Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4294 del 20/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 20/02/2020, (ud. 05/11/2019, dep. 20/02/2020), n.4294

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28109-2018 proposto da:

CREDIFARMA SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PAOLA FALCONIERI, 100, presso

lo studio dell’avvocato PAOLA FIECCHI, rappresentata e difesa

dall’avvocato GIUSEPPE MACCIOTTA;

– ricorrente –

contro

M.M.T., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GREGORIO VII 108, presso lo studio dell’avvocato LUCA FRIGO

rappresentata e difesa dall’avvocato FILIPPO BARBAGALLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1836/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA

depositata il 18/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CARLA

PONTERIO.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con sentenza n. 1836 pubblicata il 18.7.2018 la Corte d’Appello di Roma ha respinto l’appello di Credifarma s.p.a., confermando la decisione di primo grado che aveva dichiarato nullo il termine apposto al contratto di lavoro concluso l'(OMISSIS), dichiarato costituito tra le parti un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato condannato la società a riammettere in servizio la lavoratrice e a corrisponderle una indennità ai sensi della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, commisurata a quattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto;

2. la Corte territoriale ha ritenuto specifica la causale del contratto a termine consistente in “ragioni di carattere organizzativo venutesi a creare all’interno dell’ufficio legale contenzioso a seguito di intensificazione dell’attività lavorativa e all’impossibilità di fare fronte al carico di lavoro con la forza lavoro normalmente in organico ragioni che determinano la necessità di affiancamento al personale del predetto ufficio”, ma la stessa non dimostrata quanto all’incremento di attività ed inoltre non genuina per essere stata la dipendente impiegata in modo non congruente rispetto alle causale medesima;

3. avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Credifarma s.p.a., affidato ad un unico motivo, cui ha resistito con controricorso illustrato da successiva memoria, M.M.T.;

4. la proposta del relatore è stata comunicata alla parte, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. con l’unico motivo di ricorso la Credifarma s.p.a. ha dedotto violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

6. ha censurato la sentenza d’appello per aver omesso di valutare le dichiarazioni confessorie rese dalla controparte in ordine alla destinazione concreta della sua prestazione lavorativa ad una reale esigenza organizzativa aziendale; ha contestato la ricostruzione contenuta nella decisione impugnata secondo cui la M., nell’esecuzione del contratto di somministrazione si sarebbe limitata ad affiancare la B. e nel periodo dal 10.9.12 al 30.11.12, data di scadenza del contratto a termine sarebbe rimasta inattiva, richiamando le e.mail prodotte come doc. 5 e in grado di smentire tale duplice assunto;

7. ha criticato la sentenza per aver giudicato immotivatamente attendibile la deposizione del teste Me., e per avere “con motivazione scarna e non condivisibile” giudicato irrilevanti le deposizioni dei testimoni addotti dalla società con conseguente illogicità della motivazione;

8. il ricorso presenta plurimi profili di inammissibilità;

11. anzitutto quanto alla dedotta violazione dell’art. 115 c.p.c., deve rilevarsi il mancato rispetto degli oneri di specificazione che avrebbero imposto di trascrivere esattamente i brani degli atti processuali contenenti le pretese “dichiarazioni confessorie”, o meglio da cui fosse possibile desumere la mancata contestazione da parte della lavoratrice dei fatti allegati dalla società;

12. quanto alla violazione degli artt. 115116 c.p.c., questa Corte ha più volte precisato (cfr. Cass. n. 11892 del 2016; Cass. n. 25029 del 2015; Cass. n. 25216 del 2014) come essa possa porsi rispettivamente solo allorchè il ricorrente alleghi che il giudice di merito abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti in cui ciò è consentito dalla legge; abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento delle prove legali ovvero abbia considerato come facenti piena prova recependoli senza apprezzamento, critico elementi di prova invece soggetti a prudente valutazione;

13. nel motivo di ricorso in esame non è rappresentata nessuna di queste situazioni ma è unicamente dedotto, con ampi rinvii a prove documentali e testimoniali, peraltro neanche trascritte, che il giudice ha male esercitato il suo prudente apprezzamento della prova; tale censura, tuttavia, è consentita solo nei ristretti limiti del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (cfr. Cass. S.U. n. 8053/14) ed è nel caso di specie preclusa in ragione della disciplina della c.d. doppia conforme di cui all’art. 348 ter c.p.c., comma 5, (Cass. n. 26774 del 2016; Cass. n. 5528 del 2014), applicabile ratione temporis (ricorso in appello del 2016);

14. per le considerazioni svolte il ricorso va dichiarato inammissibile;

15. la regolazione delle spese del giudizio di legittimità segue il criterio di soccombenza con liquidazione come in dispositivo;

16. si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.00000 per compensi professionali, in Euro 20000 per esborsi oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, da distrarsi in favore dell’avv. Filippo Barbagallo antistatario.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2020

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