Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4288 del 23/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 23/02/2010, (ud. 17/12/2009, dep. 23/02/2010), n.4288

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. SOTGIU Simonetta – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 20012-2003 proposto da:

FONDAZIONE CASSA RISPARMIO DI TRENTO ROVERETO in persona del

Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA LICINIO CALVO 41,

presso lo studio dell’avvocato POLETTI PANE GIULIANA, rappresentato e

difeso dall’avvocato BARAZZA ENZO, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 68/2002 della COMM. TRIBUTARIA 2^ GRADO di

TRENTO, depositata il 25/07/2002;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/12/2009 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

udito per il ricorrente l’Avvocato BARAZZA, che ha chiesto

l’accoglimento;

lette le conclusioni scritte del P.M. in persona del SOSTITUTO

PROCURATORE GENERALE Dott. DE NUNZIO Wladimiro, con cui chiede

l’accoglimento del ricorso.

Il P.G. si riporta alle conclusioni scritte.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Fondazione della Cassa di Risparmio Trento e Rovereto presentava all’allora Ufficio Imposte Dirette di Trento una istanza di rimborso dell’IRPEG versata relativa all’anno 1996, per l’importo di L. 2.306.190.000. Esponeva a sostegno che l’imponibile per tale anno doveva essere sottoposto a tassazione non con la aliquota ordinaria al 37% bensì con la aliquota ridotta in ragione della metà, dovendosi la Fondazione ricondurre nel novero dei soggetti ammessi alla agevolazione di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 6.

Avverso il silenzio-rifiuto della Amministrazione, la Fondazione proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Trento, che lo accoglieva.

Proponeva appello l’Ufficio, e la Commissione Tributaria di 2^ grado di Trento, con sentenza n. 68/02, in data 8-4-2002, depositata in data 25-7-2002, lo accoglieva, dichiarando legittimo l’operato dell’Ufficio.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la Fondazione, con un motivo.

Resistono il Ministero della Economia e delle Finanze e la Agenzia delle Entrate, con controricorso.

Il P.G. conclude per la manifesta infondatezza del ricorso, ex art. 375 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo, la ricorrente deduce violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 6, D.P.R. n. 917 del 1986, art. 87, comma 1 in rapporto al D.Lgs. n. 356 del 1990, artt. 11 e 12 alla L. n. 461 del 1998, art. 3, D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè omessa ed insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Sotto quest’ultimo profilo, lamenta la Fondazione che la Commissione abbia fondato il suo convincimento basandosi su di un inciso contenuto in due sentenze della Corte Costituzionale, (nn. 163 del 1995 e 341 del 2001,) che, essendo di rigetto, non avevano valore vincolante e per di più avevano oggetto diverso da quello in esame;

sicchè la motivazione fondata su tali affermazioni della Corte non era nè idonea nè sufficiente.

In ordine alla contestata violazione di legge, sostiene che la Fondazione presentava i requisiti necessari per fruire del trattamento agevolato; infatti 1) sotto il profilo soggettivo era ente dotato di personalità giuridica ed era altresì di natura non commerciale, privo di fine di lucro, ai sensi delle disposizioni del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 87 (TUIR) in relazione al D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6: 2) sotto il profilo oggettivo gli scopi della Fondazione (ricerca, istruzione, beneficenza) rientravano nelle previsioni di cui al D.Lgs. n. 356 del 1990, art. 12 (attività senza scopo lucrativo e con finalità di interesse pubblico e di utilità sociale) e pertanto le citate attività rientravano nel novero di quelle ammesse a fruire delle detrazioni IRPEG di cui al citato art. 6; laddove la attività di gestione ed amministrazione della partecipazione azionaria nella Banca (Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto) non era attività principale e neppure accessoria, in quanto rientrante nell’espletamento delle facoltà di godimento insite nel diritto di proprietà, e doveva configurarsi come mera attività strumentale rispetto a quella essenziale di tipo non economico.

Aveva quindi errato la Commissione ad avviso della ricorrente nel ritenere inapplicabile la agevolazione accogliendo la tesi dell’Ufficio secondo cui l’ente in questione non esercitava attività commerciale, ma era assimilabile agli enti esercenti il credito, quindi ad un ente commerciale. Rileva che se l’ente esercitasse attività commerciale, dovrebbe generare reddito di impresa, laddove era pacifico che la Fondazione aveva unicamente conseguito redditi di capitale.

La Amministazione, nel controricorso, confuta partitamente la argomentazioni della Fondazione.

Il ricorso è manifestamente infondato, alla luce dei principi espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 1576 del 2009.

Ad avviso delle Sezioni unite, infatti, gli enti di gestione delle partecipazioni bancarie, quali risultanti dal conferimento delle aziende di credito in apposite società per azioni e gravati dell’obbligo di detenzione e conservazione della maggioranza del relativo capitale, ai sensi della L. n. 218 del 1990, a causa del particolare vincolo genetico che le univa alla aziende scorporate, non possono essere assimilati nè alle persone giuridiche di cui alla L. n. 1745 del 1962, art. 10 “bis” (che perseguono esclusivamente scopi di beneficenza, educazione, studio e ricerca scientifica) ai fini della esenzione dal versamento della ritenuta d’acconto sugli utili, nè agli enti ed istituti di interesse generale aventi scopi esclusivamente culturali, di cui al D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6 ai fini del riconoscimento della riduzione a metà della aliquota sull’IRPEG; la predetta disciplina agevolativa non trova applicazione quanto agli enti considerati nè in via analogica, trattandosi di disposizioni eccezionali, nè in via estensiva, perchè la sua “ratio” va ricercata nella esclusività e tipicità del fine sociale previsto per ciascun ente, individuato in maniera tassativa quale già esistente al momento della entrata in vigore delle predette norme. La successiva disciplina di riforma del sistema creditizio, nell’attribuire a tali enti, ai sensi del D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12 ed ove si siano adeguati a tali prescrizioni, la qualifica di fondazioni con personalità giuridica di diritto privato, così estendendo ad essi il regime tributario proprio degli enti non commerciali, ex art. 87, comma 1, lett. c), cit. TUIR, non ha assunto valenza interpretativa, e quindi efficacia retroattiva, avendo essa previsto adempimenti collegati alla attuazione della riforma stessa, senza influenza sui periodi precedenti, Ne consegue la presunzione di esercizio di impresa bancaria in capo ai soggetti che in relazione alla entità della partecipazione al capitale sociale sono in grado di influire sulla attività dell’ente creditizio, e, dall’altro, la possibile fruizione dei predetti benefici per gli enti considerati, solo a seguito della dimostrazione, di cui sono onerati secondo il regime della prova ex art. 2697 c.c., di avere in concreto svolto una attività per l’anno di imposta rilevante, del tutto differente da quella prevista dal legislatore, dunque una attività di prevalente od esclusiva promozione sociale e culturale anzichè quella di controllo e governo delle partecipazioni bancarie e sempre che il relativo tema sia stato introdotto nel giudizio secondo le regole proprie del processo tributario, ovvero mediante la proposizione di specifiche questioni nel ricorso introduttivo, non incombendo alla Amministrazione Finanziaria l’onere di sollevare in proposito precise contestazioni. Alla stregua di tali considerazioni, che si condividono, deve prendesi atto del punto incontroverso che l’ente in questione rientra tra quelli che in forza della rilevante partecipazione azionaria può influire sulla attività dell’ente creditizio partecipato; ed altresì che, per l’anno in considerazione la Fondazione ha esplicitamente ammesso di avere operato atti di gestione di detto capitale azionario, pur attribuendo a questa attività valore meramente strumentale rispetto ai fini non lucrativi di cui allo statuto, omettendo tuttavia di provare in concreto il tipo e la rilevanza di attività di tale genere compiuti nell’anno considerato.

Ne deriva che la Fondazione non ha provato di avere titolo al trattamento agevolativo fiscale richiesto.

Non sussiste quindi la violazione di legge contestata. Nemmeno sussiste il vizio di motivazione; preliminarmente deve osservarsi che il motivo è generico, e quindi inammissibile, in quanto censura le fonti del convincimento espresso dalla Commissione ed afferma che la stessa non avrebbe confutato le argomentazioni dell’appellata, senza tuttavia spiegare in concreto quali punti dell’iter argomentativo siano errati, mancanti o contraddittori. Peraltro, la sentenza appare immune da aporie motivazionali. Il ricorso deve quindi essere rigettato.

Sussistono giusti motivi, tratti dalla incertezze giurisprudenziali del passato, per compensare tra le parti le spese di questa fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Spese compensate.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2010

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