Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4312 del 20/02/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 20/02/2017, (ud. 12/10/2016, dep.20/02/2017),  n. 4312

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VENUTI Pietro – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17391-2011 proposto da:

M.R., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA MUZIO CLEMENTI 70, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA

ROMANA VELOCCIA, rappresentato e difeso dall’avvocato CLAUDIO

DEFILIPPI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

CAMBIELLI EDILFRIULI S.P.A., (GIA’ CAMBIELLI S.P.A.) c.f. (OMISSIS),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA SALARIA, 227, presso lo studio

dell’avvocato STEFANIA JASONNA, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ANTONIO TOFFOLETTO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 389/2010 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 21/06/2010 R.G.N. 874/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/10/2016 dal Consigliere Dott. FEDERICO DE GREGORIO;

udito l’Avvocato JASONNA STEFANIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

M.R. impugnava la sentenza emessa dal giudice del lavoro di La Spezia, che aveva respinto la domanda presentata per il lamentato demansionamento ed il riconoscimento dei conseguenti danni, patrimoniali e non, nei confronti della sua ex datrice di lavoro CAMBIELLI S.p.a..

L’attore si era doluto che dall’aprile 2006 aveva subito mobbing e che da allora aveva svolto mansioni dequalificate, in particolare di magazziniere.

L’adito giudice con sentenza dell’otto – trenta aprile 2008 rigettava la domanda dell’attore. La Corte d’Appello di Genova con sentenza n. 389, in data 30 aprile 2010, quindi depositata il successivo 21 giugno, rigettava l’interposto gravame, confermando in primo luogo l’inammissibilità della prova per testi articolata dall’attore, che non era stata richiesta sui fatti allegati con il ricorso, ma soltanto sule circostanze all’uopo capitolate a pag. 9 dello stesso atto. Nè rilevava il prodotto certificato medico, diagnosticante una situazione di mobbing, trattandosi di referto stilato in base a quanto riferito dallo stesso interessato allo psicologo, sicchè tale documento non poteva assurgere ad elemento di prova e neanche poteva rilevare ai fini dell’ammissione del capitolo di prova testimoniale. Infatti, il certificato non descriveva alcun episodio collocabile in ragione di tempo e di luogo.

Parimenti infondato, secondo la Corte ligure, era il secondo motivo di gravame, risultando corretto il percorso argomentativo seguito dal primo giudicante in ordine all’asserito demansionamento, in base alla documentazione in atti, da cui emergeva la novazione del contratto, inizialmente stipulato a tempo determinato con inquadramento del lavoratore come operatore di vendita di seconda categoria, poi trasformato il 26 gennaio 2005, con decorrenza dal successivo primo febbraio, in contratto a tempo indeterminato, per cui tuttavia con lettera del 28 gennaio l’inquadramento era stato modificato con l’attribuzione della qualifica di impiegato di 4^ livello e della sede di lavoro in (OMISSIS).

Peraltro, il ricorrente, sebbene avesse dedotto la modifica unilaterale del rapporto, non aveva chiesto sul punto alcuna indagine istruttoria. Inoltre, secondo la Corte d’Appello, la parte fissa della retribuzione era superiore (rispetto a quella precedentemente corrispostagli), tant’è che l’attore non aveva lamentato alcun decremento, avendo anzi affermato di percepire uno stipendio equivalente a quello precedentemente percepito. D’altro canto, il nuovo contratto (del 2005) non risultava impugnato per vizio del consenso e nemmeno era stata disconosciuta la sottoscrizione da parte del M.. Pertanto, le parti nella loro autonomia avevano consensualmente operato una nuova disciplina del loro assetto contrattuale, che prevedeva un diverso inquadramento ed una diversa sede di lavoro, sicchè nessun demansionamento poteva desumersi per effetto dell’intervenuta novazione.

Avverso l’anzidetta sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione M.R., affidato a tre motivi, cui ha resistito CAMBIELLI EDILFRIULI S.p.a. mediante controricorso del 27-28 luglio 2011.

Non risultano depositate memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Le doglianze del ricorrente vanno disattese in forza delle seguenti considerazioni.

Ed invero, con il primo motivo il M. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, ha lamentato violazione degli artt. 244, 420 e 421 c.p.c. in ordine ai capitoli di prova non ammessi.

La censura, che a ben vedere integra un astratto error in procedendo rilevante ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, è inammissibile per allegazione assolutamente carente in ordine a quanto dedotto e richiesto con il ricorso introduttivo del giudizio, cui però genericamente rimanda il ricorrente, senza alcuna sufficiente ed esauriente enunciazione dei fatti e delle circostanze che il giudice di merito avrebbe omesso di considerare ai fini dell’auspicata ammissibilità del richiesto mezzo istruttorio.

Basti ricordare in proposito l’art. 366 c.p.c., circa l’indefettibile contenuto del ricorso, a pena di inammissibilità: segnatamente (n. 3) l’esposizione sommaria dei fatti della causa, oltre che tra l’altro (sub n. 6) la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda (v. Cass. Sez. un. civ. n. 11653 del 18/05/2006, secondo cui il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, è volto a garantire la regolare e completa instaurazione del contraddittorio e può ritenersi soddisfatto, senza necessità che esso dia luogo ad una premessa autonoma e distinta rispetto ai motivi, laddove il contenuto del ricorso consenta al giudice di legittimità, in relazione ai motivi proposti, di avere una chiara e completa cognizione dei fatti che hanno originato la controversia e dell’oggetto dell’impugnazione, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata.

Cass. Sez. 6 – 3, sentenza n. 16103 del 2/8/2016: il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena d’inammissibilità del ricorso per cassazione, è funzionale alta completa e regolare instaurazione del contraddittorio ed è soddisfatto laddove il contenuto dell’atto consenta di avere una chiara e completa cognizione dei fatti che hanno originato la controversia e dell’oggetto dell’impugnazione, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti, sicchè impone alla parte ricorrente – sempre che la sentenza gravata non impinga proprio per questa ragione in un’apparenza di motivazione – di sopperire ad eventuali manchevolezze della stessa decisione nell’individuare il fatto sostanziale e soprattutto processuale.

V. altresì Cass. 3 civ. n. 6440 del 19/03/2007, secondo cui è privo di autosufficienza il ricorso fondato su motivo con il quale viene denunziato vizio di motivazione in ordine all’assunta prova testimoniale, omettendo di indicare nel ricorso i capitoli di prova non ammessi ed asseritamente concludenti e decisivi al fine di pervenire a soluzioni diverse da quelle raggiunte nell’impugnata sentenza.

Parimenti, Cass. sez. 6 – L, con l’ordinanza n. 17915 del 30/07/2010, ha avuto modo di confermare il principio, secondo cui il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, la S.C. deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative. In senso analogo v. tra le altre Cass. 3 civ. n. 13677 del 31/07/2012 e sez. 6 – 5, n. 48 del 03/01/2014).

Con il secondo motivo, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, il ricorrente ha denunciato la violazione degli artt. 1230 e 2103 c.c., nonchè della L. n. 300 del 1970, art. 13 quanto alla ritenuta novazione del rapporto, mancando animus novandi e aliquid novi, dovendosi escludere che la semplice regolazione pattizia delle modalità di svolgimento della preesistente prestazione comportasse novazione.

Sono stati richiamati principi di carattere generale, pure ex art. 2103 c.c. sul divieto di trasferimento, però senza alcuno specifico riferimento al caso di specie e soprattutto senza alcuna pertinente confutazione degli argomenti spesi dalla sentenza impugnata nel confermare la decisione appellata.

Ne conseguono l’incompletezza e la non pertinenza della censura, così come formulata (V. Cass. 3 civ. n. 20652 del 25/09/2009, secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, il che comporta la necessità dell’esatta individuazione del capo di pronunzia impugnata e dell’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione; ne consegue che tali requisiti difettano quando il ricorrente si limiti alla mera riproduzione di pronunce della Corte di cassazione che affermi Cfr. altresì Cass. 1 civ. n. 15952 del 17/07/2007: il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione dei motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza impugnata, aventi i requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata).

Infine, con il terzo motivo, anche qui ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, il ricorrente ha lamentato la violazione di non meglio indicato articolo del codice di procedura quanto alla ritenuta inutilità della certificazione medica, non valutabile ai fini della decisione. In effetti, non è stata indicata la norma del codice di rito che sarebbe stata violata.

A parte le suddette lacune, per gli stessi motivi di cui sopra la doglianza va disattesa. Infatti, non è stato riprodotto il testo del certificato medico (o relazioni consulenza tecnica?), giudicato irrilevante sotto il profilo probatorio. Inoltre, l’indice dei documenti allegati al ricorso de quo è assolutamente generico nella loro elencazione.

Sono stati richiamati precedenti di giurisprudenza unitamente all’art. 1226 c.c. (valutazione equitativa del danno) assolutamente inconferenti, anche perchè gli argomenti di prova desumibili dalla consulenza tecnica, cui pare alludere il ricorrente, si riferiscono probabilmente ad una vera e propria c.t.u., e non già ad una consulenza tecnica di parte, cui in effetti sembra riferirsi in concreto il ricorrente.

Nè risulta pertinentemente confutata l’essenza della ratio decidendi, secondo cui in effetti il certificato medico non aveva valenza probatoria, non soltanto perchè generico, ma anche in quanto redatto in base alle dichiarazioni rese dal diretto interessato.

Pertanto, il ricorso va respinto, con conseguente condanna del soccombente alle relative spese.

PQM

la corte RIGETTA il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese, che liquida in Euro 3500,00 (tremilacinquecento/00) per compensi professionali ed in Euro 100,00 (cento/00) per esborsi, oltre spese generali al 15%, i.v.a. e c.p.a. come per legge, a favore della società controricorrente.

Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2017

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