Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4305 del 23/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 23/02/2011, (ud. 17/01/2011, dep. 23/02/2011), n.4355

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FOGLIA Raffaele – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

GHIRELLI S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

già elettivamente domiciliata in Roma, Via Laurentina n. 640, presso

lo studio dell’Avv. Nunzio Roberto Valenza, rappresentata e difesa,

anche in via disgiunta, dagli Avv.ti Bosco Teresio e Sergio Beretta

del foro di Torino come da procura in calce al ricorsofda ultimo

domiciliata presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

D.S.G., elettivamente domiciliato presso la Cancelleria

della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avv. Pozza

Massimo del foro di Torino come da procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Torino n.

1137/06 del 13.06.2006/24.07.2006 nella causa iscritta al n. 512 R.G.

dell’anno 2006.

Udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Alessandro De Renzis

nella pubblica udienza del 17.01.2011;

sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. DESTRO Carlo,

che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

– Che il Tribunale di Torino con sentenza del 4.1 1.2005 respingeva la domanda di D.S.G. nei confronti della S.r.l.

GHIRELLI, con la quale era stato chiesto l’accertamento della nullità di patto di prova apposto al contratto di lavoro stipulato il 2.03.2004, con il consequenziale accertamento dell’inizio del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e l’obbligo del ripristino dello stesso rapporto;

– che tale decisione, a seguito di appello del D.S., è stata riformata dalla Corte di Appello di Torino con sentenza n. 1137 del 2006, la quale ha dichiarato l’illegittimità del licenziamento intimato con lettera del 5.07.2004, con le conseguenti statuizioni di ordine reintegratorio e risarcitorio;

– che la Corte territoriale ha ritenuto che non fosse sufficiente l’indicazione, contenuta nella lettera di assunzione (con cui si richiamavano le mansioni di caposquadra e l’inquadramento al 5 livello CCNL Metalmeccanica Confapi), ai fini dell’integrazione del livello di specificità e determinatezza del patto di prova voluto dalla giurisprudenza come requisito di validità dello stesso;

– che la società Girelli ricorre per cassazione con tre motivi, cui resiste il D.S. con controricorso.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

– Che con il primo motivo la ricorrente, nel denunciare violazione dell’art. 2096 cod. civ. e degli artt. 5, 6 CCNL Metalmeccanica Piccola e Media Industria, contesta la decisione impugnata per non avere considerato che il termine “caposquadra” è un modo per definire sinteticamente, ma esaustivamente, l’attività concreta di quegli operai, come nel caso di specie, che hanno compiti di coordinamento, per cui tale richiamo può essere tale da far ritenere specifico e determinato il patto di prova;

– che con il secondo motivo la ricorrente, nel lamentare violazione degli artt. 1343, 1346, 1418, 2016 cod. civ., in relazione agli artt. 5 e 6 CCNL, nonchè vizio di motivazione, osserva che ai fini della validità del patto di prova è sufficiente il richiamo “per relationem” della mansioni previste dai livelli professionali di contratto collettivo;

– che le esposte censure, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono prive de pregio e vanno disattese, in quanto si limitano ad opporre alla motivata valutazione del giudice di merito della clausola del patto di prova alla stregua contratto collettivo un diverso apprezzamento, non consentito in sede di legittimità;

– che con il terzo motivo del ricorso la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1227 e 2697 cod. civ., nonchè degli artt. 421 e 437 c.p.c., in relazione alla della L. n. 300 del 1970 art. 18 e dell’art. 210 c.p.c.;

– che tali censure sono anche esse infondate, in quanto, a fronte della statuizione della sentenza impugnata di riconoscimento dell’aliunde perceptum, la ricorrente si è limitata a richiamare le prove e le istanze istruttorie- che assume dedotte- senza riprodurle e trascriverle, dal che la palese violazione del principio di autosufficienza del ricorso;

– che in conclusione il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato;

– che le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla spese, che liquida in Euro 24,00 oltre Euro 3000,00 per onorari ed oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2011

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