Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4288 del 22/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4288 Anno 2018
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: MANZON ENRICO

ORDINANZA
sul ricorso 504-2017 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del
Direttore pro tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente contro
FRATELLI ROCCA ARREDAMENTI S.R.L. C.F. 01737350601, in
persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA MONTELLO n.2, presso lo studio
dell’avvocato FLORANGELA MARANO, rappresentata e difesa dagli
avvocati ERIKA POCCIA, DOMENICO TROBIA;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 22/02/2018

avverso la sentenza n. 3162/40/2016 della COMMISSIONI-TRIBUTARIA REGIONALE DI ROMA SEZIONE DISTACCATA
di LATINA, depositata il 19/05/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 24/01/2018 dal Consigliere Dott. I’,NRICO

Disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del
Presidente e del Relatore.
Rilevato che:
Con sentenza in data 23 marzo 2016 la Commissione tributaria
regionale del Lazio, sezione distaccata di Latina, accoglieva l’appello
proposto dalla Fratelli Rocca Arredamenti srl avverso la sentenza n.
220/3/12 della Commissione tributaria provinciale di Frosinone che
ne aveva respinto il ricorso contro l’avviso di accertamento per ILDD.
ed IVA 2005. La CTR osservava in particolare che l’atto impositivo
impugnato era invalido, in guanto carente nella motivazione a
riscontro delle deduzioni della contribuente in sede di contraddittorio
endoprocedimentale sullo scostamento dallo studio di settore

contestatole e basante le pretese erariali portate dall’atto impositivo
medesimo.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia
delle entrate deducendo due motivi.
Resiste con controricorso la società contribuente, che successivamente
ha presentato memoria.
Considerato che:
In via preliminare deve affermarsi l’infondatezza dell’eccezione di
inammissibilità del ricorso agenziale per carenza del mandato ad litem.
Va infatti ribadito che «In tema di contenzioso tributario, l’Avvocatura
dello Stato, per proporre ricorso per cassazione in rappresentanza
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NIANZON.

dell’Agenzia delle entrate, deve avere ricevuto da quest’ultima il relativo
incarico, del quale, però, non deve farsi specifica menzione nel ricorso
atteso che l’art. 366, n. 5, c.p.c., inserendo tra i contenuti necessari del
ricorso “l’indicazione della procura, se conferita con atto separato”, fa
riferimento esclusivamente alla procura intesa come negozio

quando il patrocinio dell’Agenzia delle entrate sia assunto
dall’Avvocatura dello Stato) e non invece al negozio sostanziale
attributivo dell’incarico professionale al difensore» (Sez. 5, Sentenza n.
22434 del 04/11/2016, Rv. 641646 – 01).
Ciò posto in limine, con il primo ed il secondo motivo —ex art. 360,
primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- l’Agenzia fiscale ricorrente si duole
della violazione/falsa applicazione degli artt. 39, primo comma, lett. d),
d.P.R. 600/1973, 54, d.P.R. 633/1972, 62 sexies, d.l. 331/1993, 2697,
2729, cod. civ., poiché la CTR ha annullato l’avviso di accertamento
impugnato, pur in assenza di valide giustificazioni da parte della società
contribuente del riscontrato scostamento dallo studio di settore
nell’annualità fiscale verificata.
Le censure, da esaminarsi congiuntamente per stretta connessione,
sono infondate.
Va ribadito che:
-«La procedura di accertamento tributario standardizzato mediante
l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un
sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e
concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del
reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sé considerati – meri
strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale
redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare
obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il
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processuale attributivo dello “ius postulandi” (peraltro, non necessario

contribuente. In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza
limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni
che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui
possono essere applicati gli “standards” o la specifica realtà dell’attività
economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione

scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione
dell’applicabilità in concreto dello “standard” prescelto e con le ragioni
per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal
contribuente. L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona
l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario
liberamente valutare tanto l’applicabilità degli “standards” al caso
concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova
offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni
sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della
più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se
non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa,
restando inerte. In tal caso, però, egli assume le conseguenze di questo
suo comportamento, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento
sulla sola base dell’applicazione degli “standards”, dando conto
dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente,
nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro
probatorio, la mancata risposta all’invito» (Sez. U, Sentenza n. 26635
del 18/12/2009, Rv. 610691 – 01);
-«I parametri o studi di settore previsti dall’art. 3, commi 181 e 187,
della 1. n. 549 del 1995, rappresentando la risultante dell’estrapolazione
statistica di una pluralità di dati settoriali acquisiti su campioni di
contribuenti e dalle relative dichiarazioni, rilevano valori che, quando
eccedono il dichiarato, integrano il presupposto per il legittimo
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dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello

esercizio da parte dell’Ufficio dell’accertamento analitico-induttivo, ex
art. 39, comma 1, lett. d, del d.P.R. n. 600 del 1973, che deve essere
necessariamente svolto in contraddittorio con il contribuente, sul
quale, nella fase amministrativa e, soprattutto, contenziosa, incombe
l’onere di allegare e provare, senza limitazioni di mezzi e di contenuto,

modello normale al quale i parametri fanno riferimento, sì da
giustificare un reddito inferiore a quello che sarebbe stato normale
secondo la procedura di accertamento tributario standardizzato,
mentre all’ente impositore fa carico la dimostrazione dell’applicabilità
dello “standard” prescelto al caso concreto oggetto di accertamento.
(Principio affermato ai sensi dell’art. 360 bis, comma 1, n. 1, c.p.c.)»
(Sez. 5, Sentenza n. 14288 del 13/07/2016, Rv. 640541 – 01);
-«É, viziato da illegittimità l’avviso di accertamento fondato sul mero
scostamento dei dati dichiarati dal contribuente rispetto a quelli relativi
alla media del settore, senza che l’Amministrazione finanziaria
suffraghi la pretesa con ulteriori elementi ed indizi idonei a
dimostrarne l’inattendibilità, e senza che siano state prese in esame,
nella motivazione dell’accertamento, le giustificazioni del contribuente,
attese l’esigenza di un fattore di adeguamento personalizzato che tenga
conto della probabilità di errore nella stima, come rilevato dalla Corte
costituzionale nella sentenza n. 105 del 2003, e l’inidoneità della media
di settore a costituire un fatto che di per sé solo integri la prova
presuntiva di un effettivo maggior reddito o, comunque, determini
l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente» (Sez. 6 – 5,
Ordinanza n. 17804 del 17/10/2012, Rv. 623951 – 01);
« In tema di accertamento tributario, la necessità che lo scostamento
del reddito dichiarato rispetto agli studi di settore testimoni una “grave
incongruenza”, espressamente prevista dall’art. 62-sexies del d.l. 30
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la sussistenza di circostanze di fatto tali da allontanare la sua attività dal

agosto 1993, n. 331, aggiunto dalla legge di conversione 29 ottobre
1993, n. 427, ai fini dell’avvio della procedura finalizzata
all’accertamento, deve ritenersi implicitamente confermata, nel quadro
di una lettura costituzionalmente orientata al rispetto del principio
della capacità contributiva, dall’art. 10, comma 1, della legge 8 maggio

non contempla espressamente il requisito della gravità dello
scostamento» (Sez. U, Sentenza n. 26635 del 18/12/2009, Rv. 610692
-01).
La sentenza impugnata risulta aver fatto corretta applicazione dei
principi di diritto di cui a tali arresti giurisprudenziali.
La CTR laziale ha infatti annullato l’avviso di accertamento impugnato
considerando che, pur a fronte di un’attività difensiva
endoprocedimentale e processuale della società contribuente non
pienamente efficace sul piano contro probatorio, le pretese creditorie
dell’Ente impositore non potevano comunque considerarsi fondate sul
mero scostamento dallo studio di settore applicato, così peraltro
ingenerandosi una causa di invalidità anche formale dell’atto
impositivo stesso per carenza motivazionale; rilevando altresì che lo
scostamento del “dichiarato” dallo studio di settore accertato dall’Ente
impositore non aveva gravità tale da fondare ex se l’atto impositivo.
Tali considerazioni meritali, essendo come detto pienamente conformi
ai citati arresti giurisprudenziali, non sono ulteriormente sindacabili da
questa Corte nei profili valutativi spettanti in esclusiva al giudice
tributario speciale.
In conclusione il ricorso va dunque rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in
dispositivo.

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1998, n. 146, il quale, pur richiamando direttamente l’art. 62-sexies cit.,

Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione
a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica
difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13
comma 1- cater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Sez. 6 – L, Ordinanza
n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714— 01).

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente agenzia fiscale al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in curo
4.100 oltre curo 200 per esborsi, 15% per contributo spese generali ed
accessori di legge, con distrazione in favore del difensore antistatario.
Così deciso in Roma, 24 gennaio 2018

Il
F

ente

PQN,I

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