Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4292 del 22/02/2011

Cassazione civile sez. III, 22/02/2011, (ud. 13/01/2011, dep. 22/02/2011), n.4292

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 11033-2009 proposto da:

R.C. (OMISSIS) elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA VALADIER 53, presso lo studio DE BENEDICTIS – ALLEGRA,

rappresentata e difesa dall’avvocato BRUNO SEMERARO, giusta procura a

margine del ricorso;:

– ricorrente –

contro

D.S., P.G., C.A.M.,

VITTORIA ASSICURAZIONI;

– intimati –

sul ricorso 15374-2009 proposto da:

P.G. (OMISSIS) elettivamente domiciliato in

ROMA, V. PAOLO EMILIO 26, presso lo studio dell’avvocato LOREDANA

BOVE, rappresentato e difeso dall’avvocato TERRULI FRANCESCO, giusta

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

R.C. (OMISSIS) elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA VALADIER 53, presso lo studio BENEDICTIS/ALLEGRA,

rappresentata e difesa dall’avvocato BRUNO SEMERARO, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

D.S., VITTORIA ASSICURAZIONI, C.A.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 120/2008 del TRIBUNALE DI TARANTO, SEZIONE

DISTACCATA DI MARTINA FRANCA, depositata il 07/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/01/2011 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

è presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

Considerato che è stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:

“Con sentenza del 7/5/2008 il Tribunale di Taranto, in parziale accoglimento del gravame interposto dalla sig. R.C. nei confronti della sentenza del Giudice di Pace di Martina Franca, rideterminava la misura del concorso di colpa nella causazione di sinistro stradale avvenuta lungo la s.p. (OMISSIS). Avverso la suindicata pronunzia del giudice dell’appello la corte di merito la R. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi.

Resistono con controricorso i Sigg. P.G. ed altri.

Con il 1 motivo la ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2054, 2055 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 2 motivo denunziano “nullità della sentenza per mancanza, contraddittorietà, incoerenza ed illogicità della motivazione su un punto decisivo della controversia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

I motivi si appalesano in parte inammissibili e in parte infondati.

Va anzitutto osservato che l’art. 366-bis c.p.c. dispone che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4 l’illustrazione di ciascun motivo deve, a pena di inammissibilità, concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).

Orbene, il 1 motivo reca un quesito che risulta formulato in modo invero difforme rispetto allo schema sopra delineato, in quanto connotato da genericità e mancanza di riferibilità al caso concreto dedotto all’esame della Corte, e pertanto sfornito di collegamento tale da consentire di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645; Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360), non consentendo di poter circoscrivere la pronuncia nei limiti di un relativo accoglimento o rigetto, a fortiori in presenza di motivo come nella specie: altresì carente di autosufficienza (cfr., da ultimo, Cass., 23/6/2008, n. 17064).

La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c. è d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v.

Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).

Quanto al 2 motivo va osservato che con esso viene denunziato un vizio di motivazione prospettato come comportante la nullità della sentenza.

Orbene, risponde a principio consolidato in giurisprudenza di legittimità che è nulla ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, la sentenza che risulti del tutto priva dell’esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda ovvero la motivazione sia solo apparente, estrinsecandosi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi (v., da ultimo, Cass., 8/1/2009, n. 161).

Il motivo non reca peraltro il corrispondente quesito di diritto.

La doglianza risulta invece sviluppata come vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, tant’è che il motivo si conclude con una “sintesi”, una riassuntiva indicazione delle “ragioni” poste a relativo sostegno.

Il motivo risulta peraltro privo di autosufficienza, laddove viene fatto riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito (es., il “ricorso introduttivo del giudizio”, le “risultanze processuali”, la “sentenza di primo grado”, la “contravvenzione dei vigili”, le “dichiarazioni del conducente la Fiat Cinquecento”, la asserita mancanza “agli atti” della “prova dell’esistenza del rapporto di causalità con il comportamento accertato dall’ A. in ordine alla violazione della norma di dare precedenza”) senza invero debitamente riportarli nel ricorso”;

considerato che è stata depositata in cancelleria altra relazione del seguente tenore:

“Con sentenza del 7/5/2008 il Tribunale di Taranto, in parziale accoglimento del gravame interposto dalla sig. R.C. nei confronti della sentenza del Giudice di Pace di Martina Franca, rideterminava la misura del concorso di colpa nella causazione di sinistro stradale avvenuta lungo la s.p. (OMISSIS).

Avverso la suindicata pronunzia del giudice dell’appello la corte di merito la R. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi.

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

Con il 1 MOTIVO la ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2054, 2055 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 2 MOTIVO denunziano “nullità della sentenza per mancanza, contraddittorietà, incoerenza ed illogicità della motivazione su un punto decisivo della controversia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

I motivi si appalesano in parte inammissibili e in parte infondati.

Va anzitutto osservato che l’art. 366-bis c.p.c. dispone che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4 l’illustrazione di ciascun motivo deve, a pena di inammissibilità, concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).

Orbene, il 1 motivo reca un quesito che risulta formulato in modo invero difforme rispetto allo schema sopra delineato, in quanto connotato da genericità e mancanza di riferibilità al caso concreto dedotto all’esame della Corte, e pertanto sfornito di collegamento tale da consentire di individuare la soluzione: adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645; Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360), non consentendo di poter circoscrivere la pronuncia nei limiti di un relativo accoglimento o rigetto, a fortiori in presenza di motivo come nella specie altresì carente di autosufficienza (cfr., da ultimo, Cass., 23/6/2008, n. 17064).

La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c. è d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della, norma in questione (v.

Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).

Quanto al 2 motivo va osservato che con esso viene denunziato un vizio di motivazione prospettato come comportante la nullità della sentenza.

Orbene, risponde a principio consolidato in giurisprudenza di legittimità che è nulla ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, la sentenza che risulti del tutto priva dell’esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda ovvero la motivazione sia solo apparente, estrinsecandosi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi (v., da ultimo, Cass., 8/1/2009, n. 161).

Il motivo non reca peraltro il corrispondente quesito di diritto.

Esso viene svolto piuttosto come vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, tant’è che viene nella parte finale formulata una “sintesi”, la riassuntiva indicazione delle “ragioni” poste a sostegno della doglianza.

Il motivo risulta peraltro privo di autosufficienza, laddove viene fatto riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito (es., …) senza invero debitamente riportarli nel ricorso”;

atteso che le relazioni sono state comunicate al P.G. e notificate ai difensori delle parti costituite;

visto il provvedimento di riunione dei procedimenti sub R.G. 11033/2009 e R.G. 15374/2009 disposto all’udienza del 17/6/2010:

rilevato che i ricorrenti non hanno presentato memoria, nè vi è stata richiesta di audizione in camera di consiglio;

considerato che il P.G. ha condiviso le relazioni;

rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nelle relazioni;

ritenuto che i ricorsi debbono essere pertanto dichiarato inammissibili;

considerato che, attesa la reciproca soccombenza, va disposta la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili i riuniti ricorsi. Compensa tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2011

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