2002-2003, di misure differenziate di tale indennità a seconda delle
amministrazioni di provenienza non può considerarsi discriminatoria, in particolare in
relazione al principio di parità di trattamento di cui al d.lgs. n. 165 del 2001, art. 45 che
non esclude la possibilità della contrattazione collettiva di attribuire rilievo anche alle
pregresse vicende dei rapporti di lavoro, nè illegittima per violazione del d.P.R. n. 177
del 2001, art. 9, comma 5, che ha previsto l’avvio, da parte della contrattazione
collettiva, dell’omogeneizzazione delle indennità di amministrazione corrisposte al
personale confluito nel Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dai Ministeri
soppressi (avendo tale contratto nazionale accordato lo stesso aumento in cifra per i
lavoratori provenienti dalle varie amministrazione e avendo quindi ridotto, sia pure in
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Il Presidente

misura modesta, le differenze in percentuale, essendo stata poi realizzata la
parificazione al livello più vantaggioso dal CCNL 14 settembre 2007 per il quadriennio
normativo 2006-2009 e il biennio economico 2006-2007)”.
Pertanto il ricorso deve essere accolto. Cassa la sentenza impugnata e decidendo
nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., in ragione della sufficienza degli
accertamenti di fatto, deve essere rigettata la domanda introduttiva del ricorso.
La particolarità e la novità delle problematiche coinvolte dal giudizio
giustificano la compensazione delle spese dell’intero processo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito
rigetta la domanda introduttiva del giudizio. Compensa tra le parti le spese dell’inetro
processo.
Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2014

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