Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4296 del 18/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 18/02/2021, (ud. 12/01/2021, dep. 18/02/2021), n.4296

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9856-2019 proposto da:

VAL DI LUCE SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 86, presso lo studio

dell’avvocato ANDREA VARANO, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato BRUNO FONDELLI;

– ricorrente –

contro

L.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO n.

109, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNA SEBASTIO, rappresentata

e difeso dall’avvocato ATTILIO SEBASTIO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 406/2018 della CORTE D’APPELLO di LECCE

SEZIONE DISTACCATA di TARANTO, depositata il 15/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CHIARA

GRAZIOSI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

L.S. citava davanti al Tribunale di Taranto Val di Luce S.p.A. per il risarcimento dei danni derivatile dalla caduta sulla pista da sci gestita dalla convenuta, che si costituiva resistendo e, tra l’altro, eccependo l’incompetenza territoriale dell’adito giudice.

Il Tribunale, con sentenza del 22 marzo 2017, condannava la convenuta a risarcire all’attrice nella misura di Euro 13.946,59, oltre accessori.

Val di Luce proponeva appello, cui controparte resisteva.

La Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, rigettava il gravame con sentenza del 15 ottobre 2018.

Val di Luce ha presentato ricorso, articolato in tre motivi, da cui L.S. si è difesa con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il primo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 18,19 e 20 c.p.c. nonchè dell’art. 1182 c.c., comma 4.

Il contratto di skipass sarebbe stato stipulato dalla L. non con la ricorrente, bensì con il Consorzio Abetone Multipass, e costituirebbe soltanto un presupposto legittimante l’uso della pista, per cui non varrebbe il foro del consumatore ai sensi del D.Lgs. 6 settembre 2005 n. 2006, art. 33, comma 2, lett. u, i gestori non avrebbero responsabilità contrattuale solidale per un incidente avvenuto su una delle piste, e l’azione attorea non si sarebbe fondata sul contratto di skipass, bensì sarebbe extracontrattuale ai sensi dell’art. 2043 c.c..

2. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 244,253 e 231 c.p.c., violazione del principio per cui la prova testimoniale deve avere per oggetto fatti obiettivi e non apprezzamenti/giudizi, e violazione dell’art. 112 c.p.c.ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per omessa pronuncia.

L.S. avrebbe chiesto l’ammissione di una prova testimoniale su due capitoli relativi alle modalità in cui sarebbe avvenuto il sinistro; l’attuale ricorrente si sarebbe opposta, sia perchè il secondo capitolo avrebbe chiesto al teste “un giudizio sulle cause della caduta dell’attrice e dello sciatore che la precedeva e l’ha fatta cadere”, sia perchè comunque si trattava di una prova generica, e ancora perchè i due capitoli si ponevano in contrasto con la relazione di intervento della Polizia di Stato, che avrebbe escluso la presenza di testi e descritto il luogo, e sarebbe stata al riguardo dotata dell’efficacia di atto pubblico ai sensi dell’art. 2700 c.c.

Il Tribunale, nonostante ciò, avrebbe ammesso la prova testimoniale; l’attuale ricorrente avrebbe riproposto l’eccezione di inammissibilità in sede di appello e la corte territoriale non avrebbe pronunciato sul relativo motivo, violando così l’art. 112 c.p.c.

3. Il terzo motivo denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2043,2697,1218,1681,2050,2051 c.c., dell’art. 40 c.p. sul principio di causalità; denuncia altresì carenza assoluta di prova e omesso esame di “fatti decisivi per la soluzione della controversia”.

Il giudice d’appello “erroneamente” avrebbe confermato la sentenza del giudice di prime cure, che aveva ritenuto responsabile la ricorrente.

4. Il primo motivo – oltre a patire una spiccata genericità, che già renderebbe inammissibile – intende, sulla base di dati in realtà direttamente fattuali, negare la sussistenza del contratto di skipass tra L.S. e la ricorrente – sulla base del quale risulta inequivocamente dalla sentenza impugnata che L. fondò la sua azione – per “trasformare” la pretesa di L.S. in una domanda di natura aquiliana, così da scardinare il foro del consumatore applicato dal giudice di merito. Ne è pertanto evidente l’inammissibilità.

5. Il secondo motivo si basa – patendo quindi una netta inammissibilità sotto questo profilo – anch’esso su elementi direttamente fattuali sulla conformazione dei capitoli della prova testimoniale.

L’ulteriore censura racchiusa nel motivo è affetta da una evidente infondatezza: non è infatti pertinente l’invocato art. 2700 c.c. in quanto l’intervento della polizia è avvenuto dopo il sinistro, e quindi la relazione delle forze dell’ordine non ha potuto attestare ai sensi dell’art. 2700 c.c. la presenza o meno di persone che siano state testimoni dell’incidente. Lo stesso vale quanto alle modalità del sinistro; e la descrizione del luogo, intesa evidentemente dalla ricorrente come ricostruzione dell’evento, che potrebbe essere rinvenibile nella relazione della polizia non assume la valenza di prova fino a querela di falso, proprio perchè la descrizione di un luogo ictu oculi non equivale alla ricostruzione di un evento accaduto anteriormente in quel luogo.

6. Il terzo motivo, infine, a sua volta presenta argomenti direttamente fattuali, e lamenta altresì pretese omissioni di esame da parte del giudice d’appello, all’evidente scopo di proporre una diversa ricostruzione fattuale. D’altronde, il giudice d’appello ha in realtà fornito una motivazione, per quanto concisa, del tutto esauriente, che implicitamente confuta pure tali elementi.

7. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione a controparte delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2012, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere a controparte le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 3500, oltre a Euro 200 per gli esborsi, al 15% per spese generali e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2021

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