Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4295 del 22/02/2011

Cassazione civile sez. III, 22/02/2011, (ud. 13/01/2011, dep. 22/02/2011), n.4295

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 2164-2010 proposto da:

D.L.M. (OMISSIS) nella qualità di titolare della

Ditta Sistemi di De Luca Marco, elettivamente domiciliate in ROMA,

VIA CICERONE 28, presso lo studio dell’avvocato DE PAOLIS STEFANO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ABATE SALVATORE, giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI VIGNA

MURATA N. 1, presso lo studio dell’avvocato CARRUBA CARLO,

rappresentato e difeso dall’avvocato CAPRIOLI GIOVANNI, giusta

procura special a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 208/2009 della CORTE D’APPELLO di LECCE del

30/1/09, depositata il 07/04/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/01/2011 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

è presente il Procuratore Generale in persona del Dott. PIERFELICE

PRATIS.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

Considerato che è stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:

“Con sentenza del 7/4/2009 la Corte d’Appello di Lecce, in riforma della gravata decisione del Tribunale di Lecce e in accoglimento della domanda originariamente proposta dal sig. P.G. nei confronti del sig. D.L.M., quale titolare dell’impresa individuale Sistemi di De Luca Marco con sede in (OMISSIS), condannava quest’ultima alla restituzione in favore del primo di mq. 600 di pavimentazione in cotto ovvero, in caso di mancata riconsegna, al pagamento di Euro 1.807,60, oltre ad interessi e spese del doppio grado di giudizio.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il D.L., nella qualità, propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi.

Resiste con controricorso il P..

Con il 1 MOTIVO la ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 327 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè difetto e/o contraddittorietà della motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 2 MOTIVO denunzia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1188, 1189, 2210 e 2221 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè difetto e/o contraddittorietà della motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il ricorso dovrà essere dichiarato inammissibile, in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 366-bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.

L’art. 366-bis c.p.c. dispone che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4 l’illustrazione di ciascun motivo deve a pena di inammissibilità concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).

Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede allora che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.

Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108)-, e non può con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v.

Cass., 17/7/2007, n. 15949).

Orbene, i quesiti recati dai motivi risultano formulati in modo invero difforme rispetto allo schema sopra delineato, in quanto connotati da genericità e mancanza di decisività, privo di riferibilità al caso concreto in esame, e pertanto sforniti di collegamento tale da consentire di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645; Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360), non consentendo di poter circoscrivere la pronuncia nei limiti di un relativo accoglimento o rigetto, a fortiori in presenza di motivo come nella specie altresì carente di autosufficienza (cfr., da ultimo, Cass., 23/6/2008, n. 17064).

E’ d’altro canto da escludersi la configurabilità di una formulazione dei quesiti di diritto implicita nella formulazione dei motivi di ricorso, avendo Cass., Sez. Un., 26/3/2007, n. 7258 precisato che una siffatta interpretazione si risolverebbe invero nell’abrogazione tacita della norma.

Quanto al pure denunziato vizio di motivazione, a completamento della relativa esposizione esso deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366-bis c.p.c.).

Al riguardo, si è precisato che l’art. 366-bis c.p.c. rispetto alla mera illustrazione del motivo impone un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, ai fini dell’assolvimento del relativo onere essendo pertanto necessario che una parte del medesimo venga a tale indicazione “specificamente destinata” (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).

Orbene, nel caso i motivi con i quali si denunzia vizio di motivazione non recano invero la “chiara indicazione” – nei termini più sopra indicati – delle “ragioni” delle doglianze, inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attività esegetica di questa Corte, a fortiori non consentita in presenza di formulazione come nella specie altresì carente di autosufficienza.

I motivi si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo”;

atteso che la relazione è stata comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti costituite;

rilevato che le parti non hanno presentato memoria, nè vi è stata richiesta di audizione in camera di consiglio;

considerato che il P.G. ha condiviso la relazione;

rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione;

ritenuto che il ricorso deve essere dichiarato pertanto inammissibile;

considerato che le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 900,00, di cui Euro 700,00 per onorari, oltre spese a generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2011

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