Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4315 del 18/02/2021

Cassazione civile sez. trib., 18/02/2021, (ud. 04/11/2020, dep. 18/02/2021), n.4315

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6306-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

Nonchè da:

F.V. DI V.G. SRL, elettivamente domiciliata

in Roma, Corso Vittorio Emanuele II, 18, presso lo studio

dell’avvocato GIUSEPPE TOSCANO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GIUSEPPE TOSCANO;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1446/2014 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE,

depositata il 14/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/11/2020 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI.

 

Fatto

RITENUTO

che:

La controversia concerne l’impugnazione di un avviso di rettifica e liquidazione di maggiore imposta di registro, ipotecaria e catastale, che l’Agenzia delle entrate – Ufficio di Massa Carrara rideterminava sulla base del valore venale in comune commercio dei “diritti di concessione paria a 1/4 (un quarto) su agri marmiferi censiti in Catasto terreni del Comune di (OMISSIS), foglio (OMISSIS) particella (OMISSIS) di Ha 02 97 19; particella (OMISSIS) di Ha 01 21 45”, oggetto di trasferimento da G.V. a F.V. di G.V. s.r.l., dietro corrispettivo di Euro 50.000,00, con rogito del Notaio B.A. stipulato in data 2/7/2008 e registrato versando l’aliquota dell’8% (ipocatastali del 2% e dell’1%).

Il ricorso della società contribuente era accolto in primo grado e l’appello dell’Ufficio rigettato, con la sentenza in epigrafe, con la quale la CTR della Toscana rilevava “che oggetto del trasferimento è stata una concessione governativa per lo sfruttamento di terreni agri marmiferi debitamente autorizzato dal Comune di (OMISSIS) con delibera del 08/10/2007 n. 445” e che l’Ufficio “ha erroneamente considerato che con l’atto registrato il 14/07/(2)2008 venivano trasferiti i diritti reali immobiliari di proprietà sui terreni marmiferi”.

Avverso tale sentenza l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione con due motivi; la contribuente resiste con controricorso e propone ricorso incidentale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate denuncia la violazione della L.R. Toscana n. 104 del 1995, artt. 1 e 2, del Regolamento del Comune di (OMISSIS) del 29/12/1994, e del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 51, steso D.P.R., 1 Tariffa allegata, in quanto il giudice d’appello avrebbe errato, sia nel ritenere che per l’Ufficio oggetto di trasferimento fossero “diritti reali immobiliari di proprietà”, e non già diritti reali di un soggetto privato su bene pubblico indisponibile, sia nell’escludere che i diritti ceduti, ancorchè insistenti su beni facenti parte del patrimonio indisponibile del Comune in forza di concessione amministrativa per lo sfruttamento della cava marmifera, fossero equiparabili, ai fini tributari, ai diritti reali di godimento, apparendo in tal senso orientata la giurisprudenza, anche sulla base della richiamata disciplina regolamentare.

Con il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 1362 c.c., del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 20, 51 e 52, D.P.R. n. 131 del 1986, 1 Tariffa allegata, in quanto il giudice d’appello non avrebbe errato nel non considerare che, in forza dei principi che reggono l’interpretazione dei contratti, anche ai fini impositivi, la natura giuridica del bene trasferito andasse desunta dalla volontà espressa dalle parti contraenti nell’atto pubblico tassato e dunque dal tenore letterale del negozio, oltre che dal successivo comportamento tenuto dalle parti medesime in sede di annotazione catastale dei diritti ceduti.

Con il motivo di ricorso incidentale la contribuente denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., in guarito ii giudice d’appello non avrebbe tenuto conto del fatto che la dedotta trasformazione della F.V. di Va. G. & C. s.a.s., in F.V. di G.V. s.r.l., risulta riportata nel rogito notarile e quindi costituisce un fatto non contestato.

Il primo motivo è fondato.

Il termine trasferimento contenuto nel D.P.R. n. 131 del 1986, della Tariffa allegata, art. 1, è stato adoperato dal legislatore per indicare tutti quegli atti che prevedono il passaggio da un soggetto ad un altro della proprietà di beni immobili o della titolarità di diritti reali immobiliari di godimento.

Inoltre, per questa Corte la natura demaniale di un bene (e similmente quella di beni patrimoniali indisponibili dello Stato e di altre pubbliche amministrazioni) non costituisce ostacolo giuridico nè alla costituzione in favore di privati, mediante concessione, di diritti reali o personali che abbiano ad oggetto la fruizione del bene medesimo, nè alla circolazione tra privati di tali diritti, che si atteggiano, nei rapporti privatistici, come diritti soggettivi perfetti (Cass. n. 31642/2019 e n. 4769/2004 in tema di INVIM).

Il Regolamento comunale n. 88 del 29/12/1994, art. 1, si apre con la definizione, degli agri marmiferi comunali, per tali intendendosi: “tutte le zone montane del Comune di (OMISSIS) intestate a quest’ultimo come piena proprietà, o come dominio diretto, nel catasto Estense approvato con Editto Sovrano del 27 novembre 1824.”

Il catasto Estense del 1824, individuava e descriveva le proprietà comunali nelle montagne marmifere di (OMISSIS), intestandole al Comune come proprietario oppure come direttario quando concesse in livello a privati per l’escavazione.

Lo, stesso art. 1 dispone che: “gli agri marmiferi comunali fanno parte del patrimonio indisponibile del Comune di (OMISSIS).” (v. anche L.R. Toscana n. 104 del 1995, art. 1, comma 2, il quale recita: “Gli agri marmiferi nei Comuni di (OMISSIS) e di (OMISSIS) mantengono la loro condizione di beni del patrimonio indisponibile comunale.”).

L’inquadramento di tali agri fra i beni del patrimonio indisponibile del Comune, già operato in realtà dalla giurisprudenza della Cassazione e del Consiglio di Stato (Cass. n. 1679/1954), è stato preso in considerazione dal giudice di appello, quantomeno implicitamente, allorquando rileva l’errore dell’Ufficio, che sarebbe consistito nel ritenere oggetto di trasferimento “diritti reali immobiliari di proprietà sui terreni marmiferi e non già una concessione governativa per lo sfruttamento di terreni agri marmiferi.”

Si tratta di argomentazione non conclusiva atteso che, per quanto in precedenza detto, ciò che la CTR afferma non esclude affatto che i diritti di sfruttamento della cava di marmo scaturente dalla concessione ed oggetto di convenzione tra privati ( G.V. e F.V. di G.V. s.r.l.) siano necessariamente privi di profili di realità, e cioè che si tratti pur sempre di “diritti di carattere privato strutturalmente assimilabili alla categoria dei diritti reali su cosa altrui, che (…) si comportano come diritti soggettivi perfetti nei confronti degli altri privati e come diritti condizionati nei confronti della pubblica amministrazione” (Cass. n. 4769/2004 cit.).

La concessione de qua è, infatti, trasferibile per atto tra vivi previa autorizzazione della Giunta Comunale, ed è altresì trasferibile per successione mortis causa (art. 6 del Regolamento); la cessione non autorizzata della concessione e l’affitto della cava o parte di essa sono causa di decadenza della concessione medesima (art. 11 Reg.).

L’art. 7 Reg. comunale dispone che “il concessionario non può concedere ad altri soggetti la coltivazione della cava che è tenuto ad esercitare direttamente”, e tanto discende da un ineludibile principio del vigente sistema amministrativo, in base al quale la subconcessione è vietata in tutte le ipotesi di concessioni di beni pubblici (R. D. n. 1443 del 1927, così detta Legge Mineraria).

Orbene, a sostegno della qualificazione del diritto del quale si discute come “diritto reale del privato su un bene pubblico indisponibile”, l’Agenzia delle entrate, ha dedotto che, ai sensi dell’art. 8 del più volte citato Regolamento, il diritto del concessionario, può essere oggetto, previa autorizzazione del Comune di ipoteca nonchè di esecuzione forzata immobiliare, anche in caso di fallimento (v. R.D. n. 1443 del 1927, artt. 22 e 30).

Si tratta di argomentazione senz’altro condivisibile atteso che questa Corte si era già espressa in tal senso, sia pure in riferimento alle concessioni livellarie di cave stipulate dal Comune di (OMISSIS) e dalle soppresse Vicinanze di (OMISSIS), in forza delle precedenti norme sugli agri marmiferi, ma soggette ora alle disposizioni del Regolamento, come previsto dall’art. 13 (Cass. SS.UU. n. 2462/1967; n. 1203/1988; n. 5118/1995), per cui, ai fini qui considerati, la distanza del diritto in esame dai diritti reali “tipici” non appare affatto dato insuperabile, stante l’indubbia attribuzione al privato di una equipollente utilità giuridica edeconomica.

Ai Comuni di (OMISSIS) e di (OMISSIS), del resto, è stato attribuito un potere regolamentare autonomo, con efficacia analoga a quella della legge, e quindi in grado di incidere anche sui rapporti privati, in funzione di un rinnovamento della disciplina della coltivazione delle cave in conformità della ricordata Legge Mineraria, e nei limiti della legislazione regionale, inerente al territorio e all’ambiente. (v. L.R. Toscana n. 104 del 1995, art. 1, comma 1, secondo cui: “La ricerca e la coltivazione degli agri marmiferi di (OMISSIS) e (OMISSIS), se di essi il Comune risulti proprietario ai sensi delle normative in atto all’entrata in vigore della presente, è disciplinata con regolamento dei Comuni stessi, ciascuno per il rispettivo territorio, ai sensi del R.D. 29 luglio 1927, n. 1443, del art. 64, comma 3” nonchè Corte Cost. sent. n. 488/1995).

Anche il secondo motivo è fondato.

Alla luce di quanto sopra esposto, e della sentenza n. 158/2020, con cui la Corte Costituzionale di recente, ha rimarcato la natura di “imposta d’atto” dell’imposta di registro, assumono rilievo dirimente, ai fini della qualificazione dell’atto sottoposto a registro, atteso il tenore letterale dell’atto stesso, le seguenti circostanze: che il trasferimento dei diritti di concessione pari ad 1/4 /un quarto) su(gli) agri marmiferi” di seguito descritti catastalmente, sia intervenuto tra G.V. (anche “in proprio”) e la F.V. di G.V. s.r.l., a nulla rilevando, ai fini qui considerati, la ricoperta carica di “Presidente del Consiglio di Amministrazione” di detta società; che il Va. “vende alla società F.V. di G.V. s.r.l., che come sopra rappresentata accetta e compra il seguente immobile posto in Comune di (OMISSIS), loc. (OMISSIS)”; che si tratta di atto traslativo a titolo oneroso (D.P.R. n. 131 del 1986, art. 1, Tariffa allegata) essendo stato pattuito il “prezzo di vendita” di Euro 50.000,00; che il trasferimento dei diritti (reali immobiliari di godimento) da concessione mineraria esistente sui “mappali (OMISSIS) del foglio (OMISSIS)” non esaurisce, nell’intenzione dei contraenti, l’oggetto della vendita “fatta e accettata con tutti gli annessi, accessori, pertinenze, dipendenze, usi, servitù (…), nello stato di fatto e di diritto in cui l’immobile si trova”.

La società ricorrente, del resto, allorchè riferisce (ricorso pag. 19) che “il diritto d’uso della concessione mineraria” era già nel patrimonio della società F.V. di G.V. s.r.l., per effetto della trasformazione della F.V. di V.G. & L. s.a.s. in società di capitali, e che Vano tassato assolverebbe ad una funzione per così dire ricognitiva, stante l’esigenza di una – postuma – regolarizzazione del titolo concessorio, propone un’interpretazione dell’atto tassato volta a negare gli effetti giuridici oggettivamente desumibili dallo stesso, ed il correlato trasferimento di ricchezza costituente presupposto impositivo.

Si tratta, a ben vedere, di interpretazione non supportata da alcun univoco elemento testuale, ma piuttosto ispirata – inammissibilmente – ad elementi extratestuali (v. Corte Cost. sent. n. 158/2020 cit.), quali la relazione di stima del patrimonio sociale che accompagna la deliberazione di trasformazione, documentazione neppure prodotta in giudizio, come rilevato dal giudice di appello.

Il motivo di ricorso incidentale appare inammissibile, per difetto d’interesse, avuto riguardo alla ratio decidendi della impugnata pronuncia, e comunque è infondato allorchè nega l’efficacia traslativa del negozio tassato.

In conclusione, la sentenza del giudice di appello merita di essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto dell’originario ricorso.

La peculiarità delle questioni trattate e la reciproca soccombenza consigliano la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

– La Corte, accoglie il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l’originario ricorso della contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 4 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2021

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