Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4312 del 10/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 10/02/2022, (ud. 14/12/2021, dep. 10/02/2022), n.4312

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25174-2020 proposto da:

M.A. nella qualità di legale rappresentante dell’AZIENDA

AGRICOLA M.A. E S.C., elettivamente

domiciliata in ROMA, PAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato CORALLO LIDIA;

– ricorrente –

contro

RISCOSSIONE SICILIA SPA (OMISSIS), in persona del Presidente del

Consiglio di Amministrazione, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato CARPINO SALVATORE;

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), SCCI

SPA (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 1314/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 20/01/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/12/2021 dal Consigliere GUGLIELMO CINQUE.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. La Corte di appello di Catania, con la sentenza n. 1314/2019, ha dichiarato cessata la materia del contendere con riferimento ai carichi contributivi anno 2003, 3 trimestre 2005 e 3 trimestre 2006 per somme aggiuntive, portati dalla cartella n. (OMISSIS) e, nel resto, ha confermato la pronuncia del 30.6.2017 del Tribunale di Ragusa rigettando l’appello proposto dall’Azienda Agricola M.A. e S.C. nei confronti dell’INPS e della Riscossione Sicilia spa.

2. I giudici di seconde cure hanno ritenuto, in particolare per i carichi relativi al 4 trimestre 2005 e al 1 e 2 trimestre 2006, che fosse stata raggiunta la prova documentale che una sede della azienda si trovasse in via (OMISSIS). Infatti, hanno evidenziato che la cartella risultava notificata a L.P., addetta all’azienda, incaricata di ricevere l’atto, come risultava dalla dichiarazione sottoscritta dal messo notificatore che, in quanto pubblico ufficiale, doveva ritenersi fidefacente ex art. 2700 c.c. fino a querela di falso.

3. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione M.A., quale legale rapp.te dell’Azienda Agricola M.A. e S.C. affidato a cinque motivi, cui la Riscossione Sicilia spa ha resistito con controricorso.

4. L’INPS non ha svolto attività difensiva.

5. La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

6. Parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo si eccepisce la nullità della sentenza per vizio di costituzione del giudice ex art. 158 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, stante l’illegittimità costituzionale della L. n. 98 del 2013, artt. da 62 a 72 di conversione con modificazioni del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, in relazione all’art. 106 Cost., comma 2, per essere stato giudice relatore/estensore del Collegio giudicante un giudice ausiliario.

3. Con il secondo motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 145,19,116 c.p.c. e art. 2697 c.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere erroneamente ritenuto la Corte territoriale che era stata raggiunta la prova documentale che una sede della azienda fosse in via (OMISSIS), quando invece anche per le società prive di personalità giuridica si doveva presumere la coincidenza tra sede legale e luogo di svolgimento continuativo dell’attività sociale.

4. Con il terzo motivo si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 148 c.p.c. e dell’art. 2700 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere erroneamente ritenuto la Corte territoriale che era ragionevolmente presumibile che in via (OMISSIS) si trovasse una sede dell’azienda quando, invece, non essendo stata la notifica effettuata presso la sede legale, l’attività dell’ufficiale giudiziario non poteva considerarsi, circa la deduzione che ivi vi fosse una sede della ditta, avente efficacia fidefacente fino a querela di falso.

5. Con il quarto motivo si obietta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, rappresentato dall’estratto conto di Riscossione Sicilia spa che riportava come domicilio della società “via (OMISSIS) Via (OMISSIS) Via (OMISSIS)” risalente al 15.2.2013″ dal quale era agevole desumere che nessuna prova era stata fornita circa la ricorrenza della sede effettiva della società presso l’indirizzo di via (OMISSIS).

6. Con il quinto motivo si obietta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. e dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per non avere accertato la Corte territoriale con rigore se la cartella di pagamento, non notificata presso la sede legale, fosse stata effettivamente notificata presso una sede effettiva.

7. Il primo motivo non è meritevole di accoglimento.

8. La prospettata questione di costituzionalità, formulata a fondamento della eccezione di nullità della sentenza impugnata, è manifestamente infondata, posto che a seguito delle due ordinanze di remissione n. 32032 e n. 32033, entrambe depositate il 9.12.2019, con la quale questa stessa Corte ha dubitato della conformità della normativa richiamata al dettato costituzionale, la Corte Costituzionale si è pronunciata, con sentenza n. 41 del 25 gennaio 2021, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale degli articoli da 62 a 72 compresi della L. n. 98 del 2013, “nella parte in cui non prevedono che essi si applichino fino a quando non verrà completato il riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria nei tempi stabiliti dal D.Lgs. 13 luglio 2017, n. 116, art. 32 “. La Corte Costituzionale, operando un misurato bilanciamento tra i diversi valori costituzionali, ed allo scopo di evitare pregiudizi irreparabili all’amministrazione della giustizia, ha ribadito, in motivazione, la legittimità della costituzione dei collegi delle Corti di Appello ai quali abbia partecipato non più di un giudice ausiliario. Dal che deriva la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale prospettata da parte ricorrente, poiché esattamente coincidente con quella appena scrutinata dalla Corte Costituzionale con la già richiamata sentenza n. 41 del 2021 (cfr. Cass. n. 23208/2021).

9. Il secondo, il terzo il quarto ed il quinto motivo, da trattarsi congiuntamente perché interferenti, sono inammissibili, con esclusione della possibilità di rimettere la causa in pubblica udienza, come richiesto da parte ricorrente nella memoria, in quanto si tratta di questioni già esaminate da questa Corte.

10. Invero, le censure ivi formulate, al di là delle denunziate violazioni di legge, si limitano, in sostanza, in una richiesta di riesame del merito della causa attraverso una nuova valutazione delle risultanze processuali in quanto sono appunto finalizzate ad ottenere una revisione degli accertamenti di fatto compiuti dalla Corte territoriale (Cass. n. 6519/2019) che, con motivazione giuridicamente corretta e congrua, è giunta alla conclusione che “via (OMISSIS)” fosse l’indirizzo di una sede della azienda.

11. Inammissibile è pure la asserita violazione dell’art. 2697 c.c. che si ha, tecnicamente, solo nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata avesse assolto tale onere, poiché in questo caso vi è un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. n. 17313/2020).

12. Le censure articolate ex art. 360 c.p.c., n. 5 incontrano, però, il limite sia della cd. “doppia conforme di cui all’art. 348-ter c.p.c., u.c., limitatamente agli stessi fatti decisi in modo conforme dai giudici di merito, sia perché deve in ogni caso precisarsi che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. in L. n. 134 del 2012, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia): nella fattispecie, invece, i fatti storici denunciati risultano esaminati e valutati dalla Corte territoriale in modo, però, differente da quello prospettato da parte ricorrente.

13. In tema di ricorso per cassazione, poi, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. n. 27000/2016; Cass. n. 13960/2014): ipotesi, queste, non ravvisabili nel caso in esame.

14. Inoltre, l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé il vizio di omesso esame di un fatto decisivo se i fatti storici, come detto nel caso in esame, sono stati comunque presi in considerazione (Cass. n. 19881/2014; Cass. n. 27415/2018) avendo la Corte territoriale motivato adeguatamente tanto sul fatto che la sede di via (OMISSIS) fosse una sede della azienda, quanto sulla circostanza che la persona che aveva ivi ricevuto l’atto fosse priva di qualsiasi incarico, per non essere stata vinta la presunzione contraria.

15. Relativamente a tale meccanismo decisorio, non è ravvisabile alcun vizio del ragionamento presuntivo posto a base della decisione in quanto, nella prova per presunzioni, ai sensi degli artt. 2727 e 2729 c.c., non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, essendo sufficiente che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto, alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull’id quod plerumque accidit, sicché il giudice può trarre il suo libero convincimento dall’apprezzamento discrezionale degli elementi indiziari prescelti, purché dotati dei requisiti legali della gravità, precisione e concordanza (Cass. n. 1163/2020).

16. Nel caso in esame, la Corte territoriale, con adeguata e logica motivazione, ha sottolineato che dalla relata di notifica emergeva con sufficiente chiarezza non solo il riferimento alla cartella opposta ma anche il collegamento de luogo di notifica all’azienda (estratto conto Riscossione Sicilia ed Escocar INPS), per cui era ragionevole presumere che in via (OMISSIS) si trovasse una sede dell’azienda, tanto più che il plico era stato consegnato a tale L.P., addetta all’azienda, incaricata di ricevere l’atto.

17. Al riguardo è opportuno sottolineare che, in sede di legittimità, si è affermato che, in tema di procedimento di notifica della cartella esattoriale, ai sensi dell’art. 139 c.p.c., comma 2, la qualità di persona di famiglia o di addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda di chi ha ricevuto l’atto si presume “iuris tantum” dalle dichiarazioni recepite dall’ufficiale giudiziario nella relata di notifica, incombendo al destinatario, che contesti la validità della notificazione, l’onere di fornire la prova contraria ed, in particolare, l’inesistenza di alcun rapporto con il consegnatario comportante una delle qualità suindicate (Cass. n. 27587/2018). Nella fattispecie la società non ha dimostrato, nei gradi di merito, che la persona che aveva sottoscritto la relata di notifica da parte dell’addetto al recapito (la cui attività, relativamente alle attestazioni della identità del destinatario, ha efficacia probatoria ex art. 2700 c.c., trattandosi di circostanza frutto della diretta percezione del pubblico ufficiale nella sua attività di identificazione del soggetto cui è rivolta la notificazione dell’atto cfr. Cass. n. 2421/2014) non avesse mai ricevuto alcun incarico al riguardo.

18. Va sottolineato, solo per completezza, che la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. n. 16467/2017).

19. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato.

20. Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo; nulla per l’INPS e la SCCI spa che non hanno svolto attività difensiva.

21. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo risultante dalla L. 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida, in favore della controricorrente, in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; nulla per gli intimati. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2022

 

 

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