Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4294 del 23/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 23/02/2010, (ud. 11/01/2010, dep. 23/02/2010), n.4294

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore p.t., domiciliato in

Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello

Stato che lo rappresenta e difende secondo la legge;

– ricorrente –

contro

Armina s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t.,

elettivamente domiciliato in Roma, viale Carso, n. 77, presso gli

Avvocati Pontecorvo Edoardo e Luciano Alberini, che lo rappresentano

e difendono per procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 64/27/06 della Commissione tributaria

regionale dei Lazio, depositata il 24.5.2006;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 11.1.2010 dal relatore Cons. Dr. Giuseppe Vito Antonio Magno;

Udito, per la controricorrente, l’Avvocato Edoardo Pontecorvo;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1.- Dati del processo.

1.1.- L’agenzia delle entrate ricorre, con un solo motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la commissione tributaria regionale del Lazio rigetta l’appello proposto dall’ufficio e conferma la sentenza n. 439/26/2004 della commissione tributaria provinciale di Roma, che aveva accolto il ricorso proposto dalla contribuente. Armina s.r.l., contro l’avviso di accertamento e rettifica della dichiarazione IVA concernente l’anno 1997, notificato il 18.12.2002, con cui l’ufficio di Tivoli dell’agenzia delle entrate recuperava un preteso debito d’imposta di L. 500.000.000, corrispondente ad un rimborso, asseritamele non spettante.

che la società aveva ottenuto.

1.2.- La nominata ditta contribuente resiste mediante controricorso.

2.- Motivo del ricorso.

2.1.- L’agenzia ricorrente censura la sentenza impugnata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omessa o insufficiente motivazione, asserendo che il giudicante a quo non aveva tenuto in debita considerazione gli elementi di giudizio forniti dall’ufficio, attestanti che il rimborso era stato ingiustamente chiesto ed ottenuto tramite un artificio contabile, posto in essere all’unico scopo di far apparire un credito d’imposta, attraverso una serie di acquisti e vendite immobiliari fra società di capitali formalmente distinte, ma i cui rappresentanti “erano tutte persone legate da stretti vincoli di parentela”; le quali società non avevano versato l’imposta sulle uniche operazioni commerciali compiute, costituite dai suddetti trasferimenti immobiliari.

3.- Decisione.

3.1- Il ricorso dell’agenzia è inammissibile, per la ragione di seguito espressa, Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

4.- Motivi della decisione.

4.1.- Il presente ricorso per cassazione, proposto contro sentenza pubblicata il 24.5.2006, è regolato dall’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6, comma 2 applicabile quando siano impugnati sentenze o altri provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2.3.2006 (art. 27, comma 2, D.Lgs. cit.).

In virtù di tale norma, l’illustrazione della censura di omessa (o contraddittoria) motivazione deve contenere la chiara indicazione del “fatto controverso”, in relazione al quale la motivazione sarebbe omessa (o contraddittoria); la censura di motivazione insufficiente deve, invece, esporre le ragioni per le quali tale vizio la renderebbe inidonea a giustificare la decisione.

4.2.- Entrambi gli adempimenti, prescritti a pena d’inammissibilità, si ritengono osservati quando il motivo di ricorso contiene un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto, nel caso di denunziata violazione di legge) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze circa il fatto controverso e le ragioni dell’insufficienza di motivazione; dovendosi peraltro escludere che assumano rilievo, in funzione di superamento del vizio, l’atteggiamento difensivo della controparte, che accetti il contraddittorio, o la reperibilità nel ricorso dei suddetti elementi (fatto controverso e ragioni d’insufficienza della motivazione) attraverso un’opera d’interpretazione giudiziale non prevista dalla legge (S.U. nn. 16528 e 11652/2008, 20603/2007; Cass. nn. 8897/2008, 16002/2007).

4.3.- Il motivo di ricorso in esame, mancante della “chiara indicazione” di tali elementi, è pertanto inammissibile.

5.- Dispositivo.

PQM

LA CORTE DI CASSAZIONE Dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 6.200,00 (seimiladuecento), di cui Euro 6.000,00 (seimila) per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 5^ sezione civile – tributaria, il 11 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2010

 

 

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