Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4311 del 22/02/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 4311 Anno 2018
Presidente: BIANCHINI BRUNO
Relatore: ORICCHIO ANTONIO

ORDINANZA

sul ricorso 23340-2014 proposto da:
CIENO PIERINO, CIENO LEONE, elettivamente domiciliati
in ROMA, VIA MONTE SANTO 25, presso lo studio
dell’avvocato GIOVANNI MERLA, che li rappresenta e
difende;
– ricorrenti contro

ROVERSI
2017
2907

GIULIANO

SRL

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA DONIZETTI 20, presso lo studio
dell’avvocato PAOLA SPAGNOLI, rappresentato e difeso
dall’avvocato ENRICO PARONCILLI;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5567/2013 della CORTE D’APPELLO

1

Data pubblicazione: 22/02/2018

di ROMA, depositata il 16/10/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 10/11/2017 dal Consigliere ANTONIO
ORICCHIO;
Lette le conclusioni scritte del P.M.,

Sostituto

Procuratore Generale CORRADO MUSTRI che ha chiesto per

e comunque per il rigetto del ricorso.

la declaratoria di parziale inammissibilità del gravame

Rilevato che :
è stata impugnata con ricorso di Cie,no Pierino e Cieno Leone
la sentenza n. 5567/2013 della Corte di Appello di Roma.
L’atto di impugnazione è fondato su cinque ordini di motivi e
resistito con controricorso della parte intimata.

fattispecie in giudizio, riepilogare , in breve e tenuto conto
del tipo di decisione da adottare, quanto segue.
La gravata sentenza, decidendo in esito alla proposiz/One di
separati atti di appello del Pierino e Leone Cieno, rigettava il
gravame innanzi ad essa Corte distrettuale proposto dai
Cieno Pierino ed, in accoglimento dell’appello interposto da
Cieno Leone / condannava Roversi Giuliano / nella qualità di
titolare di impresa individuale / al pagamento -in favore del
secondo appellante- del rimborso di € 18.290,38 oltre
interessi, somma dovuta per la fornitura di manufatti
metallici.
L’impugnata sentenza così definiva, in secondo grado, la
controversia sorta con la citazione, da parte del Roversi nella qualità- innanzi al Tribunale di Rieti del’ Cieno Pierino
al fine di sentir accogliere domanda di risoluzione -per
effetto di recesso ex art. 1385, co. II c.c. ed ai sensi dell’art.
8 della scrittura inter partes intervenuta il 3 maggio 2000del contratto preliminare di compravendita immobiliare, di
cui alla medesima scrittura, avente ad oggetto la
3

Giova, anche al fine di una migliore comprensione della

compravendita

dell’immobile

in

atti

specificamente

individuato.
La domanda attorea era resistita dal convenuto, che -in via
riconvenzionale- chiedeva la pronunzia di sentenza
costitutiva , sostitutiva del contratto preliminare ai sensi

versate per la medesima unità edilizia.
Nel giudizio interveniva il figlio del convenuto, chiedendo la
condanna dell’attore al pagamento in proprio favore di
quanto- a suo dire- dovutogli per la fornitura di manufatti
metallici.
L’adito Tribunale di Rieti, con sentenza n. 348/2009, aveva
accolto la domanda attorea, dichiarando risolto il detto
contratto preliminare ed autorizzando l’attore trattenere la
caparra già versata dal convenuto promittente acquirente,
che veniva, inoltre, condannato all’immediato rilascio
dell’immobile occupato sine titulo, rigettando tutte le
domande proposte dal convenuto in via riconvenzionale.
Il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375, ult. co . c.p.c.
con ordinanza in camera di consiglio non essendo stata
rilevata la particolare rilevanza delle questioni di diritto in
ordine alle quali la Corte deve pronunciare.
Il P.G. ha concluso così come in atti per la parziale
inammissibilità ed il rigetto del ricorso.
Considerato che :
4

dell’art. 2932 c.c., oltre alla restituzione delle somme già

1.-

Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di

omesso esame del primo motivo dell’appello dO.i Cieno
Pierino

e

quindi,

dell’eccezione

di

improcedibilità

dell’avversa domanda attorea, il tutto in riferimento all’art.
360, n. 4 c.p.c..

La Corte distrettuale ha correttamente evidenziato che la
mancata specificazione del motivo di appello (del quale oggi
si lamenta l’omesso esame) ai sensi dell’art. 342 c.p.c
comportava l’inammissibilità dello stesso motivo.
Quest’ultimo risolvendosi, infatti, nella mera riproposizione
delle tesi già proposte al Giudice di prime cure, senza
articolazione di adeguata e specifica critica della decisione
impugnata, non consentiva neppure al Giudice di appello di
percepire con certezza il contenuto delle censure in
riferimento alla statuizioni adottate dal primo Giudice.
La sentenza oggi impugnata innanzi a questa Corte non ha,
quindi, omesso di considerare la censura, ritenendola
invece (ed è cosa ben diversa)- inammissibile.
La contestata violazione, dunque, non sussiste.
Il motivo, in quanto infondato, va , dunque respinto.
2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di
violazione dell’art. 360, n. 4 c.p.c.

“con riferimento alla

pronuncia di inammissibilità del primo (rectius : secondo)
motivo di appello proposto dal sig. Pierino Cieno”.
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Il motivo non è fondato.

Anche tale motivo, al pari di quello in precedenza
esaminato, va disatteso in quanto la doglianza ripropone
questioni di fatto e (ri)valutative relative all’interpretazione
dell’accordo inter partes per la fornitura di manufatti in
ferro e dei suoi riflessi sul pagamento del prezzo per

Il motivo tende, nella sostanza, ad una rivalutazione in
fatto, con rivisitazione del giudizio di merito, preclusa a
questa Corte specie al cospetto « della congrua e logica
motivazione che ha già dato conto del decisum.
Il motivo è, quindi, inammissibile.

3.

Con il terzo motivo del ricorso si prospetta il vizio di

violazione ekfalsa applicazione dell’art. 1385, II co. c.c. “per
omessa

valutazione

della

rilevanza

assolutamente

prevalente dell’inadempimento della Impresa Riversi”.
Orbene la valutazione della rilevanza dell’inadempimento è
compito precipuo del Giudice del merito nella fattispecie già
svolto congruamente con plausibile e logica motivazione.
Anche il motivo qui in esame ripropone, quindi, questioni di
fatto e di apprezzamento del compendio probatorio relative
al comportamento tenuto dalle parti ed alla loro comparativa
valutazione.
Sotto

tale

profilo

la

sentenza

impugnata

ha

comparativamente e correttamente valutato tutti gli estremi
(fra gli altri il decisivo mancato accollo del mutuo da parte
6

l’acquisto dell’immobile da parte del Pierino Cieno.

del Cieno Pierino), alla stregua dei quali è stato addebitato
l’inadempimento contrattuale.
Il motivo è, pertanto, inammissibile.
4.-

Con il quarto motivo del ricorso si denuncia, ai sensi

dell’art. 360, n. 3 c.p.c., la “violazione e l’omesso rilievo di

serie di pattuizioni contrattuali contenute nel contratto
preliminare del 3.5.2000”.
Il motivo è carente quanto al prescritto adempimento del
noto dovere di autosufficienza del ricorso.
Non risultano trascritte nella loro interezza le clausole
contrattuali di cui ci si duole, né risulta -dai tre motivi di
appello di cui alla sentenza impugnata innanzi a questa
Corte- che la questione oggi dedotta ( e nuova) abbia già
costituito oggetto di esame nel giudizio di merito.
Il motivo è, pertanto, inammissibile.
5.- Con il quinto motivo si deduce il vizio di omesso esame
di un fatto decisivo ai sensi dell’art. 360, n. 5 c.p.c..
Non risulta ravvisabile nessun fatto storico decisivo ed
idoneo a determinare un esito della controversia diverso da
quello deciso con l’impugnata sentenza.
La stessa narrazione delle vicende tendente, nella sostanza,
a far ritenere errata la valutazione data dai Giudici del
merito circa il “giusto peso del ferro lavorato” involge una

7

ufficio ex art. 1469 quinquies c.c. della inefficacia di una

valutazione in puro fatto non più esaminabile in questa sede
di legittimità.
Il motivo è, dunque, inammissibile.
6.- Il ricorso va rigettato.
7.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano così

8.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a
norma del comma 1 bis dello stesso art. 13 del D.P.R. n.
115/2002.

P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al
pagamento in favore della parte contro ricorrente
delle spese del giudizio, determinate in C 7.200,00, di
cui C 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella
misura del 15% ed accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del
2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso
art. 13.

8

come in dispositivo.

Così deciso nella Camera di Consiglio della Seconda
Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione il

10 novembre 2017.

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