Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4307 del 24/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4307 Anno 2014
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: MAROTTA CATERINA

ORDINANZA
sul ricorso 30023-2011 proposto da:
MINISTERO DELLA SALUTE 96047640584, in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DET LO
STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente contro
REGIONE CALABRIA in persona del Presidente della Giunta,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BERTOLONI 26/B, presso
lo studio dell’avvocato ALFREDO MORRONE, rappresentata e
difesa dall’avvocato ANTONELLA COSCARELLA (dell’Avvocatura
Regionale), giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente contro

Data pubblicazione: 24/02/2014

AITA EMILIO TAIMLE44L04F205Y, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA TRIONFALE 7032, presso lo studio dell’avvocato
DIMITRI GOGGIAMANI, rappresentato e difeso dall’avvocato
FABRIZIO FALVO, giusta procura speciale in calce al controricorso

– controricorrente e ricorrente incidentale avverso la sentenza n. 951/2011 della CORTE DI APPELLO di
CATANZARO del 7/7/2011, depositata il 29/09/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
16/01/2014 dal Consigliere Relatore Dott. CATERINA MAROTTA;
udito per il controricorrente e ricorrente incidentale l’Avvocato
DIMITRI GOGGIAMANI (per delega avv. FABRIZIO FALVO) che
ha chiesto il rinvio del ricorso alla pubblica udienza.
1 – Considerato che è stata depositata relazione del seguente
contenuto:
“Con ricorso al Tribunale, giudice del lavoro, di Cosenza, Emilio
Alta chiedeva, nei confronti del Ministero della Salute ed in
contraddittorio anche con la Regione Calabria, il riconoscimento del
proprio diritto a percepire l’indennizzo ai sensi della legge n. 210/1992
in quanto affetto da cirrosi epatica HCB-correlata contratta a seguito di
trapianto cardiaco nonché a percepire l’assegno una tantum per il
periodo compreso tra il manifestarsi dell’evento dannoso e la
corresponsione dell’indennizzo. Il Tribunale dichiarava il difetto di
legittimazione passiva della Regione Calabria e rigettava la domanda
nei confronti del Ministero della Salute. La Corte di appello di
Catanzaro, decidendo sul gravame proposto dall’Alta e sull’appello
incidentale del Ministero della Salute confermava la decisione di primo
grado.
Ric. 2011 n. 30023 sez. ML – ud. 16-01-2014
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e ricorso incidentale;

Per la cassazione della pronuncia della Corte territoriale il
Ministero della Salute propone ricorso affidato ad un motivo.
Resistono con controricorso Emilio Aita (che propone anche
ricorso incidentale) e la Regione Calabria.
Con l’unico articolato motivo di ricorso principale, la sentenza

legittimazione passiva del Ministero anche rispetto alla domanda di
condanna alla corresponsione dell’indennizzo ai sensi della legge n.
210/1992. Rileva il ricorrente che tale legittimazione non può ricavarsi
dalla sentenza di questa Corte a Sezioni unite n. 12538 del 2011 che
avrebbe solo circoscritto la legittimazione del Ministero al profilo
inerente l’accertamento del diritto non anche a quello inerente alla
condanna ed evidenzia che le stesse SS.UU. danno espressamente atto
che gli oneri economici degli indennizzi ex lege n. 210/1992 sono stati
trasferiti alle Regioni.
Il ricorso si palesa manifestamente infondato proprio alla stregua
del principio enunciato, in materia, dalle Sezioni unite di questa Corte
che, con la sentenza n. 12538 del 2011, resa in una fattispecie in cui il
Ministero della Salute era stato già destinatario di pronuncia di
condanna nei gradi di merito, hanno osservato, in sintesi, che il
legittimato passivo in una controversia avente ad oggetto una
prestazione di assistenza sociale è il soggetto che, in forza della
disciplina (sostanziale) di tale prestazione, è tenuto a riconoscerla, ossia
è il soggetto coinvolto nel lato passivo del rapporto obbligatorio che
sorge al verificarsi di certi presupposti di spettanza del beneficio;
questa coincidenza, quando si tratta della pubblica amministrazione in
senso lato che si articola in una pluralità di enti pubblici e di centri di
imputazione soggettiva, non è indefettibile nel senso che il legislatore
potrebbe dettare una regola specifica di individuazione della
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impugnata è censurata nella parte in cui ha ritenuto sussistente la

legittimazione passiva distinguendo ad esempio il soggetto che
riconosce il beneficio e quello che in concreto lo eroga; nella fattispecie
in esame il problema della legittimazione passiva sorge – e si pone in
chiave problematica – proprio in ragione del decentramento della
gestione del beneficio, che però è stato avviato in un contesto di

disciplina dell’indennizzo in esame, quale forma di assistenza sociale,
rientrare nella competenza della legge statale, ed è proseguito nel
mutato contesto della riforma dell’art. 117 Cost., che ha notevolmente
ampliato le competenze del legislatore regionale; qualche anno dopo
l’introduzione della prestazione assistenziale per cui è causa le funzioni
ed i compiti in materia di indennizzo dei danni permanenti alla salute
in caso di danni irreversibili da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e
somministrazione di emoderivati, sono stati trasferiti alle Regioni e
quindi ci si è chiesto se permanesse la legittimazione passiva del
Ministero della sanità (poi della salute) o invece dovesse piuttosto
affermarsi quella della Regione (e talvolta quella delle aziende sanitarie
locali in caso di leggi regionali di ulteriore trasferimento delle funzioni
amministrative a queste ultime); l’art. 3 di entrambi i D.P.C.M. (8
gennaio 2002 e 24 luglio 2003) si è limitato a regolare la ripartizione tra
Stato e regioni solo degli “oneri” derivanti dal contenzioso, rimaneva
invece vigente – pur nel mutato quadro costituzionale delle
competenze legislative Stato-Regioni – il d.lgs. n. 112 del 1998, art. 123
che prevedeva che sono conservate allo Stato le funzioni in materia di
ricorsi per la corresponsione degli indennizzi a favore di soggetti
danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni
obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati; altresì
rimaneva vigente la legge n. 210 del 1992 che, all’art. 5, prevedeva il
ricorso al . Ministero della sanità avverso la valutazione della
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riparto di competenze tra Stato e Regione che, all’epoca, vedeva la

commissione medico-ospedaliera di cui all’art. 4, entro trenta giorni
dalla notifica o dalla piena conoscenza della valutazione stessa;
successivamente la Conferenza permanente, con accordo del 23
settembre 2004, modificativo del precedente accordo del 1 agosto
2002, Stato-Regioni adottava le “linee guida per la gestione uniforme

che, tra l’altro, prevedevano modalità di proposizione del ricorso al
Ministero della salute, per il tramite della regione o dell’A.S.L., avverso
il giudizio della commissione medico ospedaliera; quindi nella sede in
cui maggiormente si estrinseca la leale collaborazione, a livello
normativo, tra Stato e Regioni, si prendeva atto, in sostanza, che nulla
era mutato in tema di potere del Ministro della salute di decidere i
ricorsi amministrativi in materia; dal complesso quadro normativo
emerge che: a) le disposizioni sul contenzioso contenute nei cit.
D.P.C.M. riguardano solo l’onere dello stesso, ma da esse non si ricava
anche un regola processuale sulla legittimazione passiva, né potrebbe
ricavarsi per inidoneità della fonte a disciplinare tale aspetto pur in un
mutato contesto costituzionale di riparto delle competenze legislative
tra Stato e Regione, che ora assegna alle regioni la competenza
residuale in materia di assistenza sociale; b) la legge n. 210 del 1992,
art. 5, continua ad assegnare al Ministro della salute la competenza a
decidere il ricorso amministrativo avverso la valutazione della
commissione medico-ospedaliera; c) questa competenza è stata fatta
salva dal d.lgs. n. 112 del 1998, art. 123 e sopravvive anche nel mutato
contesto di trasferimento alle regioni di compiti e funzioni in tema di
indennizzo (ad opera dei cit. D.P.C.M. 8 gennaio 2002 e 24 luglio
2003) e di attribuzione alle regioni della competenza legislativa
residuale in materia di assistenza pubblica (ad opera dell’art. 117 Cost.,
comma 4, riformato); di tale permanente vigenza c’è indiretta
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delle problematiche applicative della legge 25 febbraio 1992, n. 210”

conferma nel menzionato accordo Stato-Regioni; può allora
concludersi affermando che, come il Ministro della salute decide in
sede amministrativa pronunciandosi sul ricorso di chi chiede la
prestazione assistenziale in esame, analogamente è nei suoi confronti
che va proposta l’azione giudiziaria con cui il danneggiato rivendica

Si aggiunga che l’identificazione di un unico soggetto titolare
dell’obbligazione nella sua interezza risulta conforme al disegno di
semplificazione perseguito dalla normativa di cui al d.lgs. n. 112 e
coerente con la tutela costituzionale dell’art. 38 Cost. (così Cass. n.
24889/2006; id. n. 10431/2007).
Con il ricorso incidentale Emilio Alta si duole del rigetto della sua
domanda sul presupposto della insussistenza di un nesso causale tra la
cirrosi epatica HCB-correlata ed in trapianto cardiaco cui era stato
sottoposto. Censura in particolare il passaggio motivazionale secondo
cui i casi previsti dall’art. 1, comma 2 della legge n. 210/1992 quali
cause dell’infezione sono di stretta interpretazione, senza possibilità di
interpretazione analogica della normativa e rileva che, ai fini
dell’applicazione della norma, è indifferente che la trasmissione del
virus sia avvenuta a mezzo di una trasfusione vera e propria ovvero
attraverso l’organo che certamente conteneva il sangue del donatore.
Il motivo è manifestamente infondato.
Questa Corte ha già da tempo precisato che non può ritenersi
ammissibile una interpretazione analogica della indicata normativa che
si fonda su specifici presupposti e consente l’attribuzione di benefici
economici con onere per le pubbliche risorse – cfr. Cass. 1 luglio 2008
n. 17975; id. 11 agosto 2004, n. 15614; si veda Cass. 16 giugno 2005, n.
12946 -. In conseguenza, escluso essendo ogni profilo di illegittimità
costituzionale, non può ritenersi assimilabile il “trapianto d’organo”
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l’indennizzo.

alla “trasfusione” ai fini della integrazione della fattispecie
legislativamente prevista. Se è vero, infatti, che l’indennizzo in parola si
configura nei termini di un diritto, a norma degli artt. 38 e 2 della
Costituzione, quale misura di sostegno assistenziale disposta dal
legislatore nell’ambito dell’esercizio costituzionalmente legittimo dei

è accordata non può prescindere dalle risorse disponibili, spettando “al
legislatore nell’equilibrato esercizio della sua discrezionalità e tenuto
conto anche delle esigenze fondamentali di politica economica,
bilanciare tutti i fattori giuridicamente rilevanti, tra cui andamenti della
finanza pubblica” – cfr. Corte cost. 31 maggio 1995, n. 99 -.
Si aggiunga che nel caso il esame la Corte territoriale, con
valutazione di merito incensurabile in questa sede, ha ulteriormente
evidenziato che “anche a voler ammettere che il caso all’esame possa
essere ricompreso fra quelli previsti dalla norma, considerando il
soggetto da cui era stato prelevato l’organo cardiaco come donatore
occasionale di sangue, manca la prova che sia del fatto che il cuore
fosse infetto sia del nesso causale tra tale fatto (il trapianto del cuore
ipoteticamente infetto) e l’epatite contratta dall’Aita”. Il fatto che,
come evidenziato dal consulente tecnico d’ufficio, un cuore trapiantato
sia potenzialmente in grado di trasmettere l’infezione non integra
quella ragionevole probabilità scientifica che deve orientare per
valutare la si sussistenza di un nesso causale. Le Sezioni Unite di questa
Corte – muovendo dalla considerazione che i principi generali che
regolano la causalità materiale (o di fatto) sono anche in materia civile
quelli delineati dagli artt. 40 e 41 cod. pen. e dalla regolarità causale,
salva la differente regola probatoria che in sede penale è quella
dell’oltre ogni ragionevole dubbio”, mentre in sede civile vale il
principio della preponderanza dell’evidenza o “del più probabile che
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suoi poteri discrezionali, la determinazione dei casi nei quali tale misura

non” – hanno precisato che la regola della “certezza probabilistica”
non può essere ancorata esclusivamente alla determinazione
quantitativa-statistica delle frequenze di classe di eventi (c.d.
probabilità quantitativa), ma va verificata riconducendo il grado di
fondatezza all’ambito degli elementi di conferma disponibili nel caso

2008, n. 581 -. La valutazione così espressa dalla Corte di appello in
ordine alla insufficienza dell’unico dato disponibile (e cioè del fatto che
il soggetto cui l’organo era stato trapiantato fosse stato un donatore
“occasionale” di sangue) ad integrare, alla luce del criterio della
ragionevole probabilità, il nesso causale risulta, pertanto,
adeguatamente motivata e coerente sul piano logico – oltre che
rispettosa del principio giuridico che, ai fini della detta sussistenza del
nesso causale, nella sostanza distingue tra possibilità e probabilità – e
non è assoggettabile, dunque, alle censure che le sono state mosse in
questa sede di legittimità.
Per quanto sopra considerato, si propone il rigetto del ricorso
principale e di quello incidentale, con ordinanza, ai sensi dell’art. 375
cod. proc. civ., n. 5″.
2 – Ritiene questa Corte che le considerazioni svolte dal relatore
siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla consolidata
giurisprudenza di legittimità in materia e non scalfite neppure in parte
dalle osservazioni del ricorrente incidentale contenute nella memoria
depositata ai sensi degli art. 378 e 380

bis cod. proc. civ.,

sostanzialmente riproduttive delle censure mosse in sede di ricorso alla
pronuncia impugnata.
Ricorre con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375, n. 5, cod.
proc. civ. per la definizione camerale del processo.

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concreto (c.d. probabilità logica) – cfr. Sez. Unite, sentenza 11 gennaio

3 – Conseguentemente, vanno rigettati sia il ricorso principale sia il
ricorso incidentale.
4 – L’esito di entrambi i ricorsi costituisce giusto motivo per
compensare tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 gennaio 2014.

LA CORTE riunisce i ricorsi e li rigetta; compensa tra le parti le

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