Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4291 del 18/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 18/02/2021, (ud. 15/10/2020, dep. 18/02/2021), n.4291

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sui ricorso 10715-2019 proposto da:

B.T., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato ALBERTO BARBERA;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO, in persona del Sindaco e legale

rappresentante pro tempore, domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ELISABETTA BARBARA LOISI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 880/2018 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 2/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. SCRIMA

ANTONIETTA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

B.T. convenne in giudizio il Comune di Barcellona Pozzo di Gatto per sentirlo condannare al risarcimento dei danni conseguenti ad un sinistro verificatosi in data 29 gennaio 2005, alle ore 20,30, allorchè, mentre percorreva a piedi il marciapiedi di via Tempesta, nei pressi del supermercato Eurospar, era caduta a terra, riportando lesioni personali, pretesamente a causa del pessimo stato manutentivo del marciapiedi che era sprovvisto, in quel tratto, del ciglione in pietra lavica.

Il convenuto si costituì contestando la domanda nell’an e nel quantum.

Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gatto accolse la domanda e, ritenuto il convenuto responsabile ex art. 2051 c.c., lo condannò al risarcimento dei danni patrimoniali e non, subiti dall’attrice, nonchè alle spese di lite.

Avverso tale sentenza il Comune di Barcellona Pozzo di Gatto propose gravame cui resistette la B. che propose, a sua volta, appello incidentale in relazione al quantum liquidato.

La Corte di appello di Messina, con sentenza n. 880/2018, pubblicata il 2 ottobre 2018, in accoglimento dell’appello principale e in riforma della sentenza appellata, rigettò la domanda risarcitoria avanzata in primo grado dall’attrice; compensò tra le parti le spese di giudizio di primo grado, pose le spese di c.t.u. a carico di entrambe le parti in misura uguale e compensò le spese di secondo grado.

Avverso la sentenza della Corte di merito Teresa B. ha proposto ricorso per cassazione, basato su un unico motivo e illustrato da memoria, cui ha resistito il Comune di Barcellona Pozzo di Gatto con controricorso.

La proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo del ricorso, rubricato “Violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 2051 e 2697 c.c. in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia”, la ricorrente lamenta l’assoluta insufficienza e contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui la Corte territoriale riconduce l’evento dannoso all’esclusiva condotta colposa della medesima B., “evidenziando… che lo stato dei luoghi dell’occorso incidente era ben conosciuto (da quest’ultima)… era ben conosciuto e che la stessa con la propria condotta imprudente si è esposta all’evento dannoso, condotta equiparabile al caso fortuito ed in quanto tale da sola sufficiente (a)cl…escludere la responsabilità dell’ente convenuto”.

Ad avviso della ricorrente, il ragionamento seguito dalla Corte territoriale deriverebbe dal mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, considerato che le circostanze che l’abitazione della medesima fosse poco distante dal luogo del sinistro e che il cassonetto della nettezza urbana di cui si serviva la B. fosse situato a 5 metri dallo stesso non comporterebbero che la B. fosse a conoscenza dell’esistenza del pericolo, in quanto tali circostanze non dimostrerebbero che la danneggiata, che si stava recando a piedi dal suocero malato in occasione del sinistro in parola, avesse attraversato quel tratto di marciapiede di via Tempesta precedentemente; inoltre, sempre secondo la ricorrente, la motivazione della sentenza impugnata sarebbe insufficiente e contraddittoria rispetto alle prove acquisite nel corso del giudizio di primo grado nè la Corte territoriale avrebbe tenuto conto che se un ciglione in pietra lavica analogo a quello raffigurato nella fotografia contrassegnata con il n. 2 “fosse stato posizionato/ripristinato nel tratto mancante consentendo il piano di calpestio”, l’evento dannoso non si sarebbe verificato.

1.1. Il motivo è inammissibile

Ed invero, è inammissibile il ricorso per cassazione (o un motivo dello stesso) che – come quello all’esame -, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., sez. un., 27/12/2019, n. 34476), così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass., ord., 4/04/2017, n. 8758).

A quanto precede va poi aggiunto che i vizi motivazionali non sono stati veicolati secondo il paradigma di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nella sua vigente formulazione (v. Cass., sez. un., 7/04/2014, n. 8053; Cass. 22/09/2014, n. 19881 e successive conformi), che la sentenza impugnata è sorretta da motivazione non apparente e che, in relazione alle violazioni degli artt. 115 e 116 c.p.c., pure indicate nella sola rubrica del mezzo, questa Corte ha già avuto modo di affermare condivisibilmente che, in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicchè la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla I, n. 134 del 2012 (v. al riguardo, oltre che in tema di vizi motivazionali, Cass. 12/10/2017, n. 23940), il che, come già sopra evidenziato, non è avvenuto nel caso di specie (v. anche, con riferimento alla violazione dei predetti articoli del codice di rito e dell’art. 2697 c.c., pur indicato in rubrica, Cass. 10/06/2016, n. 11892; Cass., ord., 28/02/2018, n. 4699; Cass. 29/05/2018, n. 13395; Cass., ord., 23/10/2018, n. 26769; v. anche Cass., sez. un., 5/08/2016, n. 16598, in particolare p. 14 della motivazione).

Inoltre, va posto in rilievo che il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dev’essere dedotto, a pena d’inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366 c.p.c., n. 4, non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla Corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione. Risulta, quindi, inidoneamente formulata la deduzione di errori di diritto individuati per mezzo della sola preliminare indicazione delle singole norme pretesamente violate, ma non dimostrati per mezzo di una critica delle soluzioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia, operata mediante specifiche e puntuali contestazioni nell’ambito di una valutazione comparativa con le diverse soluzioni prospettate nel motivo e non attraverso la mera contrapposizione di queste ultime a quelle desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata (Cass. 29/11/2016, n. 24298; Cass., ord., 5/08/2020, n. 16700; Cass., sez. un., 28/10/2020 n. 23745), il che non è avvenuto nel caso all’esame, con riferimento alle pretese violazioni degli artt. 2051 e 2697 c.c., indicate nella rubrica del motivo all’esame.

Infine, con la memoria depositata, la ricorrente, al di là delle espressioni usate, continua a richiedere, sostanzialmente, una rivalutazione delle risultanze istruttorie, non consentita in questa sede.

2. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.

3. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

4. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.800,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 15 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2021

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