Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4295 del 04/03/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 4295 Anno 2016
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: LORITO MATILDE

SENTENZA
sul ricorso 13894-2011 proposto da:
PAULIS LAURA C.F. PLSRLA65C49B354N, elettivamente
domiciliata in ROMA, V.LUCIO PAPIRIO 83, presso lo
studio dell’avvocato ANTONIO AVITABILE, rappresentata
e difesa dall’avvocato REMO BIAMONTE, giusta delega
in atti;
– ricorrente –

2016
141

contro

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del Presidente del Consiglio di Amministrazione e
legale rappresentante pro tempore, elettivamente

Data pubblicazione: 04/03/2016

t

domiciliata in ROMA, V.LE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 244/2010 della CORTE D’APPELLO

149/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/01/2016 dal Consigliere Dott. MATILDE
LORITO;
udito l’Avvocato DE STEFANIS MARCO per delega
Avvocato BIAMONTE REMO;
udito l’Avvocato BONFRATE FRANCESCA per delega orale
Avvocato FIORILLO LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

di CAGLIARI, depositata il 27/05/2010 R.G.N.

1

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza resa pubblica in data 12-4-2008 il Giudice del
lavoro del Tribunale di Cagliari rigettava la domanda proposta
da Paulis Laura nei confronti della s.p.a. Poste Italiane,
diretta ad ottenere la declaratoria di nullità del termine
apposto ai contratti di lavoro intercorso tra le parti dal 20-11
al 20-12-98 poi prorogato al 13-1-99 e dal 10-6 al 10-7-99 per
“esigenze eccezionali” ex art.8 ccn1 1994 come integrato
dall’acc. az. 25-9-1997 e succ., con le pronunce conseguenziali.
La Paulis proponeva appello avverso la detta sentenza
chiedendone la riforma con l’accoglimento della domanda.
La società si costituiva e resisteva al gravame.
La Corte d’Appello di Cagliari, con sentenza depositata il 17-52010, rigettava l’appello e compensava le spese.
Per la cassazione di tale sentenza la lavoratrice ha proposto
ricorso sostenuto da unico motivo.
La società ha resistito con controricorso.
Infine il Collegio ha autorizzato la stesura di motivazione
semplificata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Con unico mezzo di impugnazione, denunciando violazione degli
artt. 1362, 1372 comma l, 1375, 1422, 2697 e 2729 c.c., nonché
vizio di motivazione, si rileva che al fine della risoluzione
per mutuo consenso tacito non può prescindersi dalla
considerazione della imprescrittibilità dell’azione di nullità
parziale del contratto oltre che dal fatto che la volontà delle
parti in senso abdicativo, in pendenza del termine per
l’esercizio del diritto o dell’azione, sia provata con elementi
oggettivi ulteriori rispetto al mero fattore temporale, o ad
altri elementi privi di decisività (come la percezione del
t.f.r.), tanto più in presenza delle altre circostanze
(inserimento in graduatorie e circolare Poste 14.4.2000) di
segno contrario.
Premesso che nella fattispecie ratione temporis va applicato
l’art.360 comma l, n.5 c.p.c., nel testo anteriore alla nuova
formulazione di cui all’art. 54, c. l, lett. b), d.l. n. 83/2012
conv. con 1. n. 134/2012, osserva il Collegio che il motivo è
fondato e va accolto come di seguito.
2. Come questa Corte ha più volte affermato “nel giudizio
instaurato ai fini del riconoscimento della sussistenza di un
unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sul presupposto
dell’illegittima apposizione al contratto di un termine finale
ormai scaduto, affinché possa configurarsi una risoluzione del
rapporto per mutuo consenso, è necessario che sia accertata sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione

2

dell’ultimo contratto a termine, nonché del comportamento tenuto
dalle parti e di eventuali circostanze significative – una
chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre
definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo” (v. Cass. 1011-2008 n. 26935, Cass. 28-9-2007 n: 20390, Cass. 17-12-2004 n.
23554, nonché da ultimo Cass. 18-11-2010 n. 23319, Cass. 11-32011 n. 5887, Cass. 4-8-2011 n.16932). La mera inerzia del
lavoratore dopo la scadenza del contratto a termine, quindi, “è
di per sé insufficiente a ritenere sussistente una risoluzione
del rapporto per mutuo consenso” (v. da ultimo Cass. 15-11-2010
n. 23057, Cass. 11-3-2011 n. 5887), mentre “grava sul datore di
lavoro”, che eccepisca tale risoluzione, “l’onere di provare le
circostanze dalle quali possa ricavarsi la volontà chiara e
certa delle parti di volere porre definitivamente fine ad ogni
rapporto di lavoro” (v. Cass. 2-12-2002 n. 17070 •e fra le altre
da ultimo Cass. 1-2-2010 n. 2279, Cass. 15-11-2010 n. 23057,
Cass. 11-3-2011 n. 5887) e “la valutazione del significato e
della portata del complesso degli elementi di fatto compete al
giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in
sede di legittimità se non sussistono vizi logici o errori di
diritto” (v. Cass. 11-3-2011 n. 5887, Cass. 4-8-2011 n. 16932).
3. Tali principi, del tutto conformi al dettato di cui agli art.
1372 e 1321 c.c. e al sistema, sono stati ripetutamente ribaditi
da questa Corte (v. di recente, fra le tante, Cass. n.n. 3924,
4181, 7282, 7630, 7772, 7773/2015, cfr. anche Cass. 13-2-2015 n.
2906, che, in sostanza, in una fattispecie concreta “peculiare”,
in ragione dell’accertamento di fatto congruamente motivato
dalla Corte di merito, ha respinto il ricorso del lavoratore,
precisando espressamente che la soluzione ‘adottata “non
costituisce un superamento” del “consolidato orientamento di
questa Corte di legittimità”).
Va pertanto ulteriormente confermato tale indirizzo consolidato,
basato in sostanza sulla necessaria valutazione dei
comportamenti e delle circostanze di fatto, idonei ad integrare
una chiara manifestazione consensuale tacita di volontà in
ordine alla risoluzione del rapporto, non essendo all’uopo
sufficiente il semplice trascorrere del tempo e neppure la mera
mancanza, seppure prolungata, di operatività del rapporto. Al
riguardo, infatti, non può condividersi il diverso indirizzo
che, valorizzando esclusivamente il “piano oggettivo” nel quadro
di una presupposta valutazione sociale “tipica” (v. Cass: 6-72007 n. 15264 e da ultimo Cass. 5-6-2013 n. 14209), prescinde
del tutto dal presupposto che – come è stato chiarito da Cass.
28-1-2014 n. 1780 – “la risoluzione per mutuo consenso tacito
costituisce pur sempre una manifestazione negoziale che in

3

quanto tale, seppure tacita, non può essere configurata su un
piano esclusivamente oggettivo. D’altra parte, il mero decorso
del tempo e la mera inerzia del lavoratore costituiscono un
semplice fatto che, al di fuori delle ipotesi tipiche fissate
dalla legge, di per sé è irrilevante. Né può essere sufficiente
al fine della risoluzione del rapporto per mutuo consenso tacito
la mera cessazione della funzionalità di fatto del rapporto
stesso, tanto più che nel rapporto di lavoro possono anche
intervenire numerose ipotesi di sospensione, previste dalla
legge o derivanti dalla volontà delle parti (v. fra le altre
Cass. 7-7-1998 n. 6615)”.
4.0rbene nella fattispecie la Corte di merito, pur avendo
richiamato l’indirizzo consolidato di questa Corte, ha poi, in .
contrasto con lo stesso, ritenuto configurabile la risoluzione
per mutuo consenso tacito in considerazione soltanto della
“breve durata del contratto”, del notevole lasso di ,tempo
(cinque anni), intercorso tra la cessazione del contratto e la
prima contestazione formulata dal lavoratore, nonché della
avvenuta restituzione del libretto di lavoro e della percezione
del t.f.r. senza contestazione o riserva alcuna, elementi tutti
a ben vedere, incentrati soltanto- sul decorso del tempo e
sull’inerzia del lavoratore.
5.Nel contempo la Corte di merito ha ritenuto prive di valore
concludente le altre circostanze dell’inserimento del lavoratore
nelle graduatorie e della circolare citata, con motivazione che
omette di attribuire a tali circostanze il loro logico
significato.
La Corte distrettuale, infatti, ha ritenuto che l’inserimento
nella graduatoria dei cd.”trimestrali” anche dopo la cessazione
del contratto non era “suscettibile di contrastare l’assunto del
mutuo consenso fungendo da elenco nominativo per la chiamata e
successiva stipulazione di contratti a tempo ‘determinato e
rappresentando un ordine per le assunzioni a tempo
indeterminato”. Ha quindi, ritenuto che neppure il testo della
circolare Poste del 2000 secondo’ cui non dovevano essere
stipulati contratti a tempo determinato con soggetti che
avessero in atto un contenzioso giudiziale con le poste, potesse
“scardinare l’impostazione di un reciproco consenso alla
risoluzione contrattuale”, senza considerare che doveva essere
accertata una chiara e certa comune volontà delle parti medesime .
di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo, e non
soltanto allo specifico contratto a termine, e che una pronta
reazione del lavoratore, in base alla detta circolare, avrebbe
comunque ostacolato una eventuale successiva chiamata da parte
della società, così aggravando una situazione già precaria.


5. Il ricorso va, pertanto, accolto e l’impugnata sentenza va
cassata con rinvio alla Corte di Appello di Cagliari, in diversa
composizione, la quale provvederà attenendosi all’indirizzo qui
ribadito e statuirà anche sulle spese del presente giudizio di
cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e
rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di
Appello di Cagliari in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 13 gennaio 2016
Il Presidente
Il Consigliere estensore

;

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