Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4301 del 10/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 10/02/2022, (ud. 12/01/2022, dep. 10/02/2022), n.4301

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5638-2020 proposto da:

LEPRICCHIO SS DI H.C.S. SOCIETA’ AGRICOLA, in

persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dagli avvocati DANIELA FISCHI, PIETRO

MIGLIOSI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 159/2/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE dell’UMBRIA, depositata il 04/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 12/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA

CAPRIOLI.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Considerato che:

L’Agenzia delle Entrate con provvedimento notificato in data 7.3.2017 comunicava alla Lepricchio S.S. di T.R. Società Agricola il parziale diniego dell’istanza di rimborso del credito Iva pari ad Euro 50.000,00 riportato nella dichiarazione 2014 quantificando l’importo non restituibile in Euro 25.052,00 di cui Euro 7452,00 derivava dalla non detraibilità dell’imposta relativa alle spese sostenute per lavori edili effettuati su immobili di proprietà di soggetti terzi, Euro 13600,00 dalla non detraibilità dell’imposta applicata su operazioni di affitto di terreni risultate esenti da Iva e per il restante dal recupero della maggiore imposta indebitamente detratta rispetto ad una spesa di installazione di un impianto fotovoltaico alla quale avrebbe dovuto essere applicata l’aliquota agevolata del 10% e non quella ordinaria del 20%.

La società contribuente impugnava il recupero avanti alla CTP di Perugia che con sentenza n. 36/2018 accoglieva parzialmente il ricorso riconoscendo alla ricorrente la legittimità del credito chiesto a rimborso riguardante le spese sostenute per lavori edili effettuate su immobili di proprietà di terzi soggetti. Avverso tale decisione la società Lepricchio S.S. di T.R. Società Agricola proponeva appello avanti alla CTR dell’Umbria che con sentenza n. 159/2019 lo rigettava.

Il Giudice di appello rilevava che l’operatore economico che abbia acquistato beni e servizi destinati in via esclusiva alla realizzazione di operazioni esenti o non imponibili assume, ai fini fiscali la posizione di consumatore finale non insorgendo a suo favore il diritto alla detrazione né quello alternativo al rimborso dell’Iva a monte, liquidata nella fattura passiva versata in rivalsa al cedente prestatore.

A tali considerazioni aggiungeva che con sentenza 3.10.2018 n. 24001 la Suprema Corte non aveva riconosciuto al novellato D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 6, comma 6, (legge bilancio 2018) che prevede il diritto alla detrazione nel caso di imposta applicata in misura superiore a quella effettiva alcuna efficacia retroattiva né valore di norma interpretativa fatto salvo il favor rei per le sanzioni.

Il Giudice di appello riteneva,sulla scorta delle decisione comunitarie, che per gli anni di imposta in questione la ripetizione presuppone che il tributo Iva sia effettivamente dovuto e che l’erronea liquidazione in fattura dell’Iva non autorizza l’operatore che abbia assolto all’obbligazione di rivalsa a portare in detrazione l’imposta o a richiedere il rimborso dell’eccedenza.

La contribuente propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo illustrato da memoria cui resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Con un unico motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, e dell’art. 2033 c.c., per non aver riconosciuto la CTR il diritto al rimborso in relazione ad un’operazione regolarmente fatturata omettendo di considerare la buona fede della società contribuente.

Il motivo è infondato.

La Corte di cassazione in tema di IVA, ha statuito infatti che ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, ed in conformità alla sesta Dir., art. 17, (come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia), non è ammessa la detrazione dell’imposta pagata “a monte” per l’acquisto o l’importazione di beni, o per conseguire la prestazione di servizi afferenti al successivo compimento di operazioni esenti o comunque non soggette ad imposta, atteso che, in base alla normativa citata, ai fini della detrazione non è sufficiente che le dette operazioni attengano all’oggetto dell’impresa (principio di inerenza), essendo necessario un quid pluris, cioè che esse siano, a loro volta, assoggettabili all’IVA (ex multis Cass. n. 10491/03, n. 8959/03, n. 26290/05, n. 4419/03, n. 6352/02); con l’ulteriore corollario che l’esercizio esclusivo di operazioni “esenti” da parte di un imprenditore comporta la totale indetraibilità dell’imposta assolta sugli acquisti, in quanto, a sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 3, la riduzione proporzionale della detrazione dell’imposta assolta sugli acquisti (c.d. “pro-rata”) non è limitata all’ipotesi in cui l’impresa compia congiuntamente operazioni esenti e non esenti, ma è applicabile (in tal caso la riduzione della detrazione operando al 100%) anche quando l’impresa compia esclusivamente operazioni esenti. (Cass. n. 14315/03 e n. 7501/01).

Questo indirizzo consolidato ha dunque da sempre negato, sulla scorta dei principi affermati dalla Corte di Giustizia, la sussistenza di una piena simmetria tra obbligo del pagamento dell’imposta per il fatto che la stessa sia stata addebitata in fattura e diritto alla detrazione limitando quest’ultimo alle sole imposte dovute (Cass. 2015 n. 7209; Cass. 2007 n. 18219; 2005 n, 26290). La circostanza dell’avvenuta fatturazione non è idonea a trasformare una operazione non soggetta al tributo in una operazione Iva e questo per l’esigenza di rispettare i caratteri essenziali del meccanismo operativo di tale imposta innanzitutto la sua neutralità.

Non può quindi dubitarsi della conformità al diritto comunitario (oltre che a Costituzione, giusta l’ordinanza n. 25 del 2010 resa dalla Consulta proprio nel giudizio in esame) del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 2, espressamente disapplicato dal giudice d’appello – laddove nega il diritto alla detrazione dell’IVA assolta per l’acquisto di beni afferenti operazioni esenti. Infatti, anche l’indetraibilità dell’IVA su operazioni esenti – oltre che sugli acquisti di beni o di servizi ad esse destinati – è conforme al diritto comunitario, ed in particolare alla previsione di cui alla sesta Dir. n. 388 del 1977, art. 17, avendo la stessa Corte di Giustizia affermato che, ai sensi della disposizione suindicata, il diritto alla detrazione dell’IVA riguarda soltanto i beni ed i servizi che vengono utilizzati ai fini delle operazioni del soggetto passivo assoggettate ad imposizione, dal momento che il sistema comune dell’IVA persegue l’obbiettivo della perfetta neutralità fiscale di tutte le attività economiche, quali che siano le loro finalità o i loro risultati, alla sola condizione che esse siano assoggettate, in linea di principio, all’imposizione ai fini IVA (C. Giust. 22.2.2001, Abbey National, C-408/98; C. Giust. 29.10.2009, NCC Construction Danmark, C-174/08; conf., Cass. nn. 26290/05 e 18219/07). Pertanto, ove beni o servizi acquistati da un soggetto passivo vengano impiegati ai fini di operazioni esenti, non può esservi né riscossione dell’imposta a valle, né detrazione dell’imposta a monte (cfr. C. ud. 16/10/2014 n. 24137/10 R.G. Giust. 14.9.2006, Wollny, C-72/05; C. Giust. 18.12.2008, Royal Bank of Scotland, C-488/07; C. Giust. 12.2.2009, Vereniging Noordelijke Land, C-515/07; C. Giust. 13.12.2012, C-560/11, Dibiasi).

Condivisibile in questo quadro è la valutazione espressa dalla CTR dell’indetraibilità dell’imposta (Euro 13.600,00) fatturata alla contribuente dalla società Stero s.a.s. in relazione ai canoni locatizi trattandosi di operazioni esenti per le quali non si sarebbero verificati i presupposti né per l’assoggettamento all’imposta né per l’esercizio del diritto alla sua detrazione.

Analoghe considerazioni vanno svolte per quel che riguarda la richiesta di detrazione relativa alla fattura d’acquisto riguardante l’installazione dell’impianto fotovoltaico che è stata applicata sulla base di una aliquota del 20% in luogo di quella dovuta al 10% ai sensi delle previsioni di cui alla tabella allegata al D.P.R. n. 633 del 1972.

La neutralità dell’imposta secondo i principi comunitari opera su un piano effettivo e non formale sicché possono essere detratte o versate solo quelle imposte che risultano davvero dovute (Cass. 2015 n. 17173).

L’erronea liquidazione in fattura dell’Iva non legittima l’operatore che abbia assolto l’operazione di rivalsa a portare in detrazione l’imposta o chiedere il rimborso dell’eccedenza dovendosi ricordare che la sesta Dir. del Consiglio 1977, n. 77/388/CEE, art. 17, paragrafi 1 e 2, e l’art. 20, paragrafo 1, lett. a), come interpretati dalle sentenze della Corte di Giustizia, riconoscono il predetto diritto esclusivamente nei limiti dell’imposto dell’Iva” effettivamente dovuta” in relazione all’operazione commerciale conclusa dalle parti.

Sempre in questo senso va ricordata l’ordinanza n. 26749/2018 richiamata anche nella sentenza impugnata ove questa Corte ha chiarito che in caso di operazione erroneamente assoggetta ad aliquota Iva diversa da quella prevista per tipologia l’imposta pagata non è detraibile mancando il presupposto dell’effettiva realizzazione di una operazione assoggettabile ad Iva nella misura dovuta.

Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo secondo i criteri normativi vigenti.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di legittimità che si liquidano in complessive Euro 2.300,00 oltre spese prenotate a debito.

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2022

 

 

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