Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4289 del 22/02/2011

Cassazione civile sez. III, 22/02/2011, (ud. 13/01/2011, dep. 22/02/2011), n.4289

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 8266-2009 proposto da:

C.F. ((OMISSIS)) già legale

rappresentante della società Sicam s.d.f., elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA AUGUSTO RIBOTY 28, presso lo studio dell’avvocato PAVONI

DOMENICO, rappresentato e difeso dall’avvocato CUCCHIARINI ANNA,

giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MANIFATTURE CAMA DI MARINI CARLOTTA & C. SNC IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 96/2008 della CORTE D’APPELLO di ANCONA del

6/2/08, depositata il 16/02/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/01/2011 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

è presente il Procuratore Generale in persona del Dott. PIERFELICE

PRATIS.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

Considerato che è stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:

“Con sentenza del 16/2/2008 la Corte d’Appello di Ancona respingeva il gravame interposto società SICAM s.d.f., in persona del sig. C.F. nei confronti della pronunzia del Tribunale di Ancona 17/12/2002 di rigetto della domanda proposta nei confronti della società MANIFATTURE CAMA di Marini Carlotta & C. s.n.c., in liq. di reintegro nel possesso di capannone di proprietà di quest’ultima sito in (OMISSIS) da essa condotto in locazione.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società SICAM s.d.f., in persona del sig. C.F., propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi.

L’intimata società MANIFATTURE CAMA di Marini Carlotta & C. s.n.c., in liq. non ha involto attività difensiva.

Con il 1 MOTIVO la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1173, 1175, 1375, 1140 e 1141 c.c., art. 1168 c.c., L. n. 392 del 1978, artt. 4 e 30, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 2 MOTIVO denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1375 e 1355 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Con il 3 MOTIVO denunzia “insufficienza e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 in relazione agli artt. 1328, 1353, 1359, 1360, 1367 e 1354 c.c.”.

Il ricorso dovrà essere dichiarato inammissibile, in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 366-bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.

L’art. 366-bis c.p.c. dispone che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4 l’illustrazione di ciascun motivo deve a pena di inammissibilità concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).

Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede allora che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.

Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108) -, e non può con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v.

Cass., 17/7/2007, n. 15949).

Orbene, i quesiti recati dai motivi risultano formulati in modo invero difforme rispetto allo schema sopra delineato, in quanto connotati da genericità e mancanza di decisività, privo di riferibilità al caso concreto in esame, e pertanto sforniti di collegamento tale da consentire di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645; Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360), non consentendo di poter circoscrivere la pronuncia nei limiti di un relativo accoglimento o rigetto, a fortiori in presenza di motivo come nella specie altresì carente di autosufficienza (cfr., da ultimo, Cass., 23/6/2008, n. 17064).

E’ d’altro canto da escludersi la configurabilità di una formulazione dei quesiti di diritto implicita nella formulazione dei motivi di ricorso, avendo Cass., Sez. Un., 26/3/2007, n. 7258 precisato che una siffatta interpretazione si risolverebbe invero nell’abrogazione tacita della norma.

Quanto al pure denunziato vizio di motivazione, a completamento della relativa esposizione esso deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366-bis c.p.c.).

Al riguardo, si è precisato che l’art. 366-bis c.p.c. rispetto alla mera illustrazione del motivo impone un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, ai fini dell’assolvimento del relativo onere essendo pertanto necessario che una parte del medesimo venga a tale indicazione “specificamente destinata” (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).

Orbene, nel caso i motivi con i quali si denunzia vizio di motivazione non recano invero la “chiara indicazione” – nei termini più sopra indicati – delle “ragioni” delle doglianze, inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attività esegetica di questa Corte, a fortiori non consentita in presenza, di formulazione come nella specie altresì carente dì autosufficienza.

I motivi si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo”;

atteso che la relazione è stata comunicata al P.G. e notificata al difensore della parte costituita;

rilevato che parte ricorrente ha presentato memoria;

considerato che il P.G. ha condiviso la relazione;

rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione, non infirmate dalle osservazioni contenute nella memoria, ove vengono riproposte le tesi già indicate nel ricorso nulla deducendosi in merito alle osservazioni formulate nella relazione, dovendo altresì sottolinearsi che i quesiti si appalesano invero del tutto prescindenti dalle rationes decidendi, attenendo a doglianze oltretutto manifestamente infondate nel merito;

ritenuto che il ricorso deve essere dichiarato pertanto inammissibile;

considerato che non è peraltro a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2011

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