Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4299 del 21/02/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 4299 Anno 2013
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: MAROTTA CATERINA

SENTENZA

sul ricorso 14116-2010 proposto da:
ANTONINI

SERGIO

PIEROBERTO

NINSGP53A271566D,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 195,
presso lo studio dell’avvocato VACIRCA SERGIO,
rappresentato e difeso dall’avvocato FURFARI
GIOVANNI, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2012

contro

3545

CA S.R.L. UNIPERSONALE 04200340158;

Nonché da:

intimata –

Data pubblicazione: 21/02/2013

COMPIUTER ASSOCIATES S.R.L. UNIPERSONALE (di seguito
“CA” o “RESISTENTE”) 04200340158, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA QUATTRO FONTANE 20 (STUDIO
GIANNI ORIGONI GRIPPO E PARTNERS), presso lo studio

difende giusta delega in atti;
-controricorrente e ricorrente incidentale contro

ANTONINI SERGIO PIERCBERTO WINSGP53A27I566D;
– Intimato –

avverso la sentenza n. 425/2009 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 21/05/2009 r.g.n. 1030/08;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/10/2012 dal Consigliere Dott. CATERINA
MAROTTA;
udito l’Avvocato VACIRCA SERGIO per delega FURFARI
GIOVANNI;
udito l’Avvocato FUSILLO MATTEO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE, che ha concluso
per il rigetto ricorso principale, assorbito in
subordine il ricorso incidentale.

dell’avvocato FUSILLO MATTEO, che la rappresenta e

R. Gen. N.14116/2010
Udienza 24/10/2012
Antonini Sergio Pieroberto c/
CA 5. r,1. Unipersonaie

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso al Tribunale, giudice del lavoro, di Milano Sergio Piroberto Antonini
conveniva in giudizio la Computer Associates S.p.A. chiedendo che fosse accertata
l’illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimatogli con

ricorrente il provvedimento datoriale sia sotto il profilo del mancato esperimento
delle procedure di mobilità sia sotto quello della mancanza di giustificato motivo.
Costituitasi in giudizio, la società contestava la fondatezza degli assunti di parte
attorea eccependo preliminarmente l’intervenuta decadenza dell’Antonini per
tardività dell’impugnativa. Il Tribunale di Milano rigettava il ricorso condividendo la
preliminare eccezione della convenuta. Avverso tale pronuncia interponeva appello
l’Antonini. La Corte di appello di Milano, seppur con diversa motivazione,
confermava il rigetto della domanda.
Per la cassazione di tale sentenza Sergio Pieroberto Antonini propone ricorso
affidato a sette motivi.
Resiste con controricorso l’intimata Computer Associates s.r.l. Unipersonale (già
Computer Associates S.p.A.) e formula, altresì, ricorso incidentale condizionato
affidato ad un motivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia: “Insufficiente e
contraddittoria motivazione sul fatto controverso e decisivo circa la sussistenza dei
requisiti per ritenere la Filiale di Roma quale unità produttiva (art. 360 n. 5 cod. proc.
eiv.)”. Deduce che la Corte territoriale, pur a fronte di documentazione versata in atti
tanto dal ricorrente quanto dalla società convenuta, deponente nel senso che tutte le

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raccomandata del 28/3/2008, con reintegra nel posto di lavoro. Contestava il

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Udienza 24/10/2012
Antonini Sergio Pieroberto c/
CA S.r.l. ~personale

attività decisionaldassunte ed incentrate a Basiglio, ha ritenuto che il lavoratore non
avesse indicato alcun elemento utile per considerare la struttura di Basiglio e quella
di Roma unitariamente. Formula, al riguardo, il seguente quesito motivazionale: “Se
costituisca o meno vizio di motivazione, con riferimento ad una fattispecie nella

autonoma, aver definito il giudizio senza esaminare e/o fare alcuna ricognizione della
documentazione versata in causa ed in particolare della comunicazione del 26/4/2006
di avvio della procedura di mobilità e dei comunicati aziendali del 3/4/2007 e del
3/8/2007 o comunque senza darne assolutamente conto”.
2. Con il secondo motivo il ricorrente principale denuncia: “Violazione e falsa
applicazione degli artt. 4 e 24 della legge n. 223/1991 e art. 35 della legge n.
300/1970 – Violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 n. 3 cod.
proc. civ.). Deduce che la Corte territoriale, nell’attribuire rilevanza alle difese della
società circa l’autonomia e l’indipendenza dell’unità produttiva, tecnica ed
amministrativa delle unità di Basiglio e di Roma ha violato le indicate norme di
diritto essendo da queste richiesto, nell’interpretazione datane dalla giurisprudenza,
non solo un’autonomia amministrativa ma anche operativa, economica e strategica e
che tali ultime caratteristiche, con riguardo alla filiale di Roma, non emergevano
dalla documentazione prodotta dalla società. Formula, al rigunrdo, il seguente quesito
motivazionale: “Se con riferimento alla fattispecie nella quale risulti accertato che la
società datrice di lavoro ha effettuato complessivamente oltre cinque licenziamenti
nell’arco di 120 gg. tra la sede di direzione e l’unità locale, non avente quest’ultima i
requisiti per essere qualificata come unità produttiva, costituisca o meno violazione
delle disposizioni di cui all’art. 4 e 24 della legge n. 223/1991 e 35 legge n. 300/1970

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quale è stato chiesto l’accertamento dell’inesistenza di una unità produttiva

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CA S.r.l. ChSeersonale

non aver attivato dalla datrice di lavoro la procedura di messa in mobilità e
conseguentemente costituisca o meno illegittimità e/o inefficacia dell’intimato
licenziamento per giustificato motivo oggettivo”.
3. Con il terzo motivo il ricorrente principale denuncia: “Omessa, insufficiente

l’invocata crisi aziendale (art. 360 n. 5 cod. proc. civ.)”. Deduce che la Corte
territoriale ha posto a fondamento della ritenuta sussistenza di una crisi aziendale
documenti risalenti nel tempo, senza che risultasse l’acuirsi della crisi e la necessità
di intervenire con ben otto licenziamenti. Evidenzia che emergeva dagli atti che la
situazione come documentatUagli accordi sindacali del 377/2006 e dell’ 11/7/2006 e
la successiva procedura di mobilità con espulsione di nove esuberi “aveva rimesso le
cose a posto, tant’è che le perdite erano state (quasi) azzerate”, non potendo il
decremento di fatturato dell’1%, rispetto al precedente anno, essere considerato
indice di crisi, ma semmai di una situazione, rispetto ai precedenti trend, di ripresa.
Formula, al riguardo, il seguente quesito motivazionale: “Si chiede alla Corte di
affermare se costituisca o meno vizio di motivazione, con riferimento ad una
fattispecie nella quale è stato dichiarato il licenziamento, aver definito il giudizio
sulla base di una situazione aziendale pregressa al licenziamento medesimo senza
comunque dar conto congruamente della documentazione versata in causa e sulla
quale è posta a base la decisione. In particolare, senza dare giusta valutazione alla
limitata riduzione del fatturato, rispetto al precedente anno fiscale”.
4. Con il quarto motivo il ricorrente principale denuncia: “Violazione e falsa
applicazione dell’art. 3 della legge n. 604/1966 in punto di mancanza di pretestuosità
della soppressione della mansione assegnata al sig. Antonini (art. 360 n. 3 cod. proc.

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motivazione circa il fatto controverso e decisivo per il giudizio, se esisteva o meno

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Antonini Sergio Pieroberto ci
CA S.r.l. ~personale

civ.). Deduce che la Corte territoriale non ha applicato correttamente la norma
indicata per la quale non qualunque riduzione di fatturato giustifica il licenziamento,
bensì solo quella che può apparire duratura nel tempo e che quindi non sia episodica
o occasionale. Evidenzia che nella fattispecie de qua la riduzione del fatturato, come

rispetto all’anno precedente e che anzi la stessa società aveva annunciato in data
3/8/2007 risultati positivi per il primo trimestre 2008. Formula, al riguardo, il
seguente quesito di diritto: “Se con riferimento alla fattispecie nella quale l’anno
precedente il licenziamento per g.m.o. la datrice di lavoro ha avuto un calo di
fatturato, non sussistente all’atto del licenziamento, anzi con incremento del fatturato
a far tempo dal trimestre successivo al licenziamento il recesso possa essere
qualificato come legittimo i sensi dell’art. 3 della legge n. 604/1966”.
5. Con il quinto motivo il ricorrente principale denuncia: “Insufficiente o
contraddittoria motivazione circa un punto controverso e decisivo del giudizio (art.
360 n. 5 cod. proc. civ.). Deduce che la Corte territoriale non ha in alcun modo
motivato la relazione tra la riorganizzazione aziendale e la soppressione del posto
dell’Antonini ed ha errato nel ritenere che alcuni lavoratori che avevano mantenuto
la loro attività avessero una qualifica superiore a quella del ricorrente. Formula, al
riguardo, il seguente quesito motivazionale: “Se costituisca o meno vizio di
motivazione con riferimento ad una fattispecie nella quale è stato dichiarato legittimo
un licenziamento per giustificato motivo oggettivo aver definito il giudizio
sull’errato presupposto che l’inquadramento del lavoratore licenziato fosse inferiore
a quello di altri lavoratori rimasti in forza e senza esaminare la documentazione

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si rilevava dalla sintesi del conto economico al 31 marzo 2007) era stata solo dell’I%

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Antonini Sergio Pieroberto c/
CA S.r.A Unipersonaie

versata in causa, dalla cui disamina l’esito del giudizio poteva essere diversamente
deciso e comunque senza darne congruamente conto.
6. Con il sesto motivo il ricorrente denuncia: “Omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione circa un punto controverso e decisivo per il giudizio (art.

considerare che il ricorrente, in ragione dei diversi ruoli ricoperti e della
professionalità maturata, potesse essere ricollocato in altre strutture portanti l’attività
della società in Italia (così nella struttura commerciale vendite dirette ed in quella
vendite indirette) ed egualmente omesso di considerare che le mansioni già svolte dal
ricorrente fossero state redistribuite tra i commerciali rimasti (e non, dunque, a
soggetti esterni alla società) e che dopo il licenziamento erano stati assunti altri
lavoratori con la stessa qualifica. Formula, al riguardo, il seguente quesito
motivazionale: “Se costituisca o meno vizio di motivazione con riferimento ad una
fattispecie nella quale ai fini del repechage è stata affermata l’insussistenza di
mansioni compatibili con quelle svolte dal lavoratore licenziato e che non erano stati
assunti lavoratori della stessa qualifica successivamente al licenziamento, aver
definito il giudizio senza esaminare la documentazione versata in causa e/o
comunque senza averne dato adeguatamente conto”.
7. Con il settimo motivo il ricorrente principale denuncia: “Violazione e falsa
applicazione dell’art. 3 della legge n. 604/1966 (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.)”.
Deduce che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto sussistente un nesso di
causalità tra riorganizzazione aziendale e soppressione della mansione non
emergendo dagli atti che tale riorganizzazione fosse stata incentrata sulla figura
professionale del ricorrente e risultando che erano diversi i colleghi di lavoro con

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360 n. 5 cod. proc. civ.). Evidenzia che la Corte territoriale ha del tutto omesso di

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CA S.r.l. Unipersonale

pari inquadramento e minore anzianità non considerati ai fini dell’individuazione
delle persone (eventualmente) da estromettere. Formula, al riguardo, il seguente
quesito di diritto: “Se con riferimento ad una fattispecie nella quale è stato intimato il
licenziamento per g.m.o. per soppressione della mansione, la successiva assunzione

inquadramento ma in mansioni già svolte dal lavoratore ovvero la sussistenza di
mansioni incompatibili con la professionalità maturata dal lavoratore licenziato, il
recesso possa o meno essere qualificato come legittimo ex art. 3 legge n. 604/1966”.
8. Con l’unico motivo di ricorso incidentale la Computer Associates s.r.l.
Unipersonale denuncia: “Violazione e falsa applicazione di norma di diritto, in
particolare il combinato disposto dell’art. 410, comma 2, cod. proc. civ. e dell’art. 6
della legge n. 604/1966, nonché dell’art. 1334 cod. civ.” . Deduce che la Corte
territoriale è incorsa in errore nel non dichiarare l’Antonini decaduto
dall’impugnativa del licenziamento per essere decorso il termine di 60 giorni.
Formula, al riguardo, il seguente quesito di diritto: “Se il secondo comma dell’art.
410 cod. proc. civ. debba interpretarsi nel senso che l’effetto sospensivo della
decadenza in esso previsto (di cui all’art. 6 della legge n. 604/1966) si produce con la
comunicazione al datore di lavoro della richiesta di espletamento del tentativo di
conciliazione e non con la sola spedizione o ricezione della richiesta stessa da parte
della commissione di conciliazione competente” ed in caso di risposta affermativa
“se, in applicazione dell’art. 1334 cod. civ., per il prodursi dell’effetto sospensivo
suddetto la comunicazione al datore di lavoro debba arrivare materialmente entro il
termine di 60 giorni prescritto dalla legge ovvero se sia sufficiente che la
comunicazione sia spedita a mezzo del servizio postale ovvero consegnata ad un

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di personale con medesima qualifica ed inquadramento ovvero anche in diverso

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ufficiale giudiziario entro il termine di 60 giorni, rimanendo, poi, al di fuori della
disponibilità del lavoratore il perfezionamento del procedimento di notificazione”.
9. I ricorsi hinc et inde proposti avverso la stessa sentenza sono stati riuniti ex
art. 335 cod. proc. civ..

ricorso incidentale va esaminato con priorità atteso che è la stessa parte resistente,
nelle conclusioni, ad anteporre la richiesta di delibazione sullo stesso a quella,
avanzata “in via subordinata al mancato accoglimento del ricorso incidentale”, di
declaratoria di inammissibilità e/o manifesta infondatezza del ricorso avversario e
che, in ogni caso, si tratta di questione pregiudiziale.
Detto ricorso incidentale è infondato a mente del più recente orientamento di
questa Corte (che supera ormai definitivamente una giurisprudenza ormai risalente e
così Cass. n. 967 del 21 gennaio 2004) secondo il quale, alla luce di una lettura
costituzionalmente orientata (v. Corte cost. n. 276 del 2000 e n. 477 del 2002) delle
norme applicabili in materia di decadenza dal potere di impugnare il licenziamento
(ribadita dalla pronuncia delle Sezioni Unite n. 8830 del 14 aprile 2010), non è
necessario che l’atto di impugnazione giunga a conoscenza del destinatario nel
predetto termine, ovvero, in particolare, che esso pervenga all’indirizzo del datore di
lavoro entro i sessanta giorni previsti dall’art. 6 della legge n. 604 del 1966 per
evitare la decadenza dalla facoltà di impugnare, in quanto, ai sensi dell’art. 410 cod.
proc. civ., secondo comma (così come modificato dall’art. 36 del d.lgs. n. 80 del
1998), il predetto termine (processuale con riflessi di natura sostanziale) si sospende
a partire dal deposito dell’istanza di espletamento della procedura obbligatoria di
conciliazione, contenente l’impugnativa scritta del licenziamento, presso la

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10. Benché indicato, nella intestazione della memoria, come condizionato, il

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Commissione di conciliazione e divenendo irrilevante, in quanto estraneo alla sfera
di controllo del lavoratore, il momento in cui l’ufficio provinciale del lavoro
provveda a comunicare al datore di lavoro la convocazione per il tentativo di

11. Il primo e secondo motivo di ricorso, da trattarsi congiuntamente in ragione
della intrinseca connessione, sono inammissibili nella misura in cui non viene
censurata la “mancata indicazione” e cioè proprio la “mancata deduzione” di
elementi utili per considerare le strutture unitariamente (né d’altra parte si evince dal
ricorso in quale parte del ricorso introduttivo ovvero del primo atto difensivo
successivo alla costituzione della società nel giudizio di primo grado fosse stata
introdotta la questione dell’unitarietà delle strutture e sulla base di quali
argomentazioni ovvero fosse stata censurata, e sulla base di quali argomentazioni, la
prospettata autonomia ed indipendenza produttiva). In sostanza il ricorrente non
spiega per quali ragioni di diritto la Corte di appello, pur a fronte di tale sottolineata
mancanza di deduzione, avrebbe dovuto rilevare, comunque, dagli atti l’assenza di
autonomia tra le unità produttive ovvero avrebbe dovuto ritenere che, essendo
sufficiente il richiamo alla legge n. 223/91 ed al mancato esperimento della
procedura di mobilità per rendere chiara la natura della tutela invocata ed i
presupposti della stessa, fossero esauriti gli incombenti posti a carico del lavoratore,
ricadendo sul datore di lavoro la prova di un ambito dimensionale dell’impresa
preclusivo della specifica tutela invocata (ciò a mente del principio espresso da Cass.
SU n. 141 del 10/01/2006).
In buona sostanza, la Corte territoriale ha mostrato di aderire all’orientamento
secondo il quale, anche laddove risulti correttamente invocabile il principio

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conciliazione (si veda, in tal senso, Cass. n. 17231 del 22/07/2010).

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CA S.r.i. Unfpersonale

dell’inversione dell’onere della prova, tale principio va sempre coniugato con quelli
dell’onere di deduzione e di contestazione, sussistendo una inscindibile relazione di
“circolarità” tra gli stessi tanto sotto il profilo della corretta introduzione nel giudizio
del punctum (ambito dimensionale dell’impresa) in ordine al quale, poi, il soggetto

mezzi messi a disposizione dall’ordinamento tanto sotto il profilo della rilevanza da
attribuire alle deduzioni contrarie ovvero alle contestazioni in ordine a circostanze
difensive precisamente addotte. Tale scelta valutativa non ha formato oggetto di
specifica censura da parte del ricorrente né sotto il profilo della violazione di legge
né sotto quello del vizio di motivazione.
12. Il terzo e quarto motivo di ricorso, da trattarsi congiuntamente, sono
infondati.
Oltre a rilevarsi che, sia con la prospettata violazione di legge sia con il
denunciato vizio di motivazione, viene richiesto un riesame della situa7ione di fatto,
inammissibile in questa sede di legittimità, non si registrano, nella sentenza
impugnata, i lamentati vizi.
Intanto va premesso che, come costantemente affermato da questa Corte, il
licenziamento per giustificato motivo oggettivo, nella previsione della seconda parte
dell’art. 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604, comprende anche l’ipotesi di un
riassetto organizzativo dell’azienda attuato al fine di una più economica gestione di
essa e deciso dall’imprenditore, non pretestuosamente e non semplicemente per un
incremento di profitto, bensì per far fronte a sfavorevoli situazioni – non meramente
contingenti – influenti in modo decisivo sulla normale attività produttiva, ovvero per
sostenere notevoli spese di carattere straordinario, senza che sia rilevante la modestia

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tenuto a dare la prova (e nella specie il datore di lavoro) possa provvedervi con i

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Antonini Sergio Pieroberto c/
CA
Unipersonaie

del risparmio in rapporto al bilancio aziendale, in quanto, una volta accertata
l’effettiva necessità della contrazione dei costi, in un determinato settore di lavoro,
ogni risparmio che sia in esso attuabile si rivela M diretta connessione con tale

Il giudizio di effettività si risolve in un apprezzamento di fatto riservato al
giudice di merito ed incensurabile in sede di legittimità se congruamente motivato, a
meno che lo stesso non si ponga in contrasto con i principi dell’ordinamento espressi
dalla giurisdizione di legittimità e con quegli “standards” valutativi esistenti nella
realtà sociale (riassumibili nella nozione di civiltà del lavoro, riguardo alla disciplina
del lavoro subordinato) che concorrono con detti principi a comporre il diritto
vivente. Va anche ricordato che per costante giurisprudenza il vizio di omessa od
insufficiente motivazione, denunciabile con ricorso per Cassazione ai sensi dell’art.
360, n. 5, cod. proc. civ., sussiste solo quando nel ragionamento del giudice di
merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile una obiettiva deficienza del
criterio logico che lo ha condotto alla formazione del proprio convincimento, mentre
il vizio di contraddittoria motivazione presuppone che le ragioni poste a fondamento
della decisione risultino sostanzialmente contrastanti, in guisa da elidersi a vicenda e
da non consentire l’individuazione della “ratio decidendi”, e cioè l’identificazione
del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione adottata. Questi vizi
non possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove
dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto
giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove,
controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie
quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o

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necessità e quindi da questa oggettivamente giustificato.

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CA S.rJ. Unipersonale

all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un
valore legale è assegnato alla prova (cfr. ex plurimis da ultimo: Cass. 6 marzo 2008
n. 6064). Tanto precisato, va osservato che, nella specie, la Corte del merito ha fatto
corretta applicazione dei principi di diritto posti dall’art. 3 della legge n. 604/1966 ed

crisi aziendale in atto ed alla riduzione del fatturato considerando, di conseguenza, la
stessa come diretta a fronteggiare una situazione sfavorevole non meramente
contingente.
Esclusa, dunque, la sussistenza del dedotto vizio di violazione di legge, deve
rilevarsi che la Corte territoriale, con motivazione esaustiva e coerente con le
risultanze istruttorie, ha dato conto delle ragioni giustificative addotte dalla società.
Più precisamente ha ritenuto che la crisi aziendale in atto al momento del
licenziamento risultasse idoneamente provata dalla documentazione prodotta dalla
società evidenziante un trend costantemente negativo delle performances aziendali,
un progressivo calo di fatturato in tutte le aree business negli anni precedenti il 2006,
per fronteggiare la quale erano state intraprese nell’aprile del 2006 varie iniziative tra
cui l’avvio di una procedura di riduzione del personale con individnazione di 9
posizioni in esuberi e ulteriore risoluzione di 5 rapporti di lavoro nell’area vendita
indiretta, piccole e medie imprese cui l’Antonini era adibito da aprile 2006. Rispetto
a tale valutazione non assume rilevanza il riferimento operato dal ricorrente a dati
contabili asseritamente pretermessi ed evidenzianti una ripresa proprio a ridosso del
licenziamento sia perché si tratta di dati riferiti al gruppo C.A. nel suo complesso e,
dunque, non soltanto nell’area business in cui il ricorrente operava sia perché, come

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in particolare ricollegato la soppressione della mansione assegnata all”Antonini alla

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Antonini Sergio Piero berto c/
CA S.r.L Unipersonale

sembra, si tratta di dati evidenzianti i ricavi aziendali e non gli utili netti di esercizio
(e cioè la differenza tra i ricavi ed i costi).
13. Il quinto ed il settimo motivo, da trattarsi congiuntamente, appaiono
infondati e non possono essere accolti in quanto, al pari di quelli precedenti,

sviluppano mere censure di merito dirette ad una rivalutazione del fatto,
inammissibile in questa sede.
Peraltro la sentenza impugnata effettua una precisa analisi del riassetto della
struttura aziendale in conseguenza della crisi ed in particolare dà conto sia delle
ragioni per le quali determinate professionalità erano state mantenute sia della scelta
di affidare i compiti residui dei venditori licenziati (e cioè le attività di supporto ai
rivenditori di piccole/medie dimensioni) alle società esterne Var e Vad, preesistenti
rispetto alla riorganizzazione.
Del resto, la questione della erronea indicazione della “qualifica superiore” di
alcuni dipendenti rimasti in forza all’azienda resta irrilevante alla luce della indicata
gestione – “e gestivano” – (incontestata) da parte degli stessi di

“partners

di grandi

dimensioni ad alto potenziale” che già in sé integra un elemento differenziale rispetto
alla evidenziata scelta di dismettere le sole attività di supporto ai rivenditori di
piccole/medie dimensioni.
14. Il sesto motivo introduce questioni nuove mai svolte prime. Il ricorrente non
dice quando abbia fatto riferimento ad assunzioni successive al suo licenziamento ed
in mansioni equivalenti alle sue né ciò si evince dalla sentenza impugnata.
Egualmente non chiarisce quando ed in che termini sia stata posta la questione
della esistenza di posti di lavoro in mansioni compatibili con quelle da lui svolte ove
poter essere collocato.

14

r

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Antonini Sergio Pieroberto c/
CA
Unipersonale

In tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo determinato da
ragioni tecniche, organizzative e produttive, compete al giudice – che non può,
invece, sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’impresa, espressione della

specificazione esistente fra le norme degli artt. 1463-1464 cod. civ. e quelle dell’art.
3 della L. n. 604/1966, il controllo di legittimità del licenziamento e tale controllo, in
relazione all’invocazione dell’impossibilità sopravvenuta, si connota come controllo
della effettiva sussistenza del motivo addotto dal datore di lavoro, in ordine al quale
il datore di lavoro ha l’onere di provare, anche mediante elementi presuntivi ed
indiziari, l’impossibilità di una differente utilizzazione del lavoratore in mansioni
diverse da quelle precedentemente svolte. Tuttavia, come questa Corte ha più volte
affermato, tale prova non deve essere intesa in modo rigido, dovendosi esigere dallo
stesso lavoratore che impugni il licenziamento una collaborazione nell’accertamento
di un possibile “repechage”, mediante l’allegazione di circostanze di fatto utili a
dimostrare o anche solo a far presumere l’esistenza, nell’ambito dell’azienda, di posti
di lavoro cui poter essere ancora adibito, e conseguendo a tale allegazione l’onere del
datare di lavoro di provare la non utilizzabilità nei posti predetti (così Cass. n. 3040
del 8/2/2011, id. n. 6559 del 18/03/2010, n. 22417 del 22/10/2009, n. 13468 del
23/6/2005). Se tale onere non è stato adempiuto in sede di ricorso introduttivo, non
solo neppure insorge l’onere per il datore di lavoro convenuto di offrire la prova
della concreta insussistenza di tale possibilità di diverso e conveniente utilizzo del
dipendente licenziato ma non può poi la parte introdurre la relativa questione nei
successivi gradi di giudizio.
15. Da tanto consegue che il ricorso deve essere rigettato,

15

libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost. – , in ragione del rapporto di

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Antoniní Sergio Pieraberto c/
5.d. thripersonale

16. L’esito del ricorso principale e di quello incidentale costituisco motivo per
compensare tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta; compensa tra le parti le spese processuali

Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2012
Il Con

Ill3res-yente

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Il funzionario Giudiziario

del presente giudizio di legittimità.

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