Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4288 del 24/02/2014

Civile Ord. Sez. 6 Num. 4288 Anno 2014
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: RAGONESI VITTORIO

ORDINANZA
sul ricorso 11234-2012 proposto da:
A.A.
B.B.

– ricorrenti contro
P.P. non in proprio ma quale CURATORE DEL
FALLIMENTO N. 3311 DI XX in estensione al
Fallimento n. 3293 della società C.S.I. –

Data pubblicazione: 24/02/2014

dell’avvocato MATTIA ROSA, rappresentato e difeso dall’avvocato
SIMONETTI LUISELLA, giusta procura ad litem in calce al
controricorso;

controricorrente

FIRENZE dell’8.3.2011, depositata 1’11/04/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
14/01/2014 dal Consigliere Relatore Dott. VITTORIO RAGONESI.

Ric. 2012 n. 11234 sez. M1 – ud. 14-01-2014
-2-

avverso la sentenza n. 464/2011 della CORTE D’APPELLO di

La Corte rilevato che sul ricorso n. 11234/12 proposta da A.A.

“Il Cons. Ragonesi, letti gli atti depositati:

RILEVATO
che A.A. B.B.
hanno proposto ricorso per Cassazione sulla base di due
motivi avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze n.
464/11 con cui veniva respinto l’appello proposto dalle odierne
ricorrenti avverso la sentenza del Tribunale di Grosseto,
depositata il 25.11.06, con cui, era stata accolta la domanda
revocatoria dei due atti di donazione effettuati in data 2.7.95 in
base ai quali rispettivamente XX aveva conferito a
ciascuna delle figlie il 50% della nuda
proprietà di un appartamento in Orbetello ed alla moglie
A.A. la quota del diritto di usufrutto sullo stesso
immobile;

che segue

che il fallimento ha resistito con controricorso .

Osserva

fatto ex art 366 n. 3 cpc.
Come è noto, il principio di autosufficienza del ricorso impone
che ess. o contenga tutti gli elementi necessari a porre il giudice
di legittimita’ in grado di avere la completa cognizione della
controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la
portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni
della sentenza impugnata, senza la necessita’ di accedere ad
altre fonti ed atti de/processo, ivi compresa la sentenza stessa.
(ex multis, Cass. n. 7825 del 2006; Cass. 4023/2009; Cass.
SS.UU. 2602/2003, 12761/2004).).
In tal senso la giurisprudenza della Corte, ha rilevato che per
soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n.
3, il ricorso per Cassazione deve contenere l’esposizione chiara
ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei
fatti di causa, dalla quale devono risultare le reciproche

Il ricorso si rivela inammissibile per mancanza del requisito del

pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di
diritto che le giustcano, le eccezioni, le difese e le deduzioni
di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, lo

argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la
sentenza impugnata e sulle quali si richiede alla Corte di
Cassazione, nei limiti del giudizio

di legittimita’, una

valutazione giuridica diversa da quella asseritamene erronea,
compiuta dal giudice di merito. ( Cass 14075/02)
Il requisito dell’art. 366 c.p.c., n. 3, e’ da assolvere attraverso
il contenuto dell’atto – ricorso, che e’ nient’altro che la
domanda di impugnazione rivolta alla Corte di cassazione.
Trattandosi di domanda e, quindi, di atto di parte, e’ altrettanto
chiaro che l ‘assolvimento del requisito in funzione di essa e’
immaginato dal legislatore come un ‘attivita ‘ di narrazione del
difensore, che, in ragione dell ‘espressa qualificazione della sua
modalita’ espositiva come sommaria, postula una narrazione
volta a riassumere sia la vicenda sostanziale dedotta in giudizio
sia lo svolgimento del processo. (Cass 20392/09;Cass

svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le

16628/09;Cass 4023/09;Cass6937/10;Cass 15180/10)
Nel caso di specie le ricorrenti non hanno elaborato alcuna
esposizione delle vicende de/processo nel senso dianzi indicato

degli atti dei due gradi del giudizio.
Ora, e’ palese che il detto assemblaggio di atti di cui il ricorso
si compone e’ assoluta-mente inidoneo ad assolvere al requisito
dell’esposizione sommaria del fatto, perche’ pretende di
assolvervi costringendo la Corte alla lettura integrale
attraverso le decisioni di prima istanza e di appello . In
sostanza, detta singolare modalita’ di formulazione del ricorso
equivale ad un mero rinvio alla lettura di detti atti, . Essa è
assolutamente equivalente a quella che potrebbe avere un
ricorso che si limitasse ad indicare i detti atti e rinviasse alla
loro lettura, o nel fascicolo di parte, o in quello d’ufficio delle
fasi

di

merito.

Si tratta di una forma assolutamente inidonea al
raggiungimento dello scopo della previsione dell’art. 366
c.p.c., n. 3, perche’ rimanda per l’individuazione del requisito

ma si sono limitate a riportare quasi integralmente il contenuto

da esso previsto agli atti del giudizio di merito e, dunque,
aliunde rispetto al ricorso. .( Cass 20392/09;Cass
16628/09 ; Cass 4023/09; Cass 6937/10,• Cass 15180/10)

assolutamente mancante, perche’ dovrebbe essere assolto da
atti estranei al ricorso e, quindi, non si connoterebbe come
requisito di contenuto -forma del ricorso.
Aggiungasi che del tutto carente sarebbe la funzione
riassuntiva. In tale situazione non puo’ essere invocato infatti,
per ritenere comunque raggiunto lo scopo della previsione
normativa formale dell’art. 366 c.p.c., n. 3, il principio
generale di validita’ degli atti giuridici, secondo cui quod
abundat non vitiat: invero, l ‘invocabilita’ di tale principio
suppone sempre che l’atto di cui si tratti presenti il contenuto
richiesto o quello idoneo all’assolvimento delle sua funzione e
che ad esso si accompagni un dzppiu’. In un caso come quello
all’esame, viceversa, l’assemblaggio degli atti del processo di
merito non e’ un dippiu’ ma un qualcosa d’altro rispetto
all’esposizione sommaria del fatto, per come sopra delineata

In tal modo il requisito di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3 è

nei

suoi

profili

di

contenuto-forma.

Inoltre, se si ammettesse che la Corte proceda alla lettura
integrale degli atti assemblati per estrapolare la conoscenza

un ‘attivita ‘ che, inerendo al contenuto del ricorso quale atto di
parte e’ di competenza di quest’ultima senza dire che si
costringerebbe la Corte ad un ‘attivita’ che – richiedendo tempo
– sarebbe del tutto esiziale a dispetto del principio della
ragionevole durata del processo di cui all ‘art 111 CosL
Nel caso di specie è appena il caso di osservare che a fronte di
17 pagine ove il fatto viene ricostruito riportando gli atti della
fase di merito si rinvengono solo tre pagine dedicate ai motivi.
A prescindere da ciò ,si aggiunge, sia pure superfluamente, che
il ricorso sarebbe comunque manifestamente infondato.
Quanto al primo motivo con cui si contesta la mancata
ammissione di un documento prodotto in appello assumendosi
che detta inammissibilità sarebbe stata prevista solo dal nuovo
testo dell ‘art 345 cpc, come modificato dall’art 46 legge n.
69/09, che sarebbe inapplicabile ratione temporis alla presente

del fatto sostanziale e processuale si delegherebbe alla Corte

fattispecie.
Tale assunto è manifestamente erroneo avendo questa Corte
già nella vigenza dell ‘art 345 cpc, come modificato dall’art 52

produzione di nuovi documenti in grado di appello, l’art. 345,
terzo comma, cod.proc.civ. va interpretato nel senso che esso
fissa sul piano generale il principio della inammissibilità di
mezzi di prova – la cui ammissione, cioè, non sia stata
richiesta in precedenza – e, quindi, anche delle produzioni
documentali, indicando nello stesso tempo i limiti di tale
regola, con il porre in via alternativa i requisiti che tali
documenti, al pari degli altri mezzi di prova, devono presentare
per poter trovare ingresso in sede di gravame (sempre che essi
siano prodotti, a pena di decadenza, mediante specifica
indicazione degli stessi nell’atto introduttivo del giudizio di
secondo grado, a meno che la loro formazione non sia
successiva e la loro produzione non sia stata resa necessaria in
ragione dello sviluppo assunto dal processo): requisiti
consistenti nella dimostrazione che le parti non abbiano potuto

della legge 353 del 1990 ,affermato che con riguardo alla

proporli prima per causa ad esse non imputabile, ovvero nel
convincimento del giudice della indispensabilità degli stessi per
la decisione. Peraltro, nel rito ordinario, risultando il ruolo del

lavoro, l’ammissione di nuovi mezzi di prova ritenuti
indispensabili non può comunque prescindere dalla richiesta
delle parti.( ex plurimis Cass 8203/05 Cass 14766/07).
Quanto al secondo motivo ,con cui si contesta la erronea
applicazione dell ‘art 64 l f in quanto l’atto di donazione
sarebbe stato compiuto tre anni prima del fallimento, lo stesso
non coglie in alcun modo la ratio decidendi del provvedimento
impugnato avendo la Corte d’appello precisato che nel caso di
specie non si era fatta applicazione dell ‘art 64 lf ma dell ‘art
661.f e ,cioè, dell’azione revocatoria ordinaria.
Ove si condividano i testé formulati rilievi, il ricorso può
essere trattato in camera di consiglio ricorrendo i requisiti di
cui all’art 375 cpc.
PQM
Rimette il processo al Presidente della sezione per la
trattazione in Camera di Consiglio

giudice nell’impulso del processo meno incisivo che nel rito del

Roma 20.9.13
Il Cons.relatore”

conclusioni di quelle rassegnate nella relazione di cui sopra e che
pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile con condanna del
ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate come da
dispositivo
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese di giudizio liquidate in favore del fallimento in euro 8000,00
oltre euro 200,00 per esborsi ed oltre accessori di legge.

Considerato che non emergono elementi che possano portare a diverse

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