Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4291 del 23/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 23/02/2010, (ud. 11/01/2010, dep. 23/02/2010), n.4291

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del Ministro

p.t., e Agenzia delle entrate, in persona del Direttore p.t.,

domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che li rappresenta e difende secondo la legge;

– ricorrenti –

contro

Autostrade Meridionali S.p.A., in persona del legale rappresentante

p.t., elettivamente domiciliato in Roma, via Panama, n. 88, presso

l’Avvocato Giorgio Spadafora, rappresentato e difeso dall’Avvocato

Potito Enrico per procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 537/01/01 della Commissione tributaria

regionale della Campania, depositata il 30.5.2002;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 11.1.2010 dal relatore Cons. Dr. Giuseppe Vito Antonio Magno;

Udito, per i ricorrenti, l’Avvocato dello Stato Paola Maria Zerman e,

per la controricorrente, l’Avvocato Enrico Potito;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1.- Dati del processo.

1.1.- Il ministero dell’economia e delle finanze e l’agenzia delle entrate ricorrono, con unico motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la commissione tributaria regionale della Campania – per quanto qui interessa – rigetta l’appello proposto dall’ufficio e conferma la sentenza n. 918/01/1999 della commissione tributaria provinciale di Napoli, sul punto in cui questa aveva giudicato non dovute le ritenute d’acconto IRPEF sulla somma complessiva di L. 285.438.889 per compensi pagati ad amministratori e sindaci dalla contribuente, Autostrade Meridionali S.p.A.; ritenute che l’ufficio aveva preteso (fra l’altro) con avviso di accertamento e rettifica della dichiarazione dei redditi 1992, emesso a seguito d’indagini della guardia di finanza e impugnato dalla contribuente.

1.2.- La nominata ditta contribuente resiste mediante controricorso.

2.- Questione pregiudiziale.

2.1.- L’eccezione d’inammissibilità del ricorso per tardività della notifica, sollevata dalla controricorrente, è infondata.

2.1.1.- Si osserva che il termine di legge per l’impugnazione (un anno più 46 giorni, calcolato ai sensi del D.Lgs. 3 dicembre 1992, n. 546, art. 62, comma 2,; art. 327 c.p.c., comma 1; e L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1), decorrente dalla data di pubblicazione (30.5.2002) della sentenza della commissione regionale, non notificata, veniva a scadenza il 29.1.2005 poichè, ai sensi della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 16, comma 6, periodo secondo, detto termine era rimasto sospeso, in relazione a liti fiscali suscettibili di condono, come la presente in materia di IRPEF, dal 1. 1.2003, data di entrata in vigore di detta legge, fino a 1.6.2004 (cfr. Cass. n. 22891/2005); ragion per cui il ricorso deve ritenersi tempestivamente consegnato all’ufficiale giudiziario per la notifica lo stesso giorno 29.1.2005; notifica andata a buon fine, dal momento che la controricorrente dichiara di aver ricevuto il plico il successivo giorno 31 (S.U. n. 627/2008).

2.1.2.- La resistente tuttavia, pur senza sollevare specifiche eccezioni al riguardo, si chiede (“c’è da chiedersi”) se la data di avvenuta consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, attestata unicamente dal timbro apposto sulla prima facciata del ricorso, possa ritenersi sufficiente a dimostrare la tempestività della notifica, “ovvero occorra, come sembrerebbe, un’apposita attestazione sottoscritta dall’Ufficiale giudiziario che ne convalidi l’effettiva consegna nel giorno indicato dalla stampigliatura” (controricorso, pag. 8).

Tale perplessità – causata dal fatto che il timbro apposto dall’ufficiale giudiziario sulla prima pagina del ricorso non reca la sua sottoscrizione (nè risulta accompagnata da apposita certificazione firmata), ma solo il numero del registro di protocollo ((OMISSIS)) e la data di consegna dell’atto da notificare (29.1.2005) – non ha ragion d’essere, essendo stato chiarito, con sentenza S.U. n. 14294/2007, pienamente condivisa dal collegio, che “Ove non venga esibita la ricevuta di cui al D.P.R. 15 dicembre 1959, n. 129, art. 109 la prova della tempestiva consegna all’ufficiale giudiziario dell’atto da notificare può essere ricavata dal timbro apposto su tale atto recante il numero cronologico e la data”; essendo necessaria l’esibizione della suddetta ricevuta, in conformità alla previsione dell’art. 372 c.p.c., sol quando sia contestata la conformità al vero di quanto risulta dal timbro stesso.

Contestazione che, nel caso, non è stata mossa.

3.- Motivo del ricorso.

3.1.- I ricorrenti chiedono annullarsi la menzionata sentenza della commissione regionale, censurandola per violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 25, per avere, con riguardo agli emolumenti di cui si discute, corrisposti dalla società resistente agli amministratori e sindaci, affermato che essa non era tenuta ad operare la ritenuta prescritta dalla norma indicata, poichè tali emolumenti erano stati versati, in realtà, ad altre società del gruppo, da cui dipendevano i nominati funzionari sicchè, nei loro confronti, la contribuente non aveva la veste di sostituto d’imposta, spettante invece alle società datrici di lavoro. Così giudicando, la commissione regionale avrebbe violato o falsamente applicato la citata norma di legge che, secondo l’agenzia ricorrente, deve interpretarsi nel senso che “il soggetto tenuto ad operare la ritenuta d’acconto in relazione a prestazioni di lavoro autonomo … è quello che abbia corrisposto i relativi compensi”, essendosi avvalso delle loro prestazioni; mentre nessuna rilevanza, al fine di escludere S’obbligo di ritenuta, avrebbe la “circostanza che, in attuazione di intervenuti accordi inter partes, le somme dovute a titolo di compenso per gli amministratori e sindaci siano materialmente erogate ad un soggetto … datore di lavoro di essi la cui totale estraneità al rapporto di lavoro autonomo in questione è assolutamente pacifica”.

4.- Decisione.

4.1.- Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. Le spese de presente giudizio di cassazione debbono essere interamente compensate fra le parti per giusti motivi, stante la novità della questione controversa.

5.- Motivi della decisione.

5.1.- Secondo l’art. 25 cit., comma 1, i soggetti indicati nel precedente art. 23, comma 1 che corrispondono compensi per lavoro autonomo a soggetti residenti nel territorio dello Stato, sono tenuti ad effettuare la ritenuta, ancorchè tali prestazioni “siano rese …

nell’interesse di terzi”.

5.2.- Nel caso di specie, amministratori e sindaci prestavano la loro attività -indubbiamente di lavoro autonomo (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 2, lett. a, nel testo all’epoca vigente) – a favore dell’odierna resistente, ma non ricevevano da questa alcun emolumento.

Si legge, infatti, nel controricorso (pag. 9) che “la resistente Società corrispondeva direttamente alle Capogruppo (si tratta del Gruppo IRI, n.d.r.) una somma corrispondente alla misura degli emolumenti maturati per lo specifico fatto che i relativi dipendenti svolgevano le loro funzioni nell’interesse dello stesso datore di lavoro, in virtù d’un obbligo loro imposto dal proprio contratto di lavoro”.

5.3.- Simile ipotesi è estranea alla previsione della norma citata, che contempla il caso di compensi corrisposti al prestatore di lavoro autonomo dal soggetto erogante, che ha l’obbligo, in veste di sostituto d’imposta, di effettuare la ritenuta sull’IRPEF dovuta dal percipiente.

La contribuente, invece, non corrispondeva alcun emolumento ad amministratori e sindaci, ma versava delle somme di denaro (sia pure correlate alle prestazioni da costoro svolte) ad altra società del gruppo, in esecuzione di pattuizioni interne al gruppo stesso, per cui alcuni dipendenti di tale società erano tenuti, in forza del loro rapporto di lavoro dipendente, a svolgere anche tali mansioni;

cosicchè le somme di cui si discute, sulle quali il fisco pretende che dovesse eseguirsi la ritenuta, da una parte non costituivano compensi pagati ad amministratori e sindaci (le cui prestazioni a favore della contribuente erano comprese nel rapporto di lavoro alle dipendenze di una società diversa); dall’altra, costituivano adempimento di un’obbligazione contrattuale, commisurato alle prestazioni ottenute, ma evidentemente diretto a compensare la ditta consociata del sacrificio corrispondente alla mancata utilizzazione diretta del proprio personale.

5.4.- Sotto entrambi i suddetti profili – inesistenza di un’erogazione a favore dei soggetti che svolgevano mansioni di amministratori e sindaci, e sussistenza di un diverso titolo giuridico per il pagamento (compensazione dell’ente prestatore di un servizio, ne quadro di rapporti obbligatori interni al gruppo) – la fattispecie in esame si discosta dal paradigma del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 25; ragion per cui la società resistente non doveva effettuare la ritenuta prevista da tale norma.

5.5.- Segue la decisione, nel senso indicato al par. 4.1.

6.- Dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e compensa integralmente fra le parti le spese di questo giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 5^ sezione civile – tributaria, il 11 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2010

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