Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4299 del 22/02/2011

Cassazione civile sez. III, 22/02/2011, (ud. 03/02/2011, dep. 22/02/2011), n.4299

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 2400-2010 proposto da:

HOTEL VILLA TRAIANO SRL (OMISSIS) in persona dell’Amministratore

Unico, legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA ARCHIMEDE 143, presso lo studio dell’avvocato COLUMBA

DOMENICO, rappresentata e difesa dall’avvocato SANGIUOLO ANDREA

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

TREVI FINANCE 2 SPA per essa UNICREDIT CREDIT MANAGEMENT BANK SPA

(già denominata UNICREDITO GESTIONE CREDITI SOCIETA’ PER AZIONI

BANCA PER LA GESTIONE DEI CREDITI) società appartenente al Gruppo

bancario Unicredit, in persona del Presidente e legale rappresentante

pro tempore, quale mandataria di UniCredit Spa, Capogruppo del Gruppo

Bancario Unicredit, aderente al Fondo Interbancario di Tutela dei

Depositi a sua volta mandataria della predetta società Trevi Finance

2 Spa, in persona del Dirigente, elettivamente domiciliata in ROMA,

LUNGOTEVERE ARNALDO DA BRESCIA 9-10, presso lo studio dell’avvocato

FIORETTI ANDREA, che la rappresenta e difende giusta procura speciale

in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 376/2009 del TRIBUNALE di BENEVENTO del

20/2/09, depositata il 24/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/02/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

è presente il Procuratore Generale in persona del Dott. NICOLA

LETTIERI.

La Corte, Letti gli atti depositati:

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 15 gennaio 2010 l’Hotel Villa Traiano S.r.l. ha chiesto la cassazione della sentenza, notificata il 17 novembre 2009, depositata in data 24 febbraio 2009 dal Tribunale di Benevento, che aveva rigettato l’opposizione alla procedura esecutiva intrapresa in suo danno dalla Banca di Roma nella qualità di procuratore della Trevi Finance 2 S.p.A..

La Trevi Finance 2 S.p.A. e, per essa, Unicredit Credit Management Bank S.p.A. hanno resistito con controricorso.

2 – I due motivi del ricorso risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366-bis c.p.c.. Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360, per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunciata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corrotta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n, 20603 del 2007).

3. – Il primo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 140 c.p.c. e art. 2700 c.c. nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti controversi e decisivi ai fini della decisione per avere il Tribunale posto a fondamento della propria decisione l’asserita validità della notifica dell’atto di pignoramento opposto, a causa della piena prova, fino a querela di falso, dell’attività compiuta dall’agente notificatore. La censura, che implica esame degli atti in relazione ai quali non è stato rispettato l’art. 366 c.p.c., n. 6 nè il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, risulta priva del momento di sintesi necessario non solo per circoscrivere il fatto controverso, ma anche per specificare per quali ragioni la motiva/ione della sentenza risulti, rispettivamente, omessa, insufficiente e contraddittoria e presenta un quesito di diritto astratto poichè prescinde totalmente dalla motivazione della sentenza e, inoltre, non postula l’enunciazione di un principio di diritto decisivo per il giudizio e di applicabilità generalizzata, ma si risolve nella richiesta di verificare una situazione di fatto.

Il secondo motivo ipotizza violazione e/o falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio per non avere il Tribunale sospeso il giudizio a seguito delle statuizioni contenute nella sentenza del Tribunale di Benevento n. 609/2007.

La censura viola palesemente il disposto dell’art. 366 c.p.c., n. 6.

Infatti e orientamento costante (confronta, tra le altre, le recenti Cass. Sez. Un. n. 28547 del 2008; Cass. Sez. 3^ n. 22302 del 2008) che, in tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma ad opera del D.Lgs. n. 40 del 2006, il novellato art. 366 c.p.c., comma 6, oltre a richiedere la “specifica” indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto. Tale specifica indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postula, che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito, e, in ragione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, anche che esso sia prodotto in sede di legittimità.

In altri termini, il ricorrente per cassazione, ove intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, – di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto, il primo onere va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale e in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione: i secondo deve essere adempiuto trascrivendo o riassumendo nei ricorso il contenuto del documento. La violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile.

Questo onere processuale non è stato assolto con riferimento alla sentenza citata. D’altra parte, valgono le considerazioni già svolte circa l’assenza del momento di sintesi prescritto dall’art. 366 bis c.p.c. allorchè venga lamentalo il vizio di motivazione e il carattere assolutamente astratto del quesito di diritto.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Non sono state presentato conclusioni scritte; nè memorie nè alcuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio.

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

inoltre ha rilevato che le censure sono del tutto infondate;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile;

le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380-bis e 383 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2011

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