Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 429 del 13/01/2010

Cassazione civile sez. lav., 13/01/2010, (ud. 27/11/2009, dep. 13/01/2010), n.429

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAVAGNANI Erminio – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 29342-2008 proposto da:

D.A., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO ITALIA

120, presso lo studio dell’avvocato MOSCA GIOVANNI PASQUALE,

rappresentato e difeso dall’avvocato TARSITANO GIULIO, giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

TORPEDINE SRL, (istituto di vigilanza privata), in persona

dell’Amministratore Unico, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL

SERAFICO N. 63, presso lo studio dell’avvocato IPPOLITO ROSA,

rappresentata e difesa dall’avvocato IPPOLITO LUIGI ANTONIO, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 561/2 008 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO

del 27/03/08, depositata il 22/04/2008; udito l’Avvocato Tarsitano

Bruno, difensore del ricorrente che deposita doc. ex art. 372 c.p.c.,

comma 2, e si riporta insistendo per l’accoglimento del ricorso e per

l’ammissibilità dei motivi, in subordine per la trattazione in P.U.;

è presente il P.G. in persona del Dott. VELARDI MAURIZIO che

conferma la relazione scritta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte di Appello di Catanzaro, con sentenza depositata il 22.4.2008, ha respinto l’appello proposto da D.A. ed ha confermato la sentenza del Tribunale di Cosenza che aveva respinto la domanda del D., guardia giurata, diretta all’accertamento della illegittimità del licenziamento disciplinare intimatogli dalla società di vigilanza La Torpedine in data 28.12.2004.

Avverso detta sentenza il D. ha proposto ricorso per cassazione con quattro motivi con i quali ha denunciato: 1) omessa e insufficiente motivazione per erronea valutazione delle testimonianze e delle circostanze di fatto acquisite in giudizio, 2) violazione dell’art. 2119 c.c. e dell’art. 127 CCNL dipendenti istituti di vigilanza; 3) violazione dell’art. 2119 c.c. e dell’art. 81 CCNL dipendenti istituti di vigilanza; 4) omessa motivazione e violazione della L. n. 300 del 1970, art. 7 e dell’art. 127 CCNL sopra indicato;

La società intimata ha resistito con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria.

Si osserva preliminarmente che il ricorso in esame è soggetto al disposto dell’art. 366 bis c.p.c, applicabile a tutti i ricorsi avverso sentenze depositate dopo il 2 marzo 2006, come disposto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2. Il cit. art. 366 bis è stato abrogato dal D.Lgs. n. 69 del 2009, art. 47, ma senza effetto retroattivo, motivo per cui è rimasto in vigore per i ricorsi per cassazione presentati avverso sentenze pubblicate prima del 4 luglio 2009 (D.Lgs. n. 69 del 2009, art. 58). Secondo l’art. 366 bis c.p.c., nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5 (omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione) l’illustrazione di ciascun motivo di ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assuma omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione. Le Sezioni Unite della Cassazione al riguardo hanno avuto modo di chiarire che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Sez. Un. 20603/2007, n. 4646/2008, n. 16558/2008) ed hanno altresì precisato che la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o insufficiente non può essere desunta dal contenuto del motivo o integrata dai medesimi motivi, pena la sostanziale abrogazione dell’art. 366 bis c.p.c. (Sez. Un. 6420/2008). E’ di tutta evidenza, infatti, che la disposizione dell’art. 366 bis relativa all’art. 360 c.p.c., n. 5 non avrebbe alcun significato se si limitasse a prescrivere che dal complesso del motivo di ricorso siano desumibili il fatto controverso ed il vizio logico della motivazione, poichè una siffatta prescrizione è già insita nel menzionato art. 360 c.p.c., n. 5. Nel caso di specie difetta una sintesi idonea a circoscrivere i fatti controversi ed i vizi logici della motivazione, come richiesto dall’art. 366 bis c.p.c. e dall’autorevole interpretazione delle Sezioni Unite, sicchè il primo motivo di ricorso non può essere preso in esame.

Quanto al quarto motivo, si osserva che quando si denuncia con uno stesso motivo la violazione di norme di legge e vizi di motivazione, non soddisfa i requisiti richiesti a pena di inammissibilità dall’art. 366 bis c.p.c. la formulazione del solo quesito di diritto, dovendo al contempo il ricorrente esporre la conclusiva illustrazione della chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (vedi Sez. Un. 20603/2007).

Quanto al secondo, terzo e (in parte) quarto motivo, si rileva che dal ricorso non risulta prodotto in sede di legittimità il contratto collettivo di cui si lamenta l’errata interpretazione. L’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, nel testo introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 7, applicabile ai ricorsi per cassazione proposti contro le sentenze pubblicate dal 2 marzo 2006, richiede, a pena di improcedibilità, che il contratto o accordo collettivo sul quale il ricorso si fonda, sia depositato insieme al ricorso in sede di legittimità (Sez. Un. 28547/2008), non essendo a tal fine sufficiente nè la produzione dei fascicoli di parte dei giudizi di merito, ove eventualmente tale contratto sia contenuto, nè la parziale trascrizione in ricorso di alcuni passi del medesimo contratto o accordo. A sanare tale improcedibilità non è neppure sufficiente la produzione del contratto collettivo dopo il deposito del ricorso per cassazione, in quanto l’art. 372 c.p.c. consente la produzione di documenti che attengono alla sola “ammissibilità” del ricorso e non anche alla “improcedibilità” dello stesso, che è conseguenza di un vizio originario e non sanabile dell’atto.

Il ricorso, pertanto, deve essere respinto con conseguente condanna del ricorrente al pagamento in favore del resistente delle spese di questo giudizio, come liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio, che liquida in Euro 30,00 per esborsi ed in Euro millecinquecento per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2010

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